tag:blogger.com,1999:blog-13525885418771274502024-03-05T07:55:25.165+01:00Pietro MaccalliniUn blog di meditazioni linguistichePietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.comBlogger462125tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-9208575896816289962022-04-03T12:50:00.008+02:002022-08-31T21:53:00.300+02:00Campana e campanello. <p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%;"> </span><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%;"> </span><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%;">
</span><span style="font-size: 24pt; line-height: 107%;">Campana e campanello.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Come mai a Trasacco-Aq nella Marsica l’<i>ugola </i>viene chiamata <b><i>cambanéjj</i></b></span><b><i><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> cioè ‘campanello’? Anche nel <i>Vocabolario abruzzese </i>di D. Bielli si
incontra <b><i>campanèllë</i></b>, di genere maschile, col significato, tra gli altri, di ‘ugola’. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Posso capire il significato di <i>campanella</i>
‘anello di metallo’, voce italiana e dialettale, in quanto la rotondità dell’<i>anello </i>potrebbe richiamare quella del <i>labbro</i> di una campana, ma il significato
di ‘escrescenza carnosa’, quale quella dell’<i>ugola</i>,
mi pare che non possa rientrare nel concetto di “campana”. Questa parola è fatta derivare, come è noto,
dalla supposta espressione del tardo latino <i>vasa
<b>campana</b></i>, letteralmente ‘vasi
della Campania’, perché in quella regione, e precisamente a Nola, le campane
sarebbero state costruite per la prima volta: il che suona falso, data la
comprovata esistenza di questi strumenti già diversi secoli prima della venuta
di Cristo. Giustamente in tedesco l’<i>ugola</i> è detta <b><i>Zapfen,</i></b> termine che vale anche ‘cavicchio, turacciolo, perno,
tappo’ e che rimanda, quindi, ad un concetto di ‘escrescenza, zipolo, punta’ ma
non di ‘rotondità’. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> A
mio parere l’espressione <b><i>vasa campana</i></b> è una tautologia in cui
il secondo elemento <i>campana</i> ha lo
stesso significato del primo, cioè ‘vasi’.
E lo desumo dal fatto che la radice <b>camp-</b> in diversi casi doveva indicare una <i>cavità, </i>uno<i> spazio </i>più o meno<i> chiuso</i>
come nell’it. <i>campana</i> nel senso di
gioco infantile che si svolge su una figura tracciata sul terreno e composta di
vari <i>quadratini</i> o <i>rettangolini </i>giustapposti , entro i
quali bisogna saltellare con un piede spingendo un sassolino senza uscire fuori
dalle caselle. In questo caso il termine <i>campana</i> doveva indicare all’inizio proprio queste <i>caselle</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Il
termine architettonico <b><i>campata</i></b> indica lo spazio tra due
elementi portanti consecutivi di ponti, portici, ecc.<b><o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Come mai, allora, nei nostri dialetti la voce <b><i>cambanèjjë</i></b><i> </i>‘campanello’ significa anche ‘ugola’? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Quando ero ragazzo venivano chiamate <i>campanelle
</i>dei <i>cerchietti</i> di ferro appesi a fianco
delle porte di casa per potervi legare la cavezza degli animali da soma. Una
era anche accanto alla porta della mia vecchia casa. Siamo sempre nell’ambito del significato di
‘rotondità, cavità’ della radice della parola <i>campana</i>. Quasi certamente, quindi, il significato del comune strumento
sonoro chiamato <i>campana</i>, attinge
proprio a quello della sua radice e non deve affatto andarlo a mendicare in
Campania.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Come mai, allora, nei nostri dialetti la voce <b><i>cambanèjjë</i></b><i> </i>‘campanello’ significa anche
‘ugola’? Non si tratta di una parola
diversa dall’altra, anche se formalmente simile all’altra: gli è che, a mio
avviso, una <i>campana </i>che, come detto
prima, al suo interno appare come una <i>cavità,</i>
contemporaneamente, al suo esterno, essa appare come una <i>protuberanza,</i> concetto in cui rientrano quelli di ‘zipolo, punta,
appendice, ecc.’ tra i quali è possibile
comprendere anche quello di ‘ugola’ e persino quello di ‘</span><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">escrescenza
rotondeggiante’, col quale si ritorna alla ‘rotondità’. Con questo voglio dire che non
dobbiamo farci ingannare dal significato unico o preponderante che una parola
assume in una lingua, perché certamente in altre lingue, o in fasi magari
preistoriche, quel significato poteva essere rovesciato; e questo era possibile
perché il significato di fondo di ogni radice era all’inizio uno solo, quello
genericissimo di ‘anima, spinta’ e
simili come ho detto in molti altri articoli.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Di conseguenza anche l’it. <b><i>campanile </i></b>è molto molto difficile
che sia nato col significato etimologico di ‘(torre) delle campane’ perché la
voce <i>campana</i> conteneva già dentro di
sé, come abbiamo visto, anche il significato di ‘protuberanza, punta, vetta’.
La voce geografica <i>campanile</i> ‘vetta (isolata)’ nelle Dolomiti, non è da
intendersi quindi come un <i>campanile</i> metaforico ma semplicemente
come ‘punta, vetta’ senza altre specificazioni. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%;"><span style="font-size: 18pt;"> </span><span style="font-size: 18pt;">L’it. </span><i style="font-size: 18pt;">ugola</i><span style="font-size: 18pt;"> deriva dal lat. </span><b style="font-size: 18pt;"><i>*uv-</i></b><i style="font-size: 18pt;">ul-a(m), </i><span style="font-size: 18pt;">diminutivo di lat. </span><b style="font-size: 18pt;"><i>uv-</i></b><i style="font-size: 18pt;">a(m)</i><span style="font-size: 18pt;"> ‘grappolo d’uva, grappolo(di altri
frutti), grappolo di api (che pendono da un ramo), ugola’, ma non bisogna
credere che ciò sia avvenuto perché l’escrescenza dell’ugola sia simile ad un
chicco d’uva: il fatto è che l’uva stessa è una </span><i style="font-size: 18pt;">escrescenza</i><span style="font-size: 18pt;"> o </span><i style="font-size: 18pt;">protuberanza</i><span style="font-size: 18pt;">
e pertanto si potrebbe a ragione supporre che è addirittura il </span><i style="font-size: 18pt;">grappolo d’uva</i><span style="font-size: 18pt;"> o l’</span><i style="font-size: 18pt;">uva stessa </i><span style="font-size: 18pt;">a prendere il nome dall’escrescenza dell’</span><i style="font-size: 18pt;">ugola.
</i><span style="font-size: 18pt;">Ma la semplice verità è che ciascuno dei due nomi sfrutta contemporaneamente
lo stesso concetto di “protuberanza” e che quindi non dipende dall’altro per la
sua sussistenza.</span> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-12868387647077991532022-04-01T11:24:00.002+02:002022-06-17T09:30:18.418+02:00Ombre cinesi.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Si pensa comunemente che le cosiddette <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ombre cinesi </i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>siano
originarie della Cina, come asserisce del resto il significato superficiale
dell’espressione: è leggenda che l’imperatore cinese <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Wudi</i> (140-85 a.C.), caduto in depressione dopo la morte di una sua
amata concubina, riuscì a consolarsi guardando la proiezione su una tenda di
una figura simile alla donna scomparsa. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Questo racconto favoloso mostra tutta la sua fragilità appena si pensa,
ad esempio, che il significato dell’aggettivo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cinesi</i> potrebbe non essere quello di ‘originario, o proprio della
Cina’ ma quello della probabile parola originaria greca <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">k</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">í</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">n</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ē</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">-sis</span></i><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘movimento’ <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la cui
radice è presente anche nell’it.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">cine</b>ma</i>. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>L’espressione sarebbe potuta partire da una greca del tipo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ski</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ô</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">n <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">k</b></span></i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">í</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">n</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ē</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">sis</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></b><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">‘movimento di ombre’, misinterpretata come ‘Ombre <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cinesi</i>’, appunto, da parte di chi cerca
di ricavare comunque un senso da una espressione di cui non conosce la
grammatica ma solo il significato generico. Diversi sono i casi simili, prodottosi
ingenuamente, quando si passa da una lingua all’altra.<o:p></o:p></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-69469152320806793072022-03-27T11:17:00.003+02:002022-03-27T11:30:30.675+02:00Espressione aiellese-abruzzese Në’ mmë në dicë corë. <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
L’espressione, usata anche
nella forma <i>N</i></span><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">’ mm</span></i><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> dic</span></i><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> cor</span></i><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><!--[if gte msEquation 12]><m:oMath><i
style='mso-bidi-font-style:normal'><span style='font-size:20.0pt;mso-bidi-font-size:
11.0pt;line-height:107%;font-family:"Cambria Math",serif'><m:r>, </m:r></span></i></m:oMath><![endif]--><!--[if !msEquation]--><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin; mso-text-raise: -7.0pt; position: relative; top: 7.0pt;"><v:shapetype coordsize="21600,21600" filled="f" id="_x0000_t75" o:preferrelative="t" o:spt="75" path="m@4@5l@4@11@9@11@9@5xe" stroked="f">
</v:shapetype></span><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">ci arriva
direttamente dal latino ed ha il significato di ‘non ne ho voglia’, letteral.
‘non me ne dice (il) cuore’ o ‘non mi dice il cuore’. E’ proprio l’assenza dell’articolo dinanzi a
<i>cor</i></span><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> la spia sicura della presenza diretta
del latino, il quale, come è noto, non
aveva articoli: in latino la forma doveva essere <b><i>Non mihi dicit cor</i></b><i> </i>‘il
cuore non me (lo) dice’.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> In
altri termini non si tratta di espressione nata dopo che si smise di parlare
latino (IV sec. circa d.C.), ma esistente già in quella lingua. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"><br /></span></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-77941328360623056222022-03-26T10:24:00.006+01:002022-03-26T13:46:53.598+01:00Sano come un pesce.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
</span><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Quale potrebbe essere l’origine dell’espressione italiana
“sano come un pesce”? Non è detto che un<i> pesce</i> sia sempre in buona salute a
prescindere. Questa specie animale è soggetta a malattie come tutte le
altre. Forse il <i>guizzare</i> dei pesci, magari fuori dell’acqua, ha suggerito il
paragone, ma il motivo potrebbe, a mio parere, essere molto di verso. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> Nell’antichità, presso diversi popoli,
soprattutto celtici, la piantina parassita sempreverde del <b><i>visco</i> </b>o <b><i>vischio</i>
</b>era considerata, oltre che <i>sacra</i>,
una panacea contro tutte le malattie ed entrava in diversi racconti mitologici: era ritenuto
quasi un <i>animale</i>; di conseguenza era
possibilissima l’esistenza di una espressione quale *<i>sano come il <b>visco. </b></i>Il
visco, in altri termini, era il simbolo della <b><i>salubrità </i></b>contro le
disgrazie delle malattie e della <b><i>vita</i></b> contrapposta alla morte, oltre
che simbolo di nascita e rinascita: da quest’ultimo credo sia derivata l’usanza
di appenderlo alle porte come segno di <i>buon</i>
<i>auspicio</i> (cfr. ingl. <b><i>wish</i></b>
‘augurio’ radice di ant. ingl. <b><i>wysc</i></b><i>-an</i>’augurare’) nel periodo di Natale. Uno dei nomi celtici per
‘visco’ era proprio <b><i>vit </i></b>da cui il francese <b><i>gui</i></b> ‘vischio (pianta)’. L’abruzzese <b><i>A li
visch</i></b></span><b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> t</span></i></b><b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ȋ</span></i></b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">‘alla tua malora!’(cfr. D. Bielli <i>Vocabolario abruzzese</i>) deve essere
antifrastico rispetto al significato
letterale di ‘ai tuoi auguri (desideri)!’.</span><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Ora, quando i racconti mitologici cominciarono a venir meno, una
locuzione del tipo *<i>sano come un visco </i>era
in qualche modo indotta a sostituire a “visco” un termine che indicasse un <i>animale</i>, dato che l’aggettivo “sano”
viene di norma riferito a uomini o animali. E così dovette surrettiziamente
spuntare il pesce<i>, </i>lat<i>. <b>pisc</b>-e(m)</i>
‘pesce’ (cfr. ted. <b><i>Fisch</i></b> ‘pesce’, la cui radice è molto simile a quella di lat. <b><i>visc</i></b><i>-u(m).<o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Ribadisco quindi, come ho fatto spesso, che tutto
quanto si dice tradizionalmente e nelle leggende, intorno a qualcosa, è frutto
di incroci <i> </i>di termini simili, avvenuti nel corso dei
millenni.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 24pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-79319983625862423182022-03-23T09:37:00.005+01:002022-03-23T17:16:57.243+01:00Bastian contrario.<p> </p><div class="bi6gxh9e" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; font-family: "Segoe UI Historic", "Segoe UI", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15px; margin-bottom: 8px; transition-property: none;"><br /></div><div class="bi6gxh9e" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; font-family: "Segoe UI Historic", "Segoe UI", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15px; margin-bottom: 8px; transition-property: none;"><span class="d2edcug0 hpfvmrgz qv66sw1b c1et5uql lr9zc1uh jq4qci2q a3bd9o3v b1v8xokw oo9gr5id" color="var(--primary-text)" style="animation-name: none; font-family: inherit; font-size: 0.9375rem; line-height: 1.3333; max-width: 100%; min-width: 0px; overflow-wrap: break-word; transition-property: none; word-break: break-word;"> Invece di citare, come fanno i linguisti, questo o quel personaggio che avrebbe avuto la caratteristica di esprimere solitamente opinioni contrarie a quelle della maggioranza degli uomini, mi son detto che probabilmente bisognava cercare l’origine dell’espressione in sé stessa, per il fatto che quei personaggi quasi sicuramente erano stati così chiamati quando la locuzione<span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-weight: 600; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;"> Bastian contrario</i></span></span></span> era già abbastanza diffusa.</span></div><div class="bi6gxh9e" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; font-family: "Segoe UI Historic", "Segoe UI", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15px; margin-bottom: 8px; transition-property: none;"><span class="d2edcug0 hpfvmrgz qv66sw1b c1et5uql lr9zc1uh jq4qci2q a3bd9o3v b1v8xokw oo9gr5id" color="var(--primary-text)" style="animation-name: none; font-family: inherit; font-size: 0.9375rem; line-height: 1.3333; max-width: 100%; min-width: 0px; overflow-wrap: break-word; transition-property: none; word-break: break-word;"> Mi è subito venuta in mente una probabile espressione dialettale o italiana come <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">bastion contrario</i></span>: un “bastione” è infatti un baluardo, terrapieno o qualsiasi opera di difesa che sta lì <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">contro</i></span> chi volesse ostilmente superarlo. Mi sono poi chiesto se effettivamente quest’espressione fosse usata in italiano: grande è stata la mia sorpresa allorchè l’ho trovata in internet, riferita ad un ristorane di Savona. E’ chiaro, mi sembra, che il ristorante ha preso il nome di <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">Bastion Contrario</i></span> da quello del posto in cui si trova.</span></div><div class="bi6gxh9e" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; font-family: "Segoe UI Historic", "Segoe UI", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15px; margin-bottom: 8px; transition-property: none;"><span class="d2edcug0 hpfvmrgz qv66sw1b c1et5uql lr9zc1uh jq4qci2q a3bd9o3v b1v8xokw oo9gr5id" color="var(--primary-text)" style="animation-name: none; font-family: inherit; font-size: 0.9375rem; line-height: 1.3333; max-width: 100%; min-width: 0px; overflow-wrap: break-word; transition-property: none; word-break: break-word;"> In italiano l’aggettivo “contrario” ha perso il significato etimologico, ben presente nel lat. <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">contrari-u(m) </i></span>‘che sta di fronte (lat. <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">contra </i></span>’di fronte’)’, mantenendo quello di ‘antitetico, opposto, contrastante’, e questo fatto ha molto contribuito a convincerci che l’espressione “Bastian contrario” indicasse per antonomasia un <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">tipo che contraddice per partito preso</i></span>, a parte il problema della sua origine. Io sono ora in effetti convinto, date le considerazioni testé fatte, che si tratta di una naturale e banale reinterpretazione dell’espressione già in uso di <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">bastion contrario,</i></span>riadattata ad indicare chi è dotato di <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">spirito di <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-weight: 600; transition-property: none;">contraddizione</span></span></i></span>: come <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;">il bastion contrario</i></span> è un ostacolo che <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-weight: 600; transition-property: none;">si contrappone</span></span></i></span> a chi volesse procedere oltre, così il <span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><i style="animation-name: none; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-family: inherit; transition-property: none;"><span style="animation-name: none; font-weight: 600; transition-property: none;">Bastian</span></span> contrario</i></span> è una qualsiasi persona (non una in particolare, vissuta storicamente qua o là, come si affannano a convincersi e convincerci i linguisti) che dice sempre il contrario di quello che si sostiene.</span></div><div class="bi6gxh9e" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; font-family: "Segoe UI Historic", "Segoe UI", Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 15px; margin-bottom: 8px; transition-property: none;"><span class="d2edcug0 hpfvmrgz qv66sw1b c1et5uql lr9zc1uh jq4qci2q a3bd9o3v b1v8xokw oo9gr5id" color="var(--primary-text)" style="animation-name: none; font-family: inherit; font-size: 0.9375rem; line-height: 1.3333; max-width: 100%; min-width: 0px; overflow-wrap: break-word; transition-property: none; word-break: break-word;"> Chi cerca nella giusta direzione, con metodo realistico, quasi sicuramente trova.</span></div>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 36pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-14780170873291734922022-02-26T12:09:00.003+01:002022-02-26T12:44:23.160+01:00Sciarappa.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nel dialetto avezzanese<a href="#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span face=""Calibri",sans-serif" style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il significato della voce <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciarappa </i>è ‘invito, intimazione, ordine
perentorio che s’impartisce a persona non gradita, perché si allontani’ oppure ‘vino
di poco pregio’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ricordo che anche ad Aielli, quando ero ragazzo, c’era una persona
anziana che se veniva importunata <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>era
solita rispondere <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciarapp <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>nau!</i>, che non si sapeva bene cosa volesse
significare con precisione.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Io allora
non conoscevo l’inglese: mio fratello, che lo conosceva, mi spiegò che l’espressione
corrispondeva all’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">shut up<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>now!</i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></b>‘stai <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>zitto, chiudi il becco ora!’. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La consonante –<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">t</i></b>- in inglese è palatale
e quindi tutta la suddetta espressione suonava grosso modo <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciadapp</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>o <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciarapp</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> nau. <o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">E’ evidente
che anche il primo significato dello <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciarappa</i></b> avezzanese si può
ricondurre all’espressione inglese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">shut up</i></b>! ‘chiudi il becco!’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si tratta certamente di un’espressione
riportata dalle molte persone emigrate negli Stati Uniti, e diffusasi tra noi. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Per il significato di ‘vino di poco pregio’ bisogna rifarsi al
napoletano e meridionale <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciarappa</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>‘bevanda dolce’, dall’arabo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sciarab</i>
‘bevanda, vino, caffè’ ed anche ‘sciroppo’.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Sempre ad Avezzano la <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">s<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ciarappa</i></b> indica anche la pianta che
in italiano è chiamata <i style="mso-bidi-font-style: normal;">scialappa</i> o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">gialabba</i>, pianta purgativa originaria
dal Messico, il cui nome richiama la città messicana di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Jalapa</i>.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Gli incroci sono
sempre dietro l’angolo! <o:p></o:p></span></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span face=""Calibri",sans-serif" style="font-size: 10pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> Cfr.
Buzzelli-Pitoni, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vocabolario del dialetto
avezzanese</i>, senza casa editrice, Avezzano 2002.<o:p></o:p></p>
</div>
</div>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-88563326724628648102022-02-23T11:05:00.002+01:002022-02-24T09:32:21.324+01:00Passeggiare e spasseggiare. <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>I vocabolari sostengono che la forma <i style="mso-bidi-font-style: normal;">s<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">-passeggiare</b></i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>deriva da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">passeggiare</i> </b>con una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">s-</i> iniziale (intensiva?).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ricordo la bella canzone napoletana di
Carosone, intitolata <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Guaglione</i>, che
conteneva il verso <i style="mso-bidi-font-style: normal;">tu passe e <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">spasse</b> sotte a stu balcone</i>, col
significato di ‘tu passi e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ripassi</i>
sotto a questo balcone’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Anche qui
sembra che <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spasse</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>venga da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">passe</i> con la prostesi di una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">s</i>-. Ma io ho qualche dubbio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Penso, infatti, che le forme it <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spasseggiare
e </i>il napoletano <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spassà</i> (nel senso di ‘ripassare’) avessero all’origine poco o nulla
a che fare col <i style="mso-bidi-font-style: normal;">passo</i> di it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">passeggiare</i> e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">passare.</i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>A mio avviso queste
forme presuppongono il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spati</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ari</i> (anche <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spati</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are</i>)<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>‘passeggiare, andare a spasso, camminare’
incrociatosi, naturalmente con il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pass-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">u(m</i>) ‘passo’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Anche il
tedesco usa <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spazier</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-en</i> ‘passeggiare’,
preso dal lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spati</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ari.</i><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Il bello è che questa mia supposizione va ad intaccare, ad esempio, la
convinzione dei linguisti che derivano l’it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spassare</i> nel senso di ‘divertire, divagare’ da una forma lat. *ex-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pans</i></b>-are>
*<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ex-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pass</b>-are>
spassare, </i>dal partic. passato<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> ex<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">-pans</b>-um, ex-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pass</b>-um</i> ‘esteso, allargato’ del verbo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ex-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pand-</b></i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ĕ</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">re</span></i><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">’espandere, allargare’ a cui fanno seguire un <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">anim</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m)</i> del tutto presunto, secondo me: ‘espandere
l’animo’ <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sarebbe l’origine di it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spassare</i>, forma che ha mantenuto il
verbo ma non l‘<i style="mso-bidi-font-style: normal;">animo</i>, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>secondo me necessario in questo caso.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ora (passando ad altro), Il verbo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">divagare</i>
ha in italiano un significato fondamentale di ‘allontanarsi, andare qua e là’
presente nel latino <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">divagari</i></b>, il quale però non ha quello di ‘svagar(si), divertir(si)’,
chiaramente sviluppatosi dal precedente come effetto di un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">allontanar(si)</i>, un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">distaccar(si</i>)
da qualche assillo o noia, o dalla solita routine. Allora diventa del tutto
naturale porre anche all’origine di it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spassare</i>,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">spasso</i> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il verbo lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spati-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ari</i>, che col suo significato di ‘andare
a spasso, passeggiare’ si avvicina moltissimo a quello di lat. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">divagari.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span></i>Come tocco finale aggiungo il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spatia</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tor-e(m)</i> ‘bighellone’ cioè <i style="mso-bidi-font-style: normal;">girandolone,</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">nullafacente</i>, condizione propria di chi sta <i style="mso-bidi-font-style: normal;">a spasso, </i>locuzione niente affatto apparentata, pertanto, con
quella di ‘divertimento’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></b></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-34760126492097470902022-02-22T11:53:00.003+01:002022-02-22T11:53:55.726+01:00Abruzzese scrizzë<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ad
Aielli la voce <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scrizzë</i></b> vale solo ‘schizzo’ mentre in altri paesi d’Abruzzo ha
anche il significato di ‘scintilla’.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Scommetto che i linguisti sostengono all’unisono che la /r/ della forma
dialettale sia solo uno scherzo del dialetto, che, chissà perché, si è lasciato
scappar via una consonante di troppo. La forma originaria sarebbe, secondo
loro, l’it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">schizzo</i></b>, considerato <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>oltretto,
onomatopeico, ahimè! <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ora,
dell’origine falsamente onomatopeica di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">schizzo</i></b> ho parlato abbastanza in un
lungo articolo, concernente alche altre voci, intitolato <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Lingue germaniche nella preistoria</i> e presente nel mio blog (4 luglio
2011).<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Tengo comunque a ricordare che io
non credo nelle onomatopee nella lingua.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Penso
che, se si pon mente all’espressione italiana <i style="mso-bidi-font-style: normal;">scherzi dell’acqua</i>, che indica i ‘zampilli’di fontane, poste in
genere nei giardini di case nobiliari nel passato, ci si mette sulla buona
strada <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per dare una spiegazione
credibile del dialettale <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scrizzë</i></b>: non si tratta d’altro che
della radice di it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">scherzo</i>, la quale
rimanda ad una forma germanica come quella del medio alto tedesco <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scherz-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">en</i> ‘saltellare allegramente, tripudiare’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>da cui il ted. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scherz</i></b> ‘scherzo’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non è molto lontano da questa radice l’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">squirt
</i></b>‘zampillo’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si
può quindi pacificamente concludere che il dialettale <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scrizzë</i></b> ‘schizzo,
scintilla’ non è dovuto ad una sorta di errore di pronuncia di un precedente <i style="mso-bidi-font-style: normal;">schizzo </i>ma alla stessa radice di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scherzo</i>.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></b></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><o:p></o:p></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-81828539468914950672022-02-21T11:53:00.005+01:002022-02-21T11:53:58.758+01:00L’ambiguità dello specillo.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>La parola è dal lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spec</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><u>-ill-u(m)</u></i><u> ‘specillo, sonda’ </u><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>una sorta di diminutivo che, secondo i
linguisti, rimanda alla radice di lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spec</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ĕre</span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> ‘guardare’, variante di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spic</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ĕre</i> ‘guardare’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Come al
solito essi, nel darne l’etimologia, non si lasciano prendere da dubbi o
tentennamenti: la<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>parola indicherebbe <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un’asticciola di metallo, usata in genere per <i style="mso-bidi-font-style: normal;">esplorare</i> le ferite o cavità da parte
dei chirurghi: ecco, sarebbe la funzione di indagine ed osservazione che viene messa
in rilievo dall’etimo suddetto; ma così facendo non si accorgono del fatto che
la parola dovrebbe trarre il nome dalla funzione che svolge e non dalla sua
natura di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">punta</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">asticciola </i>utile a molti usi.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">A me pare, invece, che il suo etimo di fondo è
proprio questo, e che il suo nome generico esistesse già precedentemente
all’uso chirurgico: ad un certo punto non si fece altro che prendere un nome
già bello e pronto il quale si prestava alla perfezione alla nuova funzione di
esplorazione delle ferite, anche perché<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>esso
sembrava dirlo apertamente. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>In
latino, però, esistono altre parole che a mio parere condividono l’etimo con il
nostro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">specillo</i>, come il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spic</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-a(m),</i> con le varianti <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spec-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">a(m)</i> e <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spic</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m), </i>col valore di ‘punta, estremità’ e quindi ‘spiga’ nonché
‘testa, capo’: e già! perché bisogna fare un’altra importante osservazione:
inizialmente questa radice <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>indicava una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">estremità</i> qualsiasi, fosse essa <i style="mso-bidi-font-style: normal;">a punta</i> o magari <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rotondeggiante.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">E’ interessante notare anche i significati
della forma diminutiva latina <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spic</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ul-u(m)</i> ‘pungiglione, punta di arma da getto, l’arma stessa
(freccia, dardo, lancia), bocciolo (di rosa), raggio di sole’. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ora,
il bocciolo di rosa non è propriamente una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">punta</i>,
ma semmai una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">testa</i>. Col significato
di ‘raggio di sole’ ritorna l’ingannevole rapporto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">raggio /bacchetta</i> di cui abbiamo parlato qualche giorno fa e che va
risolto non col solito ragionamento secondo cui l’idea di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">raggio di luce</i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dipende
figurativamente da quella precedente di “bacchetta, lancia, palo”, ma prendendo
atto finalmente che la radice all’origine poteva dare i due significati
indipendentemente, senza che l’uno fosse generato dall’altro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il
lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spec</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ul-a (m)</i> ‘vedetta, osservatorio, cima,
sommità’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>è ugualmente diviso tra i due
significati di fondo, e cioè <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>s<i style="mso-bidi-font-style: normal;">guardo</i> da una parte <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">estremità</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cima</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">monte</i> dall’altra: una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cima</i>, insomma, non trae il suo nome dal
fatto che da essa si può ben <i style="mso-bidi-font-style: normal;">osservare</i>
lo spazio circostante, ma solo dal suo essere una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">punta</i> o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">estremità.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il
lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spec</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ul-u(m) </i>‘specchio’ deriva, a mio
avviso, il nome dalla sua natura di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">strumento
atto a guardare </i>o<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> vedere </i>(oltre a
questa funzione non ne ha un’altra!) in un certo senso come un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">televisore.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span></i>Si può essere ancora più precisi e radicali <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>dicendo che lo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">specchio</i><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>è etimologicamente solo uno <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sguardo</i>,
una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">visione</i>. Nel gergo colloquiale,
infatti, anche la <i style="mso-bidi-font-style: normal;">tele-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">visione</b></i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>indica l’apparecchio altrimenti detto <i style="mso-bidi-font-style: normal;">tele<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">-visore</b></i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Interessante è notare che in toponomastica
esistono dei <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Monte-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">specchio</b></i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>(prov. di
Siena e Modena e altrove) la cui seconda componente –<i style="mso-bidi-font-style: normal;">specchio</i> ripete il significato della prima. L’idea di “cima” e
quella di “monte” sono equivalenti come quella di “punta” e di “lancia, dardo”.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Per
il significato di ‘parlare, esprimere’ di questa radice, presente anche
nell’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">speak,</i></b> rimando al lungo articolo, presente nel mio blog (30
giugno 2019), e intitolato <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Incredibile!
L’it. sprecare è fratello di ted. sprechen ‘parlare’ […].<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Anche il significato di it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spaccare,</i> fatto risalire al presunto longobardo
*<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spahh</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-an</i>, deve essere connesso ad un
significato originario di ‘scoppiettare, crepare, fendersi’ che sta dietro a
quello di ‘parlare’. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>L’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spook</i> </b>‘fantasma’ riporta al significato di ‘visione’ dello
specchio di cui sopra, come il ted. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Spuck</i> </b>‘fantasma, spettro’, parola
che ha anche il significato di ‘strepito’, avvicinabile a quello di ‘crepitare’
di cui sopra. Amen.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-74900953567982016252022-02-20T10:25:00.006+01:002022-02-20T13:15:54.700+01:00Italiano sperare.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Certamente pochi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sapranno che in
italiano il verbo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sperare</i>, oltre al
suo significato più ovvio a tutti noto, ne ha anche un altro molto singolare: ‘osservare
un uovo in controluce per controllarne la freschezza o lo stato di fecondazione’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nei vocabolari solitamente i due significati
sono attribuiti a due lemmi separati, tanta è la distanza tra loro, ma in fondo
ambedue scaturiscono dalla stessa radice, come spero di poter mostrare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Per la verità nemmeno io ne conoscevo il secondo significato fino a
pochi giorni fa, quando sono andato a sfogliare il vocabolario di De Mauro, dietro
la spinta del fatto che avevo incontrato i due significati nel libro <i style="mso-bidi-font-style: normal;">La parlata di Luco dei Marsi</i> di Giovanni
Proia, sotto la voce <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sperà</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>In italiano esiste anche
il sostantivo corrispondente <i style="mso-bidi-font-style: normal;">speratura.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Il verbo è
antichissimo, attestato in un periodo indefinito prima del 1320.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Numerosi sono i riscontri nei dialetti settentrionali<a href="#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>. Per la
sua origine <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>i linguisti indicano
compatti il termine <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spera </i>(da noi già
incontrato e discusso in un articolo precedente, col suo significato, tra i
diversi, di ‘raggio luminoso’), dato che l’operazione della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">speratura</i> si esegue anche con un
apparecchio che emette un fascio luminoso sull’uovo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Beati loro che si accontentano di questo,
anche se il solo concetto di “raggio, luce” non può spiegare il nocciolo dell’operazione
che è, nel suo complesso, un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">osservare</i>
(l’uovo)!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La <i style="mso-bidi-font-style: normal;">luce</i> certamente interviene ma come fatto piuttosto secondario,
anche se necessario.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Come spesso accade, la spiegazione è lì a portata di mano, ma nessuno se
ne accorge!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sper</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are</i> aveva inizialmente il significato generico di ‘attendere’ sia
cose positive che negative, e l’attenzione non è altro che <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tendere</i></b> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lo</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sguardo</i>
verso alcunchè, cioè un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">osservare</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">scrutare</i> alcunchè, compreso l’uovo ci
cui si parla. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Lo spagn. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">e-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">sper</b>-ar</i>
ha mantenuto i due significati di ‘aspettare, attendere’ e di ‘sperare’. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>In conclusione si può sostenere che lo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sperare</i> e il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">fare attenzione </i>(e
quindi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">osservare</i>) possono essere
espressi dalla stessa radice <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sper-,</i>
che del resto ha altri significati come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">raggio</i>
(di luce) o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">irraggiamento</i>, significati
che non esprimono altro che la natura della<i style="mso-bidi-font-style: normal;">
luce</i> e dei suoi <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">raggi</i> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che si espandono verso
oggetti vicini e lontani.<o:p></o:p></span></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> Cfr.
Cortelazzo-Marcato, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">I dialetti italiani</i>,
UTETTorino, 1998.<o:p></o:p></p>
</div>
</div>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-948773428969382892022-02-19T14:39:00.002+01:002022-02-19T15:59:09.585+01:00A proposito dell'ingannevole rapporto raggio-bacchetta in linguistica. <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Nell’articolo precedente ho dimenticato di accennare alla possible connessione della radice <b><i>spir- </i></b>di<i> <b>spir</b>-ito</i>
anche ad un significato di ‘fonte, sorgente’ come credo sia mostrato ,ad
esempio, da Fonte Spirito di Arsoli-Rm.
Del resto è lampante la somiglianza con termini inglesi quali <b><i>spirt</i></b>,
<b><i>spurt</i></b><i> </i>‘zampillo, getto’ collegabili con la
radice di inglese arcaico <b><i>sprout</i>
</b>’spruzzare’ nonché con ingl.<b><i> sprout</i></b> ‘germoglio, getto’. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Abbiamo visto, sempre nell’articolo precedente, lo stretto rapporto tra
la radice di<i> </i>ingl<i>. <b>spear</b></i> ‘lancia’ e ingl.
<b><i>spear</i></b>
‘raggio di sole’, fenomeno che secondo i linguisti avviene perché un <i>raggio</i> (di luce) assomiglia a una
bacchetta, stelo, palo. Chissà perché
non sarebbe accettabile l’inverso, cioè che una bacchetta assomigli ad un
raggio di luce. Insomma in questo rapporto
di somiglianza, che del resto non si può negare, la bacchetta verrebbe prima
della luce e dei suoi raggi. La bacchetta è qualcosa, forse si pensa, di più concreto, palpabile rispetto
al raggio di luce, suo significato figurato.
Sì, ma anche il raggio di luce è qualcosa di concreto, tanto è vero che <i>scotta</i> talora, oltre ad illuminare. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
A parte la considerazione che in realtà la distinzione tra nome astratto
e concreto è piuttosto scolastica, dato che in verità ogni parola della Lingua
rappresenta il <i>concetto</i> che di una
cosa, di un fenomeno, di una condizione abbiamo nella nostra testa e quindi
dovrebbe considerarsi astratto: in altri termini la parola non indica la cosa
in sé, ma il riflesso che ne abbiamo nella mente. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Io sono del parere che non si può affatto sostenere che un
concetto come “bacchetta, stelo, tronco” venga prima di quello considerato,
nella pratica di ogni lingua, come generato da esso per via figurata. Per me, come ho detto qualche altra volta, la
parola latina <b><i>radiu-</i></b><i>u(m)</i>, ad
esempio, significava già all’origine ‘la forza’ che fa crescere uno stelo, un
ramo, una pianta, di pari grado rispetto alla ‘forza’ che fa brillare una luce un fuoco, una
stella. L’uomo primitivo non vedeva un albero nelle sue varie caratteristiche
concrete ma ne individuava questa ‘forza’, di per sé astratta rispetto a quelle,
e quindi non aveva bisogno di trasferire quest’astrattezza alla luce di per sè
già molto più astratta dell’albero. Direi che egli, nel nominare i concetti e
le cose ‘astratte’ si trovava perfettamente a suo agio. Se in una lingua il termine per <i>palo</i> e <i>raggio di sole</i> coincide, la spiegazione non può stare nella
dipendenza dell’uno dall’altro, ma,
semmai, nella coincidenza dei loro significati d’origine. Siccome, poi, la somiglianza tra la <i>bacchetta</i> e il <i>raggio di sole</i> è abbastanza evidente anche esteriormente (non solo concettualmente) si dà il caso che
molte lingue (forse tutte?) conservano termini unici per ambo le cose: per
intenderci, è molto più difficile che una radice che in una lingua esprime il
concetto di <i>raggio di sole</i>
contemporaneamente esprima, non so, quello di <i>gallina. <o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Un’altra
parola interessante in questo senso è il ted. <b><i>Strahl </i></b>‘raggio, lampo,
folgore’ ma anche ‘getto d’acqua, zampillo’.
Conosciamo l’it. <i>strale, </i>probabilmente
dal longobardo, che corrisponde all’ant. slavo
<b><i>strela </i></b><i>‘freccia’<b>, </b>serbo<b> strijela </b>‘freccia’</i>.
Anche se in tedesco, che io sappia, non
esiste un significato di ‘bacchetta, palo, asta’ della parola <b><i>Strahl
</i></b>sta di fatto che una freccia ha la forma di una bacchetta appuntita. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Interessante, a mio avviso, è lo spagn.
<i>e-<b>strella</b></i><b> </b>‘stella’ che i linguisti derivano dal
lat. <b><i>stell</i></b><i>-a(m)</i> ‘stella’ ma io non vedo come, data
la difficoltà della lettera /r/ in più
nella parola spagnola. La /e/ iniziale è prostetica: in spagnolo non esistono
termini inizianti in /s/ impura. A me pare chiaro che il termine derivi da una
forma *<b><i>strel-</i></b> della stessa
radice di ted. <b><i>Strahl </i></b>nel significato di ‘raggio di luce’. E’ altrettanto chiaro che l’incrocio con il
lat. <b><i>stell</i></b><i>-a</i>(m) ha causato la specializzazione del
significato generico di ‘raggio luminoso’ in quello di ‘stella’ <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
In spagn. il verbo <i>e<b>-strell</b>-ar</i> significa ‘scagliare,
lanciare’: ritorna l’idea della “lancia”, cioè di “asta” che è assente nel tedesco, come visto. Ma non è tutto. <i>E-<b>strel</b>l-ar</i> significa
anche ‘friggere’, e così richiama l’idea di “fiamma” che se ne sta appena appena nascosta sotto il
significato di ted. <b><i>Strahl</i></b> ‘raggio luminoso’.
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Chiudendo, osservo che il ted. <b><i>Strahl</i></b> è fatto derivare,
giustamente, d una radice<i> stra- </i>che è
quella di ted. <b><i>streu</i></b><i>-en</i> ‘spargere,
spandere’, la quale riporta ad un significato generico non ancora molto
specializzato nei vari sensi di raggio, asta, zampillo. Basta cercare in
internet per incontrate il nome di una fonte che suona <b><i>Strahl</i></b><i>-brunnen</i> ‘fonte <i>Strahl</i>’ in cui <b><i>Strahl</i></b>- doveva avere
tautologicamente lo stesso significato di <i>Brunnen</i>
‘fonte, sorgente’ come nel termine ted. <i>Spring<b>-quelle</b></i> ‘fontana’ in cui <b><i>Quelle
</i></b>vale ’fonte, sorgente’ e <i>Spring- </i> ugualmente ‘fonte, sorgente’ anche se in tedesco
c’è solo il verbo <b><i>spring</i></b><i>-en</i> ‘saltare, esplodere’, mentre in
inglese <b><i>spring </i></b>vale sia ‘salto’ che ‘sorgente, fonte’. Il termine, però, tende inevitabilmente a specializzarsi in ‘ fonte a getto’. Ma c’è
anche il verbo ted. <i>ent-<b>bring-</b>en</i> (composto
dal prefisso insep. <i>ent-</i>) che vale solo ‘sorgere, scaturire’ . <i> </i>Amen.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-60808406499297389552022-02-18T19:09:00.002+01:002022-02-18T19:09:45.485+01:00Sperma, gr. speír-ein, spargere, spera, sfera, sferrare, ingl. spark ecc.<p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24pt; line-height: 107%;"> Il gr. <b><i>spér-</i></b><i>ma </i>indica il <i>seme</i>, cioè letteralmente ‘ciò che viene
sparso’, dalla radice del verbo <b><i>spe</i></b></span><b><i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">í</span></i></b><b><i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">r</span></i></b><i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">-ein</span></i><span style="font-size: 24pt; line-height: 107%;"> ‘spargere, seminare, produrre’. Il
sostantivo <b><i>spér</i></b><i>-ma</i> ha anche
talvolta il valore di ‘scintilla, fiamma’, ma non perché la <i>scintilla</i> può essere spiegata
figuratamente come ‘seme della fiamma’,
bensì perché, a mio modesto parere, i concetti di “fiamma, scintilla,
fuoco” rientrano in quello genericissimo
di ‘spinta, movimento, anima’.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>La radice connessa con lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sparg-</i></b></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ĕ</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">re</span></i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘spargere, diffondere’ ma anche ‘gettare, scagliare,
lanciare’ nonché ‘versare, effondere, bagnare’ e ‘ coprire, rivestire,
estendere su’, si ritrova puntualmente nell’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spark </i></b>‘scintilla’ mentre <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il gr. moderno <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spirto</i></b> ‘fiammifero’ si
riaccosta alla radice <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sper-</i></b>.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spirit</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m) </i>’spirito, soffio, anima, persona’ dal lat.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">spir</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are </i>‘soffiare, spirare, vivere’ è un
suo sosia, come il secondo elemento del dialettale <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pr</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ό-</span></i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">sp</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">r</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pr</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ό</span></i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">-</span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">spar</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘fiammifero’.
<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Il primo elemento <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pro- </i></b>indica la ‘spinta in avanti’ ma
tende a confondersi con la stessa radice di gr. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">p</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ỹ</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">r </span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">’fuoco’. <o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Il
dialettale abruzzese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spèra, sfera<a href="file:///C:/Users/User/Documents/Sperma.docx#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></b></span><!--[endif]--></span></span></a></i></b>
‘lampada, lucerna, raggi del sole’ come lo spieghiamo? Non è esso con tutta chiarezza
sempre stessa radice sopra citata?<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>O
vogliamo confonderlo con l’it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spera</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>‘sfera, disco solare’ il<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>quale rimanda al gr. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spha</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ȋ</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">ra </span></i></b><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">‘palla,
sfera, disco, bulbo oculare’? <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ci sono
anche le radici di lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spir-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">a(m) </i>‘spira, avvolgimento’ e del dialettale abruzzese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spara</i></b>
‘cercine’ da gr.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> spe</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ȋ</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">ra</span></i></b><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
‘avvolgimento, spira’<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Senza andare per le lunghe io suppongo che ci sia stato all’origine<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un rapporto tra il valore di ‘spinta,
estensione, copertura, rivestimento’ e quello di ‘spira, globo, avvolgimento’. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rivestimento</i>
può generare l’idea di “avvolgimento” in quanto esso può <i style="mso-bidi-font-style: normal;">coprire </i>un oggetto torno torno.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>O forse, meglio, l’idea di “rotondità” può generarsi da quella di
“protuberanza”, la quale è inclusa in quella di “estensione, dilatazione” presente
nella detta radice <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sper-,</i></b> come abbiamo visto sopra.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>In ingl. abbiamo la parola <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spear </i></b>che significa<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>‘lancia’ ma anche ‘raggio di luce’ e
non perché, come si potrebbe pensare, quest’ultimo assomiglia ad una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lancia</i> ma perché i due termini attingono
autonomamente all’idea basilare di “spinta” concretizzatasi da una parte in
quella di “lancia”, dall’altra in quella di “luce”.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Incredibile, ma la stessa cosa è avvenuta per
il dialettale abruzzese marsicano <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sferra</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">lancetta</i> dell’orologio’ o ‘<i style="mso-bidi-font-style: normal;">lama</i>
(di coltello a serramanico) ma anche<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>‘raggio, raggi (del sole), lucerna’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>A Trasacco-Aq nella Marsica la locuzione <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sfèrra </i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">d</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> sòl</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>significa ‘poco sole, un po’ di sole’. Secondo me in trasparenza, oltre
alla solita radice per ‘luce, raggio’ si può notare la radice di ted. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Spier</i></b>
‘punta d’erba’, la quale è connessa con quella di ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spear </i></b>’lancia, stelo, raggio
si sole’ <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>testè nominata<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e con quella di ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spire </i></b>’guglia, cuspide,
punta, cima, germoglio’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ora il ted. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Spier-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">chen, </i>diminutivo del detto<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Spier</b></i>
‘punta d’erba’, è usato nella locuzione <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ein
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Spier</b>-chen </i>che significa ‘un
pochettino, un briciolino’: ecco perché la sua presenza è nascosta, secondo me,
nel trasaccano <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sfèrra</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> dë sòlë </i>‘un
po’ di sole’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ma
il bello viene con l’it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sferr</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are</i> nel senso di ‘dare con forza (pugni, schiaffi, calci)’ o di
‘lanciare con impeto (un attacco, un’offensiva)’ che i linguisti,
immancabilmente, pensano derivi da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ferro </i>col
prefisso <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">s-</i></b>. Ma questo etimo va bene nel significato di ‘togliere i
ferri (alle bestie)’ non negli altri significati, che invece sono derivati
proprio da quello di ‘lancia’ da cui si ha l’it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lanciare. </i>Mi conforta in questa convinzione proprio il dialettale <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sferra</i></b>
‘lancetta’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ma
le novità non finiscono qui.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il toscano <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">s</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">borrare</i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>‘uscire con impeto, fuoruscire, traboccare’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>viene inteso come composto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">s</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">- </i>+ <i style="mso-bidi-font-style: normal;">borro
</i>‘canale, fosso delle acque di scolo’, ma è chiaro che la radice è sempre la
solita, radice che indica un ‘lanciar(si) impetuoso’ come quella di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sferrare</i></b>:
lo stesso toscano <i style="mso-bidi-font-style: normal;">sborrare</i> significa volgarmente
‘eiaculare’ come il nostro dialettale marsicano <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sburr-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">à </i>connesso col sostantivo <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sbùrrë</i></b> ‘sperma’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>L’it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spar-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">are </i>detto di arma da fuoco fa il paio col verbo abruzz. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sparì,
</i></b>spiegato da D. Bielli, nel suo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vocabolario
abruzzese, </i>con la frase <i style="mso-bidi-font-style: normal;">M’à <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">sparitë</b> na fèbbrë </i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>‘M’è <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scoppiata </i></b>una febbre’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quindi il suo etimo non si può affatto intendere
come derivato da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">se-parare </i><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ma come espressione della solita radice che
indica un’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">azione impetuosa</i>.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Chi
fosse interessato ad avere più informazioni su questa radice e su questi
casi<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>citati vada a leggersi la lunga nota
12 dell’articolo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Andando a Zonzo per
radici […],</i> presente nel mio blog (pietromaccallini.blogspot.com) del 1
maggio 2013. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Già allora avevo affrontato questi problemi.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText" style="line-height: 200%;"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/Sperma.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>
Cfr. M. Marzolini, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">“… me ‘nténni?” </i>Arti
grafiche Tofani-Alatri, 1995 .<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Libro sul
dialetto di Rocca di Botte-Aq.<o:p></o:p></p>
</div>
</div>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-84657570305430032942022-02-15T11:45:00.002+01:002022-02-16T09:59:03.727+01:00Farci caso, far caso.<p> </p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
</span><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Credo che pochi fanno attenzione alla particolarità di questa
locuzione, che finora è sfuggita anche a me, pur essendo di uso quotidiano
molto diffuso. Il significato è inutile
spiegarlo perché tutti lo conoscono a menadito: fare attenzione a
qualcosa. Ma la parola <b><i>caso</i></b>
cosa ci sta a fare? il suo significato, anch’esso abbastanza noto anche se un
po’ sfuggente, non va normalmente oltre l’idea di “fatto fortuito, evento, accadimento,
circostanza” e così via. Allora come mai
essa vi assume quello di ‘attenzione’ o simili?
L’etimo del sostantivo del resto è ben noto: dal lat. <b><i>cas</i></b><i>-u(m)</i> ‘caso, evento,ecc.’ a sua volta dal supino <b><i>cas-</i></b><i>u(m)</i> del verbo latino <b><i>cad-</i></b></span><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ĕ</span></i><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">re </span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">‘cadere, accadere, ecc.’. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Così stando le cose a me sembra che il nostro <b><i>caso </i></b>sia collegabile con
la radice primitiva di lat<b>. <i>cur</i></b><i>-a(m) </i>’cura, pensiero, sollecitudine, riguardo, attenzione’ che era
<b>kois</b>-, senza rotacizzazione (esiste
l’esempio della forma peligna <i>coi<b>s</b>-atens = </i>lat. <i>cu<b>r</b>averunt</i>
‘curarono’). Di conseguenza il <b><i>caso </i></b>della
detta espressione aveva proprio il valore di ‘attenzione’ e simili:
naturalmente la forma ad essa precedente, anche se probabilmente un po’
diversa, finì con l’incrociarsi e confondersi con esso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Si dà il caso che in lat. <b><i>cas</i></b><i>-u(m) </i>’caso’ ha talora il valore di lat. <b><i>caus</i></b><i>-a(m)</i> ‘causa, motivo, processo, ecc.’ il quale, a sua volta, presenta
quello di ‘caso’. Pertanto taluni, a cui
mi associo, pensano che dietro questi significati specifici ce ne sia uno più
generico di ‘motivazione, spinta (verso qualcosa)’ o ‘spinta verso il basso (lat.
<i>cad</i></span><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ĕ</span></i><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">re</span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">)’ .<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
C’è da fare un’altra osservazione
importante, secondo me. Non tutti
sapranno che l’it. <b><i>cosa</i></b> e fr. <b><i>chose</i> </b>‘cosa’ derivano dal lat. <b><i>caus-</i></b><i>a(m)</i> che aveva assunto anche il
significato di ‘affare’ scaturito da quello, credo, di ‘argomento’ trattato nei
processi. Il concetto di “cosa” è molto
più generico e include qualsiasi oggetto esistente e a volte nella forma
colloquiale <i>coso</i>, anche un essere
umano. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Ora, portandoci con la mente nella fase lontanissima della preistoria
detta dell’animismo, quando tutte le entità esistenti erano dall’uomo
considerate <i>animate</i> (non solo ad esempio l’acqua e il vento ma
anche le rocce e i monti), si può a
ragione argomentare che i termini indicanti le cose nelle varie lingue,
arrivati fino a noi, dovessero contenere proprio il significato antichissimo di
‘forza, essere vivente, vita’. Quindi,
se è probabile che la parola <b><i>cosa </i></b>in italiano deriva dal lat. <b><i>caus</i></b><i>-a(m) </i>attraverso il significato di
‘affare’ è anche molto probabile che
quel significato esistesse già prima del latino classico ad indicare l’<i>esistenza</i>
, la <i>vita</i> di ogni componente il mondo inorganico e organico.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Si noti, infatti, che in inglese il termine <b><i>thing </i></b>‘cosa’ significa
anche, stupendamente, <i>being</i>
‘essere vivente’ e <i>creature </i>‘creatura’. Siamo all’opposto del significato di ‘cosa
inerte, senza vita’ che siamo soliti
sottindere sotto la parola<b><i> cosa</i></b>. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Ci sarebbero altre cose da osservare ma mi fermo qui, per non essere
troppo lungo e noioso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Mi accorgo solo ora che nel <i>Vocabolario
abruzzese </i>di Domenico Bielli è registrato lo strano verbo <b><i>tinch</i></b></span><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ï</span></i></b><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">à</span></i></b><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
‘divulgare’ che a mio parere è un derivato di ingl. <b><i>thing</i> </b>nel significato di
‘assemblea, parlamento’, vocabolo presente in tutto il mondo germanico che
indicava l’assemblea di tutti gli uomini liberi di uno stato o di una
regione. Credo che questo <i>divulgare </i>espresso dall’abruzzese <b><i>tinch</i></b></span><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ï</span></i></b><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">à</span></i></b><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> equivalga a un <i>pubblicare, far conoscere al pubblico</i>, concetto quest’ultimo che
richiama etimologicamente il<i> popolo</i> e
le sue <i>assemblee</i>. L’assemblea è un <i>riunirsi</i> di un certo numero di persone, e il popolo non è altro che
una massa di persone che stanno normalmente
insieme. Il <b><i>tenc</i></b><i>-one</i> in effetti in italiano
indica un <i>tumore </i>dell’anguinaia, cioè
una sorta di rigonfiamento o ammasso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
L’ingl<i>. <b>thing</b></i>, nel significato di ‘assemblea’, è fatto derivare da una
radice col significato di <b><i>stretch</i></b> <i>of time</i> ‘periodo di tempo’, riferito al tempo, appunto, in cui si
svolgeva l’assemblea: che astrusità! Si
tratta invece di una semplice <i>riunione</i>,
<i>massa</i> di persone insieme.</span><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 26pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 26pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-27509460698504747862022-02-14T18:56:00.000+01:002022-02-14T18:56:09.334+01:00Guardaroba.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 48.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Nessuno, a mente sana, potrebbe
mai pensare che il termine <i style="mso-bidi-font-style: normal;">guarda-roba</i>
indicasse, in un certo periodo della sua storia, almeno nella lingua inglese (<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">garderobe</i></b>)
e in quella francese (<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">gardrobe</i></b>), quello che
successivamente si chiamò in inglese <i style="mso-bidi-font-style: normal;">watercloset</i>
‘gabinetto (per i bisogni naturali)’;<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e,
per la verità, significò anche <i style="mso-bidi-font-style: normal;">stanza da
letto </i>oltre, naturalmente, a <i style="mso-bidi-font-style: normal;">stanzino</i>,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">armadio</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ripostiglio </i>per i capi di abbigliamento, come in tutte le diverse
lingue europee, credo,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in cui questa
parola appare.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>L’inglese, che mutuò il termine
dall’antico francese, presenta anche la forma <i style="mso-bidi-font-style: normal;">wardrobe.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Comunemente i linguisti sostengono che l’etimo del termine è dato dalla
radice del verbo francese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">gard</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-er</i> ‘ serbare, mantenere, custodire) e da quella del fr.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> robe</i></b>
‘ veste, toga’, sicchè il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">guardaroba,</i>
sin dalle origini, non sarebbe altro, letteralmente, che ‘(qualcosa) che
conserva, custodisce i vestiti’. La radice di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">gard</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-er</i> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a sua volta risaliva al
franco <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">wart</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ō</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">n </span></i><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">‘fare attenzione’ ed è la stessa del ted. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">wart-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">en </i>‘attendere, aspettare’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>A questo punto, però, si può, anzi si deve, tirare in ballo l’altra
radice germanica presente nell’ingl.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">gard</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-en </i>‘orto, giardino’ e nel lat<i style="mso-bidi-font-style: normal;">.
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">hort</b>-u(m)</i> ‘orto’ col valore di
‘recinto’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ora, questa idea di “cingere”
può servire ad indicare alla perfezione sia una stanza o una casa (cfr. gotico <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">gards</i></b>
‘casa’) le quali sono come <i style="mso-bidi-font-style: normal;">vestiti</i>
che avvolgono, riparano e<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>custodiscono
le persone, sia appunto un recipiente, un baule, una cassa che custodisce i
vestiti stessi.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Anche l’elemento -<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">roba<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i></b>poteva significare tautologicamente
la stessa cosa significata da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">guarda</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-</i>, cioè recinto, cavità, recipiente, baule.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>In effetti il francese <i style="mso-bidi-font-style: normal;">robe</i>
‘vestito’ è in rapporto con una radice che fin dall’inizio nelle lingue
germaniche indicava sia il ‘bottino’ sia un ‘indumento, vestito’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Purtroppo non ricordo in quale dialetto meridionale la voce <i style="mso-bidi-font-style: normal;">roba </i>ha il significato di ‘casa’ o forse
‘casupola’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-90539376854728042312022-02-13T18:14:00.004+01:002022-02-13T18:14:49.527+01:00Scheletro nell’armadio.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Tutti conosciamo il significato della locuzione in epigrafe, usata per
indicare una notizia di disdicevole o vergognosa per qualcuno, tenuta perciò
ben nascosta, in modo che nessuno ne venga a conoscenza. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Colpisce subito il fatto che questa idea venga espressa in questo modo
figurato così particolare: difficilmente uno la inventerebbe se non vi fosse
indotto in qualche modo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Il bello è che l’espressione ricorre non solo in italiano ma anche in
francese, nella forma <i style="mso-bidi-font-style: normal;">avoir un <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">skelette</b> dans le placard </i>’avere uno
scheletro nell’armadio’ <i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i>nonché in
inglese nella forma <i style="mso-bidi-font-style: normal;">to have a</i> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skeleton
</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">in the cupboard </i>’avere uno <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scheletro
</i></b>nella credenza’ <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">to have a<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> skeleton</b></i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in the closet </i>‘ avere uno scheletro nell’armadio’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>A parte gli episodi storici francesi (citati da qualcuno) che potrebbero
aver dato il via al significato figurato che sappiamo, l’espressione deve
essersi originata molto tempo prima a causa di un incrocio con fr. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">squelette</i> o ingl. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">skeleton </i>di una voce dialettale come *<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skel</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">t</i> ‘riparo, scaffale’ simile all’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">shel</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">f</i> ‘scaffale, ripiano’ (da un precedente *<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skelf</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>); la voce dialettale del resto può essere alla base dell’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">shelt</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-er </i>‘riparo, ricovero, rifugio’, anch’essa
procedente da uno *<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skelt-</i></b> quasi uguale alla radice di ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skelet</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-on<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>‘scheletro’</i>,
termine proveniente dal greco <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skélet</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-on</i> ‘scheletro’ .<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Concludendo, si può a ragione affermare che dietro l’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">skelet</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-on <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>‘scheletro’
o il fr. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">squelette </i>’scheletro’ ci
poteva essere un termine che significava ‘scaffale’, elemento, appunto, di un
armadio.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><o:p></o:p></b></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-40754119199594405562022-02-06T10:20:00.004+01:002022-02-06T10:26:08.482+01:00Ancora grecismi nel dialetto d’Avezzano-Aq.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Il sostantivo <b><i>langa</i></b><i> </i>nel dialetto avezzanese vale ‘fame’ ma anche ‘fortuna al gioco’. Per il significato di ‘fame’ scrissi già, nel
novembre del 1910, un articolo presente nel mio blog (v.
pietromaccallini-blogspot.com). Ma il significato,
del tutto diverso, di ‘fortuna al gioco’ donde proviene?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Deve trattarsi senz’altro della radice del verbo greco <i>la<b>gkh-</b></i></span><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">á</span></i><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">n-ein</span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘ottenere in sorte, essere scelto
mediante sorteggio’ pronunciato nasalmente come se fosse *<i>la<b>nkh</b>-</i></span><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">á</span></i><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">n-ein. </span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Il
sostantivo corrispondente era <b><i>l</i></b></span><b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">á</span></i></b><b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">kh</span></i></b><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">-os </span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">‘sorte’ in greco. Si sa che anche
il lat. <b><i>fort</i></b><i>-un-a(m)</i> aveva il
significato generico di ‘sorte (buona o cattiva)’ mentre in italiano è sorta la
specializzazione di<i> fortuna</i> e <i>sfortuna</i>. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Orbene, questo grecismo ce lo ha regalato la Magna Grecia? Ma per
favore!!!<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Anche il significato di<i> gioco</i>
deve essere nascosto tra le pieghe della radice, ma per ora non riesco ad
individuarlo. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-25206438107429475232022-02-05T17:54:00.001+01:002022-02-05T17:54:15.008+01:00Voci del dialetto di Avezzano-Aq. <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Nel Vocabolario del dialetto avezzanese di Ugo Buzzelli e di
Giovambattista Pitoni si incontrano i seguenti lemmi:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">paccùne
</i>‘lardo di maiale’, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">paccozz</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ό</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">ne</span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘persona grassa, tozza’; ora è chiaro che dietro
queste voci c’è il gr.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pakh</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ẏ</span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">s</span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘grosso, grasso, grossolano’ di cui abbiamo parlato nell’articolo
precedente intitolato Dialettale <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">paccùt</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">, ma la cosa che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>suscita il mio interesse ora è la presenza
del maiale nella spiegazione del <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>significato di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">paccùne</i>.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Noi non siamo come i linguisti che in questi casi solitamente sorvolano sulle
parole che, nella spiegazione di un lemma, accompagnano quella principale, in
questo caso il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lardo </i>il quale, però, essendo
il grasso del maiale, potrebbe aver fatto aggiungere gratuitamente la parola<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> maiale</i>, nella definizione. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Eppure, persino in questo caso limite, il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">maiale <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>deve essersi materializzato perché esiste
un latino barbarico <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pacho </i></b>(v. l’etimo di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pacchia
</i>nel dizionario etimologico in rete di Ottorino Pianigiani) il quale
combacia quasi con la prima parte del citato avezzanese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pacc</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ùne.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">La Lingua non
si lascia sfuggire nulla. <o:p></o:p></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-91450719341907002292022-02-05T10:58:00.003+01:002022-02-05T15:16:19.593+01:00Dialettale paccùtē ‘grosso, spesso, rozzo’. <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
I vocaboli che apparentemente sono stati tratti dal greco della Magna
Grecia abbondano nei nostri dialetti, ma, come ho spiegato altrove, molto
probabilmente (io, per parte mia, ne sono sicuro) ci pervengono direttamente
dall’indoeuropeo, visto che essi sono appunto molti e non riferibili a vocaboli
colti, merceologici, storici che facilmente trapassano da una cultura ad
un’altra.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
L’aggettivo in epigrafe è diffuso nella Marsica e in Abruzzo ed
evidentemente ha la stessa radice del gr. <b><i>pakh</i></b><i>-</i></span><i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ẏs </span></i><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">‘spesso, grosso, rozzo’, gr.<b><i> pakhẏ-</i></b><i>tēs</i> ‘grossezza, spessore’. La desinenza -<i>ùtë</i> dell’aggettivo dialettale credo sia dovuta all’analogia con le
numerose forme come <b><i>ricci</i></b><i>-uto</i>,<b> <i>can-</i></b><i>uto</i><b>,
<i>panci</i></b><i>-uto, <b>oss</b>-uto.<o:p></o:p></i></span></p>
<i><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;"> </span></i><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">L’ingl.
<b><i>pack
</i></b><i> </i>‘pacco, involto, sacchetto, mazzo, branco’
dovrebbe essere messo in connessione con la stessa radice, ma solitamente ciò non
avviene, forse perché l’indoeuropeo /<b><i>kh</i></b>-/ dovrebbe dare in germanico /<b><i>g-</i></b>/;
ma in greco esiste anche una radice <b>pag</b>,
<b>pēg, </b>che ha lo stesso valore di
fondo di ‘compressione, massa, connessione’ presente anche nel lat. <i>com-<b>pag</b>-es
</i>’compagine, stretta unione’, la cui gutturale sonora /<b><i>g</i></b>/ in germanico si
assordisce in /<b><i>k</i></b>/. Per indicare il <i>ghiaccio</i>, infatti, il quale è una sorta
di <i>compressione, </i>in greco si hanno
due termini: <i>pa<b>g-</b>os </i>con la velare sonora /<b><i>g</i></b>/, e<i> pa<b>kh</b></i>-<i>nē </i>con velare aspirata /<b><i>kh</i></b>/</span><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">I vocaboli che apparentemente sono stati tratti dal greco della Magna
Grecia abbondano nei nostri dialetti, ma, come ho spiegato altrove, molto
probabilmente (io, per parte mia, ne sono sicuro) ci pervengono direttamente
dall’indoeuropeo, visto che essi sono appunto molti e non riferibili a vocaboli
colti, merceologici, storici che facilmente trapassano da una cultura ad un’altra.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>L’aggettivo in epigrafe è diffuso nella Marsica e in Abruzzo ed
evidentemente ha la stessa radice del gr. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pakh</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ẏs </span></i><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">‘spesso, grosso, rozzo’, gr.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> pakhẏ-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tēs</i> ‘grossezza, spessore’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La desinenza -<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ùtë</i> dell’aggettivo dialettale credo sia dovuta all’analogia con le
numerose forme come <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ricci</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-uto</i>,<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">can-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">uto</i><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">panci</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-uto, <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">oss</b>-uto.<o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">L’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pack </i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>‘pacco, involto, sacchetto, mazzo,
branco’ dovrebbe essere messo in connessione con la stessa radice, ma
solitamente non avviene, forse perché l’indoeuropeo /<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">kh</i></b>-/ dovrebbe dare in
germanico /<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">g-</i></b>/; ma in greco esiste anche una radice <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pag</b>, <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pēg, </b>che ha lo
stesso valore di fondo di ‘compressione, massa, connessione’ presente anche nel
lat. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">com-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pag</b>-es </i>’compagine, stretta unione’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Per indicare il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ghiaccio</i>, infatti, il quale è una sorta di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">compressione, </i>in greco si hanno due termini: <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pa<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">g-</b>os </i>con la velare
sonora /<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">g</i></b>/, e<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> pa<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">kh</b></i>-<i style="mso-bidi-font-style: normal;">nē </i>con velare aspirata /<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">kh</i></b>/<i style="mso-bidi-font-style: normal;">.</i></span><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-60976962920084224152022-02-02T11:31:00.006+01:002022-02-02T15:12:35.642+01:00Ingenuità dei linguisti (seguito). <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ad Aielli-Aq, il mio paese, uno dei nomi più usuali per <i style="mso-bidi-font-style: normal;">crivello </i>era <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">p</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">llìcc</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë,</span></i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span></b><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">simile o uguale a quello di altre
parlate della Marsica e d’Abruzzo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Naturalmente
l’etimo del termine corre subito alla parola <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pelle</i></b>, visto che questo
strumento poteva essere formato anche da una pelle d’animale, in genere
d’asino,<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>bucherellata. Ma alcune
altre parole dialettali ci inducono a credere che il termine suddetto non
designava all’origine una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pelle </i>bensì
un <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">insieme
di fili o erbe </i></b>come la voce avezzanese<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> pelléccia </i></b>’zolla di
terra aggrovigliata a radici ed erbe’ che però aveva anche il significato di
‘lotta, lite, contesa’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si rifà vivo,
insomma, il concetto di “massa o intreccio di peli, setole o capelli’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la quale<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>era all’origine dell’idea di
“setaccio” come abbiamo visto, nell’articolo precedente, per il termine <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tura </i>che significava, oltre a <i style="mso-bidi-font-style: normal;">residuo</i> della vagliatura, anche <i style="mso-bidi-font-style: normal;">vaglio</i> e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">massa di capelli. </i>Allora è molto più probabile che il dialettale <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pëllìccë </i>‘staccio, crivello’ tragga
origine dalla radice di lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pil</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m) </i>’pelo, pelame, capello’ incrociata certamente con il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pell</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-e(m) </i>’pelle’ ma forse anche con il lat.
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pille</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m)</i> o <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pile-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">u(m) </i>’cappello di feltro’: ritorna infatti il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">feltro</i>, parola di origine germanica indicante un tipo di panno di
lana pressata, incontrato nell’articolo precedente a proposito di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">filtro</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Resta però da spiegare il significato di ‘lotta, lite, contesa’ che
sembra essere lontanissimo da quello di ‘pelo, capelli’, eppure non è così, e
lo spiego.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>A Luco dei Marsi il verbo
formato dalla stessa radice, cioè<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pellicci</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-àrese,</i> significa appunto ‘accapigliarsi, venire alle mani’ come in
molti altri dialetti compreso l’aiellese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pëllëcci-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">àssë.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>Ora, l’idea che sta al
fondo di questo verbo è quella di “ammassarsi, stringersi, addossarsi” come
stretti tra loro sono i capelli che formano un rudimentale e originario <i style="mso-bidi-font-style: normal;">colino </i>o filtro.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ho volutamente evitato di accostare questo
verbo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pellicciàrese </i>ai verbi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ac-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">capigli</b>-arsi</i>
e <i style="mso-bidi-font-style: normal;">az-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">zuff</b>-arsi
</i>(dal longob. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">zupfa</i></b> ‘ciuffo’) in quanto li considero una sorta di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">lectio facilior, </i>pur possibile: lo
capiremo meglio riflettendo sulle voci dialettali marsicane come <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pèlla</i></b>,
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pèllë</i></b>,
e anche <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pël</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">l-iccia </i>(a
Trasacco-Aq) che significano ‘coito’, volgarmente ‘scopata’: qui i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">peli</i> o i <i style="mso-bidi-font-style: normal;">capelli</i> c’entrano poco , ma è appunto l’idea di “stringersi insieme
in un amplesso” (assomigliante<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>proprio
ad un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">zuffa</i> nella foga di ottenere il
massimo del piacere) che agisce nel profondo. Anche lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">co-it</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m)</i> (da lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">co-ire</i></b>) può significare sia ‘incontro,
congiunzione’ sia ‘scontro’ come la sua variante <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">co-et</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m)</i>’riunione, folla, accoppiamento, scontro’<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>Con il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">coito</i>, insomma,
due esseri si aggrovigliano vicendevolmente come in un lotta spasmodica. E’
meraviglioso il modo in cui una stessa radice può esprimere significati anche
molto diversi tra loro, partendo da<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>un
valore generico di fondo. In questo caso è l’unirsi, l’intrecciarsi, lo
stringersi, l’ammassarsi di corpi viventi a prendere forma, ma in altri, come
vedremo, può essere il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">miscuglio</i> o l’<i style="mso-bidi-font-style: normal;">intruglio</i> , se si tratta di cose
liquide. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>In
effetti in italiano la suddetta <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">zuffa</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i>che è dal longob. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">zupfa</i></b>’ciuffo’, significa, come
abbiamo visto, anche ‘polenta, brodo’, cioè un miscuglio liquido di vari
ingredienti, una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">polta</i> (lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pult</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-em </i>’polenta, farinata’) o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">poltiglia, </i>termini questi ultimi che
vanno connessi con la radice di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">feltro </i></b>che in antico slavo suona <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">plusti,
</i></b>con la labiale iniziale /<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">p</b>/
supposta del resto dalle forme germaniche come ted. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">F</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ilz </i>‘feltro’.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Un
caso interessantissimo è quello del gr. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">phíltr</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-on</i> ‘bevanda amatoria’ in latino <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pocul</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m)</i> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">amatori</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m</i>), un
intruglio liquido contenente vari ingredienti, magari pestati o triturati. Insomma,
un altro tipo di commistione, intreccio, confusione.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Solo che la prima parte di questo termine che
veniva da lontano, anche per i Greci, evidentemente sosia di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">feltro</i></b>,
diffuso un po’ dappertutto in Europa, andò a combaciare perfettamente con la
radice del verbo <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">philé-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ein </i>‘amare’ e dell’aggett<i style="mso-bidi-font-style: normal;">. </i>- sostant. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">phíl</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-os</i>’amico, amante, amorevole’.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Sicchè la parola non potè evitare di indicare la formula verbale <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e l’intruglio usato da fattucchiere per far
innamorare qualcuno, ma anche per farlo disinnamorare. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>In
ultimo, azzardo un’etimologia per la radice greca <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">phil- </b>(su cui nessuno mi ha illuminato finora) per <i style="mso-bidi-font-style: normal;">amico</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">amore</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">amare.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>Essa dovrebbe indicare una sorta di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">pressione</i> o <i style="mso-bidi-font-style: normal;">impressione </i>(come quella del <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>feltro</i></b>)
esercitata su qualcuno o ricevuta da qualcuno innamorato o semplicemente
amico.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Un volersi bene tra due persone
che desiderano <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">stare e stringersi insieme</i></b>, anche se a volte è uno solo ad amare. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-size: 18pt;">Avevo dimenticato il termine italiano </span><b style="font-size: 18pt;"><i>peltro</i></b><span style="font-size: 18pt;">
il quale designa una </span><i style="font-size: 18pt;">lega </i><span style="font-size: 18pt;">metallica
simile all’argento formata da stagno, rame, antimonio e piombo. Un bel numero
di ingredienti che formano un insieme simile concettualmente ad un</span><span style="font-size: 18pt;"> </span><span style="font-size: 18pt;">miscuglio.</span></p>
<p class="MsoNormal"><b><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"><b style="text-align: left;"><span style="font-size: 18.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></b> </span></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></b></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-7890013956444023642022-02-01T10:51:00.000+01:002022-02-01T10:51:04.498+01:00Ingenuità dei linguisti. Ma, Dio buono, fino a quando bisogna sopportarne l’asinina invadenza oscurantista?(scusatemi lo sbotto) <p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Per l’italiano <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tura</i> i vocabolari dove il lemma è presente danno più o meno <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>i seguenti significati: 1) ciò che cade quando
si vaglia il grano o altri cereali; 2) Massa di capelli grezzi, tagliati o
spontaneamente caduti, utilizzati per formare parrucche. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Il primo significato riporta il termine al verbo it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casc-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">are </i>’cadere’ e lo assimila in sostanza
al sostantivo it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casc-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ame</i>, il quale è
usato, solitamente al plurale, per indicare i residui della lavorazione della
carta, della stoffa, del legno o del metallo.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Siccome i fenomeni linguistici, come ho detto altrove, non avvengono a
caso, è legittimo chiedersi perché l’italiano <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tura, </i>ricorrente anche nei dialetti, indica invece solo il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">residuo della vagliatura</i>.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La risposta la esige anche l’abruzzese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tur</i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë </span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">‘vaglio di pelle’, presente nel
Vocabolario di Domenico Bielli.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Questo
significato ci fa capire che il significato precedente, e cioè ‘ciò che cade
dal vaglio’, non è quello originario del termine, perché, con tutta evidenza, esso
si è generato dall’incrocio col verbo <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casc</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are</i>: in altri termini il significato di ‘ciò che cade dal vaglio’
non è quello che il termine <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tura </i>doveva avere prima dell’incrocio col verbo<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">casc</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are </i>con cui non aveva nulla a che fare:
me lo garantisce il chiaro significato di ‘vaglio di pelle’ del dialetto
abruzzese. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Questo fatto, inoltre, dimostra chiaramente che i linguisti spesso abboccano
alle soluzioni etimologiche facili perché non sono convinti, come invece è il
sottoscritto,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che le radici dei termini
vanno molto in profondità e che di conseguenza si verifica spesso che i loro
significati, apparentemente chiari, nascondano invece valori originari a volte
del tutto diversi da quelli di superficie.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Sarebbe pertanto metodicamente proficuo dubitare sempre delle prime e
più facili soluzioni e cercare, nei dialetti, significati diversi delle radici
prese in considerazione, i quali in genere indicano direttamente l’oggetto
coinvolto, e cioè il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">vaglio</i> in questo
caso, e non il residuo della <i style="mso-bidi-font-style: normal;">vagliatura</i>,
significato acquisito strada facendo, come mostrerò.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Per una maggiore sicurezza delle soluzioni
etimologiche bisognerebbe conoscere il maggior numero di dialetti possibile, ma
ciò è molto arduo perché un povero cristo non può conoscere alla perfezione
tutte le parlate, diverse fra loro di poco o di molto, persino di paese in
paese. Resta comunque la necessità di fortemente dubitare delle etimologie date
di volta in volta. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il
secondo significato di it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tura </i>‘massa di capelli grezzi, tagliati o spontaneamente caduti,
per la formazione di parrucche’ comincia a rivelare qualche crepa, perché
saranno pochi i capelli spontaneamente caduti rispetto a quelli volontariamente
tagliati, e quindi è piuttosto forzato per esso l’etimo che lo accosta al verbo
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casc</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-are.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span></i>Urge quindi una nuova impostazione etimologica. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ora,
in siciliano si incontra la voce <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca </i></b>’cuscuta’<a href="file:///C:/Users/User/Documents/Ingenuit%C3%A0%20dei%20linguisti.docx#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a>
che ci può essere di molto aiuto. In che modo? La <i style="mso-bidi-font-style: normal;">cuscuta</i> è una piantina caratterizzata, ne suo pieno rigoglio, da un
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ammasso di fili</i> che avvolgono la
pianta di cui è parassita.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il concetto
di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">ammasso di fili </i>corrisponde
secondo me a quello di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">setaccio</i>, il
vaglio composto da un insieme di setole incrociate in modo da formare uno
stretto reticolo (successivamente sostituito da fili metallici sottili)
attraverso cui passavano le impurità dei cereali da pulire.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Si può pensare che già nel Neolitico l’uomo primitivo
usava ammassi di fili, stretti tra loro magari alla rinfusa, per filtrare acqua
e altri liquidi. Questa funzione poteva essere svolta anche da un pezzo di
stoffa, dopo che l’uomo imparò a tessere. Il termine <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">filtro</i></b>, infatti, di
origine germanica indicava un tipo di stoffa, il feltro.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ora
l’idea di “filtrare” può essere eguagliata a quella di “vagliare” e questa<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a quella di “secernere”, espressa dal lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cribr</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-u(m)</i> ‘setaccio, crivello’.
Ma…attenzione! Il lat. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">se-<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">cern</b>-ĕre </i>’secernere, dividere,
separare, distinguere’(da cui il suddetto lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cribr-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">um</i>) e il gr.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">krín</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ein</i> ‘giudicare’ potrebbero essere effetto di un incrocio con una
radice primitiva per ‘capello, crine, chioma, capigliatura’ presente nel lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">crin</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-e(m)</i>: lo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mostra con molta chiarezza, a mio avviso, il
sostantivo it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cernecchio</i>, </b>il quale ha tre significati, e cioè 1) ciocca
arruffata di capelli;2)setaccio, crivello;3) scriminatura.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il che è tutto dire, in quanto ribadisce la
stretta interdipendenza tra l’idea di “capello, capigliatura” e quella di
“setaccio, crivello” con l’appendice del significato di ‘scriminatura’ tratto
anch’esso dalla radice di lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cern-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ĕre </i>’separare, stacciare, distinguere, decidere, scorgere’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Insomma, l’azione di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">separare</i>, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">discernere </i>rimanda
sempre all’idea di “ammasso di capelli” e simili, il che rende chiaro come il
sole il rapporto tra i due significati principali di it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cernecchio </i></b>’ciocca di
capelli arruffata’ e ‘setaccio, crivello’ allo stesso identico modo del
sopracitato italiano-dialettale <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tura.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>Evidentemente dietro
il tardo lat.<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">cern</b>-icul-u(m) </i>‘setaccio, crivello’ doveva nascondersi una radice
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">cern-</b> oppure <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">cren- </b>variante di quella di lat.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> crin</b>-em ‘crine, capigliatura’, cosa che in genere i linguisti non
vedono o non accettano pur collegando (ma come?) i due significati tra
loro.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Un’altra precisazione importane e rivelatrice da fare riguarda il
significato di abruzzese <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-turë </i>’vaglio di pelle’ di cui sopra.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Perché la puntualizzazione ‘di pelle?’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Semplicemente perché la radice <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca-
</i></b>dovette incrociarsi con un termine per ‘pelle, copertura’ simile
all’ingl. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">husk</i></b> ‘guscio, buccia, involucro’ il quale è<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>messo in relazione col medio tedesco <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">hausken</i></b>
‘piccola casa’ o ‘piccola copertura’. Anche il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pell</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-e(m)</i> ‘pelle’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>è messo in
rapporto con una radice <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">pel- </b>che
indica<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"> </b>un <i style="mso-bidi-font-style: normal;">rivestimento o una buccia</i>.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Io suppongo che anche il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cas-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">a(m)</i> ‘casupola, capanna’ , considerato di etimo incerto o
mediterraneo sfrutti invece la stessa radice, come anche il lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cas</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-ul-a(m)</i> ‘casetta, capanna, tomba,
indumento col cappuccio e l’it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">cas</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-acca</i> legata invece dai linguisti i Cosacchi, cosa possibile ma non
certa.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Altre interessanti osservazioni potrebbero
essere fatte ma mi fermo qui. Una cosa è certa, quasi tutte le radici risalgono
molto indietro nella storia dell’uomo ed è compito del linguista <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>cercare
di individuarne l’origine e le diverse e talora contrapposte<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>significazioni che esse assumono nel corso
dei secoli e millenni, soprattutto attraverso l’incrocio con altre radici
simili nella forma. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>A
proposito di it. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">casca</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">-tura </i>si può citare
anche il gr. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">kόsk-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">in-on </i>‘staccio,
vaglio’ la cui radice mi sembra una variante della precedente. </span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></span></p>
<div style="mso-element: footnote-list;"><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/Ingenuit%C3%A0%20dei%20linguisti.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> Cfr.
Cortelazzo-Marcato<i style="mso-bidi-font-style: normal;">, I dialetti italiani</i>,
UTET Torino, 1998. <o:p></o:p></p>
</div>
</div>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-45284864659887673442021-12-11T15:44:00.002+01:002021-12-11T15:44:28.997+01:00Strëllà cumma n’asprë.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;">
</span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Strilla cumma n’aspr</i></b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
</span></i><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">si diceva ad
Aielli quando qualcuno gridava come un forsennato.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>L’espressione sembra strana, dato che essa
formalmente non è altro che l’it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">strilla
come un aspro</i>, il cui significato è però incongruente con quello dell’espressione
in lingua.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>L’aggettivo dialettale <i style="mso-bidi-font-style: normal;">asprë</i>, in effetti, ha più o meno gli
stessi significati di it. <i style="mso-bidi-font-style: normal;">aspro, </i>il
quale indica una ruvidezza nel tatto, nel gusto e anche nel suono. Ma intendere
la frase dialettale-italiana come se fosse ‘strilla come (una persona)
stridente’ mi pare ugualmente una forzatura.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il
problema si risolve bene, a mio parere, se solo si tiene presente tutta la
gamma dei significati di lat. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">asper-</i></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">u(m)</i> tra i quali c’è anche quello di ‘violento, selvaggio’ e
simili.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quindi la frase dialettale non
significa altro che ‘strilla come un (uomo) violento, furioso’ e quindi anche <i style="mso-bidi-font-style: normal;">forsennato</i>. </span><span style="font-size: 26.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-39502407977654506652021-12-06T17:30:00.005+01:002022-01-10T12:06:39.058+01:00Il maiale.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Credo che tutti gli etimologi sostengano che l’it. <b><i>maiale, </i></b>lat. <b> <i>maial</i></b><i>-e(m), </i>sia stato <i>forse</i>
così chiamato perché a Roma si era soliti, in genere il primo giorno di maggio,
sacrificare un <i>maiale </i>a <i>Maia</i>, dea della fecondità. Il nome,
insomma, deriverebbe da quello di <i>Maia</i>.
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Noi però sappiamo che i nomi non nascono in genere in questo modo perché
essi dovrebbero fare riferimento, invece, alla natura del referente e non agli
accidenti che possono riguardarlo. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Dico subito che non conosco il vero etimo della parola in questione, ma
mi preme comunque sottolineare alcuni fenomeni che la toccano e che illuminano
i fatti linguistici in genere, con la loro complessità.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Si narra, infatti, fin dall’antichità, che il primo di maggio, come ho
accennato or ora, si sacrificava a Maia un <i>maiale
</i>il quale, stando ad alcune delle fonti, doveva essere <i>castrato</i>, mentre secondo altre si trattava di <i>scrofa gravida, pregna</i>, significato contrapposto al precedente<i>. </i>Sono forse questi dei fatti casuali su
cui non vale la pena soffermarsi? Non credo, dato che essi possono essere
spiegati puntualmente.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Una scrofa <i>pregna</i>, infatti, è
appunto una maiala <i>gravida, grossa</i>:
due aggettivi i cui concetti possono essere espressi anche dal lat. <b><i>mag-</i></b><i>n-u(m) </i>‘grande, grosso, ecc.’ la cui
radice <b><i>mag</i></b><i>- </i>abbiamo visto (nell’art.
precedente intitolato <i>La maésa</i>)<i> </i>che si ritrova nel nome <b><i>Maia</i></b><*<i>Mag-ia, </i>e nel comparativo <b><i>ma-</i></b><i>ior-e(m) </i>’maggiore’ con la caduta della
velare /<b><i>g</i></b>/.<i> </i>E’ dunque questo il motivo per cui dietro
il termine <b><i>mai</i></b><i>-al-e(m)</i> è stato
visto, dagli antichi, non un semplice <i>maiale</i>
o <i>porco, </i>ma una maiala<i> grossa, </i>nel senso di<i> pregna. </i>Nel greco moderno la voce <b><i>magi</i></b></span><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">á</span></i></b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">, </span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">pronunciata <i>majà</i>, significa ‘lievito’, la sostanza che fa fermentare, crescere,
gonfiare la materia organica. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Nel
Vocabolario abruzzese di D. Bielli compare anche la voce <b><i>majà</i></b><i>tëchë </i>‘marchiano, grosso,
madornale’ detto di animali, ciliegie, errori che conferma evidentemente la
radice <b><i>maia</i></b><i>- < <b>mag-</b></i> . <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> E il
senso di <i>porco castrato</i>? Il fatto è che il lat. <b><i>maial</i></b><i>-e(m) </i>significa in genere proprio <i>porco castrato</i>. Ma perché questo avviene? Come mai al semplice significato di <i>porco</i> deve aggiungersi anche la qualità
dell’essere <i>castrato</i>? Anche in questo
caso è il dialetto che ce ne svela il motivo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> In
Abruzzo<a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftn1" name="_ftnref1" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></a>,
e anche in alcuni paesi della nostra Marsica come Trasacco<a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftn2" name="_ftnref2" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></a>,
ricorre la voce <b><i>majà</i></b>, <b><i>majjà </i></b>’castrare’. <i> </i>Ora, la cosa importante è notare, secondo
me, che questa voce molto probabilmente esisteva già, anche nel latino parlato,
ai tempi della nostra <i>Maia</i> e del
nostro <i>maial-e(m) </i>sicchè potè
avvenire l’incrocio che fornì a <i>maial-e(m)</i>anche
il significato di <i>castrato</i>: altrove
ho già ricordato che questi fenomeni erano già presenti nel latino classico.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Qualunque sia l’etimo di <b><i>majà</i></b>
‘castrare’, di cui comunque ho già parlato nell’articolo del mio blog <i>La gramola e i suoi vari nomi dialettali </i>(1
settembre 2012), resta il fatto che esso si è incrociato con il lat. <b><i>maial-</i></b><i>e(m)</i>: anche l’abr. <b><i>maial</i></b><i>-éschë, </i>infatti<i>, </i>ne ha
mantenuto intatto il significato di ‘scrofa castrata’ accanto a quello generico
di ‘maiala’. C’è anche da ricordare che
l’espressione usata in latino per indicare il porco sacrificato a Maia era <i>sus <b>Maialis</b></i><b> </b>intesa come ‘porco dedicato a Maia’ ma
in realtà essa, prima che si incrociasse col nome della dea, doveva indicare
proprio un ‘porco (<i>sus</i>) castrato (<b><i>m</i></b><i>aialis</i>, con la /<b><i>m</i></b>/ minuscola perché
inizialmente non riferita a <b><i>Maia</i></b>)’. E’ chiaro che un animale
castrato diventa <i>pingue</i> e <i> grasso </i>ma solitamente continua ad essere
designato come <i>castrato</i>. L’etimo
primo di lat. <b><i>maial</i></b><i>-e(m) </i>resta
comunque ignoto; esso potrebbe indicare solo il concetto di “animale”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> E
questo è quanto. In simili storie nulla è dovuto al caso, ma è semmai la nostra
ignoranza che ce lo fa credere. </span><sup><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></sup></p><p class="MsoNormal">
</p><div><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftnref1" name="_ftn1" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></a> Cfr. D.
Bielli<i>, Vocabolario abruzzese, </i>A.
Polla editore, Cerchio-AQ, 2004.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoFootnoteText"><i> <o:p></o:p></i></p>
</div>
<div id="ftn2">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftnref2" name="_ftn2" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></a> Cfr.Q.
Lucarelli<i>, Biabbà F-P, </i>Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq 2003. <o:p></o:p></p>
</div>
</div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Credo che tutti gli etimologi sostengano che l’it. <b><i>maiale, </i></b>lat. <b> <i>maial</i></b><i>-e(m), </i>sia stato <i>forse</i>
così chiamato perché a Roma si era soliti, in genere il primo giorno di maggio,
sacrificare un <i>maiale </i>a <i>Maia</i>, dea della fecondità. Il nome,
insomma, deriverebbe da quello di Maia. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Noi però sappiamo che i nomi non nascono in genere in questo modo perché
essi dovrebbero fare riferimento, invece, alla natura del referente e non agli
accidenti che possono riguardarlo. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Dico subito che non conosco il vero etimo della parola in questione, ma
mi preme comunque sottolineare alcuni fenomeni che la toccano e che illuminano
i fatti linguistici in genere con la loro complessità.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Si narra, infatti, fin dall’antichità, che il primo di maggio, come ho
accennato or ora, si sacrificava a Maia un <i>maiale
</i>il quale, stando ad alcune delle fonti, doveva essere <i>castrato</i>, mentre secondo altre si trattava di <i>scrofa gravida, pregna. </i>Sono forse questi dei fatti casuali su cui
non vale la pena soffermarsi? Non credo, dato che essi possono essere spiegati
puntualmente.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Una scrofa <i>pregna</i>, infatti, è
appunto una maiala <i>gravida, grossa</i>:
due aggettivi i cui concetti possono essere espressi anche dal lat. <b><i>mag-</i></b><i>n-u(m) </i>‘grande, grosso, ecc.’ la cui
radice <b><i>mag</i></b><i>- </i>abbiamo visto (nell’art.
precedente intitolato <i>La maésa</i>)<i> </i>che si ritrova nel nome <b><i>Maia</i></b><*<i>Mag-ia,</i>e nel comparativo <b><i>ma-</i></b><i>ior-e(m) </i>’maggiore’ con la caduta della
velare /<b><i>g</i></b>/.<i> </i>E’ dunque questo il motivo per cui dietro
il termine <b><i>mai</i></b><i>-al-e(m)</i> è stato
visto, dagli antichi, non un semplice <i>maiale</i>
o <i>porco, </i>ma una maiala<i> grossa, </i>nel senso di<i> pregna. </i>Nel greco moderno la voce <b><i>magi</i></b></span><b><i><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">á</span></i></b><i><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">, </span></i><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">pronunciata <i>majà</i>, significa ‘lievito’, la sostanza che fa fermentare, crescere,
gonfiare la materia organica. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> E il
senso di <i>porco castrato</i>? Il fatto è che il lat. <b><i>maial</i></b><i>-e(m) </i>significa in genere proprio <i>porco castrato</i>. Ma perché questo avviene? Come mai al semplice significato di <i>porco</i> deve aggiungersi anche la qualità
dell’essere <i>castrato</i>? Anche in questo
caso è il dialetto che ce ne svela il motivo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> In
Abruzzo<a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftn1" name="_ftnref1" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span face=""Calibri",sans-serif" style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></a>,
e anche in alcuni paesi della nostra Marsica come Trasacco<a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftn2" name="_ftnref2" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span face=""Calibri",sans-serif" style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></a>,
ricorre la voce <b><i>majà</i></b>, <b><i>majjà </i></b>’castrare’. <i> </i>Ora, la cosa importante è notare, secondo
me, che questa voce molto probabilmente esisteva già, anche nel latino parlato,
ai tempi della nostra <i>Maia</i> e del
nostro <i>maial-e(m) </i>sicchè potè
avvenire l’incrocio che fornì a <i>maial-e(m)</i>anche
il significato di <i>castrato</i>: altrove
ho già ricordato che questi fenomeni erano già presenti nel latino classico.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Qualunque sia l’etimo di <b><i>majà</i></b>
‘castrare’, di cui comunque ho già parlato nell’articolo del mio blog <i>La gramola e i suoi vari nomi dialettali </i>(1
settembre 2012), resta il fatto che esso
si è incrociato con il lat. <b><i>maial-</i></b><i>e(m)</i>: anche l’abr. <b><i>maial</i></b><i>-éschë, </i>infatti<i>, </i>ne ha
mantenuto intatto il significato di ‘scrofa castrata’ accanto a quello generico
di ‘maiala’. C’è anche da ricordare che
l’espressione usata in latino per indicare il porco sacrificato a Maia era <i>sus <b>Maialis</b></i><b> </b>intesa come ‘porco dedicato a Maia’ ma
in realtà essa, prima che si incrociasse col nome della dea, doveva indicare
proprio un ‘porco(<i>sus</i>) castrato (<b><i>m</i></b><i>aialis</i>, con la /<b><i>m</i></b>/ minuscola perché
inizialmente non riferita a <b><i>Maia</i></b>)’. E’ chiaro che un animale
castrato diventa <i>pingue</i> e <i> grasso </i>ma solitamente continua ad essere
designato come <i>castrato</i>. L’etimo
primo di lat. <b><i>maial</i></b><i>-e(m) </i>resta
comunque ignoto; esso potrebbe indicare solo il concetto di “animale”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> E
questo è quanto. In simili storie nulla è dovuto al caso, ma è semmai la nostra
ignoranza che ce lo fa credere. </span><sup><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></sup></p><p class="MsoNormal">
</p><div><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftnref1" name="_ftn1" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span face=""Calibri",sans-serif" style="font-size: 10pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></a> Cfr. D.
Bielli<i>, Vocabolario abruzzese, </i>A.
Polla editore, Cerchio-AQ, 2004.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoFootnoteText"><i> <o:p></o:p></i></p>
</div>
<div id="ftn2">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/Il%20maiale.docx#_ftnref2" name="_ftn2" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span face=""Calibri",sans-serif" style="font-size: 10pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></a> Cfr.Q.
Lucarelli<i>, Biabbà F-P, </i>Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq 2003. <o:p></o:p></p>
</div>
</div>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 24pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><div style="mso-element: footnote-list;"><div id="ftn2" style="mso-element: footnote;">
</div>
</div>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-67094759920817207832021-12-04T16:04:00.007+01:002021-12-05T19:02:20.913+01:00La maésa.<p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
La voce femminile aiellese <b><i>ma-</i></b><i>ésa </i>corrisponde al termine maschile (talora femminile) it. <b><i>magg</i></b><i>-ése, </i>il quale indica generalmente un terreno
messo a riposo per essere lavorato l’anno seguente, secondo una pratica
agricola antichissima che ristabiliva la fertilità di un campo divenuto poco
fecondo negli anni. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
La forma <b><i>ma</i></b><i>-ésa </i>si riscontra
anche nel dialetto di Luco dei Marsi<a href="file:///C:/Users/User/Documents/La%20ma%C3%A9sa.docx#_ftn1" name="_ftnref1" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></a> con la /<b><i>è</i></b>/
grave, in alternativa, però, alla forma <b><i>ma</i></b><i>-jèsa, </i>la più comune in Abruzzo, benché in genere con la /<b><i>é</i></b>/
acuta. In internet la voce <b><i>ma</i></b><i>-ésa </i>‘terreno
arato in attesa delle piogge’ è diffusa anche nelle Marche. <i> </i><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Ora, urge una importante precisazione: la forma in uso ad Aielli presume
senz’altro la velare, non la palatale, /<b><i>g</i></b>/ (come succede nella stessa voce del
nostro dialetto <b><i>Aéjj</i></b></span><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> ‘Aielli’
< lat. classico <b><i>Agell</i></b><i>-um </i>di cui ho
trattato altrove) presente in una forma *<b><i>mag-</i></b><i>ésa</i> immediatamente precedente
all’attuale, e pertanto in forte
contrasto con l’aggettivo latino <b><i>Mai</i></b><i>-u(m) </i>’di maggio’ da cui tutti i linguisti derivano l’it. <b><i>magg</i></b><i>-ese </i>di cui sopra, dando una spiegazione
che in effetti è poco convincente: la lavorazione del terreno avverrebbe nel
mese di maggio. Ma, come leggo, La forma classica del <i>maggese</i> prevede quattro lavorazioni del terreno (arature) che si
susseguono da marzo ad agosto, e possiedono profondità variabile: molto leggera
l'ultima e più profonde la prima e la terza.
Dopo queste lavorazioni tese a ripulire e preparare l’appezzamento, si
procede, verso ottobre-novembre, alla nuova aratura per la seminagione. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
A mio parere, quindi, il mese di <i>maggio</i> non c’entra nulla, come confermato d’altronde
dalla forma aiellese <b><i>ma</i></b><i>-ésa </i><*<b><i>mag</i></b><i>-ésa </i>che ci spinge a procedere
verso altra direzione. Quale?
Secondo me anche l’aggettivo e sostantivo lat. <b><i>Mai</i></b><i>-u(m) </i>‘di maggio’ o ‘mese di
maggio’ poteva avere in precedenza una velare, poi caduta, in una forma *<i>Ma<b>g</b>i-u(m). </i>Il mese di maggio era così chiamato
perché dedicato a <b><i>Maia</i></b>, divinità che a Roma rappresentava la fecondità in generale
e il risveglio della natura a primavera.
Ma allora non dovrebbero esserci dubbi! Il <i>maggese</i>, termine che certamente esisteva già nel latino parlato
nella forma *<b><i>mag</i></b><i>-ens-e(m</i>), o
simile, indicava il terreno sottoposto a questa pratica e la pratica stessa che
ne ristabiliva la <i>fertilità</i>
compromessa, naturalmente sotto la protezione della dea <b><i>Maia </i></b>come avveniva in
genere per ogni attività agricola, ciascuna legata a qualche divinità come ad esempio <b><i>Messor </i></b>, dio delle messi;
<b><i>Puta</i></b>,
dea della potatura; <b><i>Semo</i></b>, dio della semina. Una pratica importante come quella del <i>maggese </i>poteva svolgersi senza la
protezione di qualche divinità che, nel nome stesso, ne indicasse lo
scopo? Senz’altro no, giacchè secondo me
è valida l’equazione: <b><i>Maia</i></b></span><b><i><span style="font-size: 20.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><*Magia</span></i></b><b><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></i></b><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">(fertilità,
fecondità) <i>= <b>magg</b>-ese </i>(terreno reso fecondo, fertile –e pratica relativa). <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Nei nostri dialetti il significato di <b><i>ma</i></b><i>-ésa</i> e simili indica
genericamente il ‘terreno lavorato più o
meno in profondità’ (magari per dissodarlo),
nonché la ‘profondità, più o meno marcata, di qualsiasi aratura (ad
Aielli-Aq)’ senza riferimento alla pratica del <i>maggese. <o:p></o:p></i></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Così stando
le cose quale potrebbe essere il significato della radice <b><i>mag</i></b><i>- </i>all’origine di <b><i>magg</i></b><i>-ese </i>e di <b><i>Maia</i></b>? Essa dovrebbe essere la stessa
di lat. <b><i>mag-</i></b><i>n-u(m)</i> ‘grande,
numeroso, molto’. Nel comparativo di
maggioranza di questo aggettivo la velare /<b><i>g</i></b>/ cade ugualmente dinanzi alla
desinenza <i>–ior</i>:<i> </i>infatti si ha <b><i>ma</i></b><i>-ior</i> ‘maggiore, più grande’.
Ma un termine così antico da arrivare senz’altro al neolitico non
poteva, a mio avviso, non incrociarsi con altri termini simili nella
forma. Io penso che questa radice si sia
incrociata con quella dell’ingl. <b><i>magg</i></b><i>-ed </i>’logoro, consunto’ derivato probabilmente dall’ingl. dialett. <b><i>magg</i></b><i>-ed</i> ‘stanco, esausto’ considerato, del
resto, di origine ignota. Un terreno <i>esausto</i>,
<i>impoverito </i>è proprio quello su cui si
applica la pratica del <i>maggese</i> per la quale sono necessarie da
una parte la presenza di un terreno <i>sfruttato</i>,
<i>poco fertile</i>, dall’altra una serie di
lavorazioni che lo maggiorino, lo riportino alla fecondità perduta: qui si dà
il caso che le due radici, che indicano le due cose, combacino nella forma
eguale <b><i>mag</i></b><i>-</i> anche se il loro significato è in qualche modo opposto. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Chiudendo, ribadisco con forza che la voce <b><i>ma</i></b>-<i>ésa </i>del dialetto di Aielli e di altri mi costringe a constatare che
l’it. <i>maggese </i>non deriva il nome dal
mese di maggio, in latino<b> <i>Ma</i></b><i>-iu(m) </i>’maggio’, ma semmai dal nome della dea <b><i>Maia</i> </b>alla quale esso era dedicato, nome che aveva il
significato di ‘abbondanza, fecondità’, ed era collegato alla radice
indoeuropea di lat. <b><i>mag-</i></b><i>n-u(m)</i> ‘grande, numeroso, molto’. In somma l’it.<i> maggese </i>non scaturisce direttamente dala forma storica lat. <b><i>Ma</i></b><i>-iu(m)</i> ‘maggio’, ma da una precedente forma *<b><i>Mag</i></b><i>-iu(m) </i>anche se non attestata: l’aiellese <b><i>ma</i></b><i>-ésa </i>ne è in qualche modo una prova.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
C’è ancora da sfatare un altro dubbio, cioè che nella forma <b><i>maj</i></b><i>-ésa </i>la semivocale <i> </i>/<b><i>j</i></b>/ sia la continuazione
della semivocale /<b><i>i</i></b>/ di lat. <i>Ma-<b>i</b>u(m) </i>‘maggio’<i>. </i>Essa invece è dovuta alla
caduta della consonante velare /<b><i>g</i></b>/ che <i> </i>tra due vocali nei nostri
dialetti spesso scompare, come in <i>fr<b>àu</b>la </i>’fragola’ < lat. <i>fr<b>agu</b>l-a(m),
</i>oppure lascia per così dire un segno trasformandosi in /<i>j</i>/
come nella voce del dialetto cerchiese <b><i>Ajé</i></b><i>jj</i></span><i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë </span></i><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">’Aielli’ che ad Aielli suona invece, come
abbiamo detto, <b><i>Aé</i></b><i>jjë, </i>con la caduta
totale della velare. Molto istruttiva è
la voce abruzz. arcaica <i>p<b>ajé</b>së</i> ‘paese’ dal lat. <b><i>pag</i></b><i>-ens-e(m)</i> (cfr. lat. <b><i>pag</i></b><i>-um</i> ‘villaggio, paese’), la quale normalmente
si affianca all’altra <i>p<b>aé</b>së,</i>
in cui si ha la lenizione totale della velare /<b><i>g</i></b>/ come del resto nell’it.
<i>p<b>ae</b>se</i>.
Anche all’inizio di parola avvengono queste trasformazioni come in abruzz.<a href="file:///C:/Users/User/Documents/La%20ma%C3%A9sa.docx#_ftn2" name="_ftnref2" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></a>
<b><i>jè</i></b><i>nërë </i>’genero’, <b><i>jë</i></b><i>nèstrë </i>‘ginestra’, ecc. <i> </i> </span><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22.0pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
I dialetti smentiscono abbastanza di frequente le false supposizioni dei
linguisti. <o:p></o:p></span></p>
<div><!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/La%20ma%C3%A9sa.docx#_ftnref1" name="_ftn1" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></a> Cfr. G.
Proia, <i>La parlata di Luco dei MarsI</i>,
Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006.<o:p></o:p></p>
</div>
<div id="ftn2">
<p class="MsoFootnoteText"><a href="file:///C:/Users/User/Documents/La%20ma%C3%A9sa.docx#_ftnref2" name="_ftn2" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri",sans-serif; font-size: 10.0pt; line-height: 107%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span></a> Cfr. D.
Bielli, <i>Vocabolario abruzzese, </i>A.
Polla editore, Cerchio-Aq. 2004.<o:p></o:p></p>
</div>
</div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><div style="mso-element: footnote-list;"><div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
</div>
</div>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-20452056028251743192021-11-11T15:00:00.007+01:002021-11-16T15:17:50.016+01:00Ammizzë.<p> </p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Che peccato che una parola come l’aiellese <b><i>ammízzë </i></b>’agnello’ debba
essere condannata sicuramente all’estinzione!
Infatti la conoscono solo le persone anziane e, dato che la pastorizia
ha fatto la fine che sappiamo (ad Aielli c’è solo un semipastore con una trentina di pecore e capre, dedito
anche all’agricoltura) . Una parola
legata anima e corpo alla pastorizia, non potrà sopravvivere una volta mutate
radicalmente le condizioni economico-sociali che la tenevano in vita.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Io finora non ho avuto modo di incontrarla nei dialetti della Marsica e
d’Abruzzo: si tratterà di un <i>unicum</i>?
Forse sì e forse no, e mi piacerebbe pertanto sapere se qualcuno la
conosce. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Si
tratta del puro greco bucolico <b><i>amn</i></b><i>-ís, idos </i>‘agnella’ (che forse si usava anche per il maschile),
ampliamento del gr. <b><i>amn</i></b><i>-όs </i>‘agnello’ la
cui radice comunque è messa in relazione con quella dello stesso lat. <b><i>agn</i></b><i>-u(m)</i> ‘agnello’. L’aiellese <b><i>ammízzë</i></b> sembra essere proprio il nominativo <b><i>amn-</i></b><i>ís </i>incrociato col dialettale <b><i>ammízzë</i></b>
‘avvezzo, abituato’, partic. pass. del verbo <b><i> ammëzzà </i></b> ‘avvezzare, abituare’ derivato dalla prepos.
lat. <b><i>ad
</i></b>‘a, presso’ più lat. <b><i>viti-</i></b><i>um </i>’vizio’ da cui it. <i>vezzo</i>’abitudine’.
In dialetto ha dato la forma<i> a<b>mm</b>ezzà </i>sulla scia di termini come
lat. <b><i>invit</i></b><i>-are </i>diventato ‘<b><i>mmëtà</i></b><i> </i>’invitare’. Ma non è
escluso che la forma dialettale derivi direttamente dal tema dell’accusativo <b> <i>amn</i></b><i>-<b>íd</b>-a </i>’agnella’. Le parole greche nel mio dialetto sono
moltissime e non possono tutte risalire agli influssi del greco parlato in
città della Magna Grecia trattandosi spesso di parole non commerciali,
economiche, artistiche, ecc. come ho spiegato in altro articolo. Esse quindi
dovevano esistere da noi già da molto tempo prima. La forma <b><i>amn-</i></b><i>ís</i> o <b><i>amn-íd</i></b><i>-a</i> ‘agnello’ dovette rimanere intatta fino a quando non si incrociò nel
basso latino o nell’alto Medioevo con l’ <b><i>amm</i></b><i>-ìzze</i> di cui sopra.
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Lo svolgimento normale del termine <b><i>amn-</i></b><i>id-a</i> avrebbe dovuto dare prima un *<b><i>ann-</i></b><i>id-a</i> (con la normale assimilazione della /<b><i>m</i></b>/ alla /<b><i>n</i></b>/
successiva) e quindi un *<b><i>ann- id-</i></b><i>ja</i>>*<b><i>ann</i></b><i>-izza</i></span><span style="font-size: 18pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">>*</span><b><i><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ann</span></i></b><i><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">-izzë</span></i><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> per influsso del verbo del basso
latino *<i>ad-<b>viti</b>-are </i>’avvezzare’ di cui si è detto. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">
Nel dialetto napoletano la <i>carne <b>annecchia</b></i><b> </b>è la carne di vitello. Il
termine è fatto derivare dall’aggett. lat. <b><i>anni</i></b><i>-cul-u(m) </i>‘di un anno’ riferito al sottinteso <b><i>bov</i></b><i>-e(m) </i>’bue’. Io invece penso
che anche qui si doveva avere un originario *<b><i>amni</i></b><i>-cul-u(m)</i> ‘agnello’<i>, </i>femm<i>. *<b>amni</b>-cul-a(m)
</i>‘agnella’> <b><i>annécchia</i>. </b>Ma<b> </b>poteva derivare anche dal lat. <i><b>agni</b>-cul-a(m) '</i>agnellina'<b> </b>Il cambio di
significato da <i>agnello</i> a <i>vitello </i>si deve spiegare col fatto che spesso i nomi
di cuccioli sono uguali per più animali, come lat. <b><i>vit-</i></b><i>ul-u(m) </i>’vitello’ che poteva indicare anche il ‘cucciolo’ di
cavallo, di elefante, di balena, ecc.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span></i></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Per quello che posso non permetterò che questa
chicca di nome dialettale finisca per sempre nel dimenticatoio. Pubblico pertanto questo articoletto sul mio blog
(pietromaccallini.blogspot.com), anche se probabilmente ne ho già parlato in
altro articolo.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span><span style="font-size: 22pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 20pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1352588541877127450.post-70338868182936360322021-11-11T11:20:00.005+01:002021-11-23T13:24:36.251+01:00Originalità dell’articolo maschile singolare nel dialetto di Aielli. <p> </p><p class="MsoNormal"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Forse nemmeno gli aiellesi hanno mai notato il comportamento
dell’articolo maschile sing. nel loro dialetto, giacchè una lingua materna la
si parla automaticamente, senza la necessità
di starci a riflettere sopra.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">
Ora, il detto articolo presenta da noi quattro forme, cioè /<b><i>i</i></b>/,
/<b><i>l</i></b></span><b><i><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">ë</span></i></b><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">/, /<b><i>u</i></b>/, /<b><i>ju</i></b>/. Le ultime due sono in realtà intercambiabili
come in <b><i>u</i></b><i> cavàjjë</i> e <b><i>ju</i></b><i> cavàjjë </i>‘il cavallo’ oppure <b><i>u</i></b><i> trènë</i> e <b><i>ju</i></b><i> trènë</i> ‘il treno’. Le due varianti presuppongono un precedente *<b><i>lu </i></b>(lat.
<i>(il)<b>lum</b></i>
’quello’) con la perdita o la palatalizzazione della liquida /<i><b>l</b></i>/ iniziale.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> La
forma /<b><i>lë</i></b>/ (con la –<b><i>e</i></b>- cosiddetta muta) ricorre, pure in
altri dialetti, dinanzi a nomi neutri latini o sentiti tali come in <b><i>lë</i></b><i> panë</i> ‘il pane’: in latino si aveva, oltre al maschile <b><i>pan</i></b><i>-e(m)</i>, anche il neutro <b><i>pan</i></b><i>-e. </i>La
stessa cosa si verificava per il lat. neutro <b><i>vin-</i></b><i>u(m)</i> da noi diventato <b><i>lë</i></b><i> vinë</i> ‘il vino’, benché in latino si incontri anche una forma
maschile, in Petronio. Idem per il dialettale <b><i>lë</i></b><i> salë</i> che in latino era sia maschile che neutro.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> La
forma /<b><i>i</i></b>/, che nel nostro vernacolo indica stabilmente anche il
maschile plurale, quando viene impiegata per il singolare? Per quale motivo normalmente
(a parte i casi di <b><i>lĕ</i></b> maschile singolare visti in precedenza) si usa /<b><i>u</i></b>/
oppure /<b><i>ju</i></b>/ e in diversi altri casi si usa invece questo /<b><i>i</i></b>/? Il fenomeno si capisce bene tenendo presenti
gli articoli di alcuni nomi usati sia a Cerchio che ad Aielli, due paesi
vicinissimi. A Cerchio si dice, ad
esempio, <b><i>u </i></b><i>fumë</i> ‘il fumo’, <b><i>u </i></b><i>lupë</i> ‘il lupo’, <b><i>u</i></b><i> murë</i> ‘il muro’ mentre noi tassativamente in questi casi mutiamo
l’articolo /<i>u</i>/ (che come abbiamo
visto possediamo anche noi) nell’articolo /<b><i>i</i></b>/, cioè <b><i>i</i></b><i> fumë</i>, <b><i>i</i></b><i> lupë, <b>i</b> murë.
</i>L’unica riflessione che a mio avviso si può fare è che in questi
casi l’orecchio degli aiellesi, nel periodo di formazione dei dialetti, durante
il Medioevo, ha avvertito come cacofonica la ripetizione, in due sillabe
successive, dello stesso suono /<b><i>u</i></b>/
ed ha optato, per così dire, per la eufonica successione di /<b><i>i</i></b>/
e /<b><i>u</i></b>/,
considerato, d’altronde, che l’articolo maschile singolare /i/ già circolava
probabilmente nelle vicinanze, in altri dialetti come quello celanese. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> Il
fenomeno si estese probabilmente anche all’articolo maschile /<b><i>u</i></b>/
seguito da nomi con la sillaba iniziale in /<b><i>o</i></b>/, giacchè noi ad Aielli
diciamo <b><i>i </i></b><i>mondë </i>‘il monte’<i>, <b>i</b>
rospë</i> ‘il rospo’, <b><i>i</i></b><i>
pondë</i> ‘il ponte’ mentre a Cerchio dicono imperterriti <b><i>u</i></b><i> mondë, <b>u</b> rospë, <b>u</b> pondë. </i>Se la vocale della sillaba
inziale della parola è diversa da /<b><i>u</i></b>/ ed /<b><i>o</i></b>/ l’articolo maschile
singolare aiellese ridiventa normalmente /<b><i>u</i></b>/ o /<b><i>ju</i></b>/: <b><i>u</i></b><i> canë</i> ‘il cane’, <b><i>u</i></b><i>
ràspë</i> ‘il graspo’, <i>u mérlë</i> ‘il
merlo’, <b><i>u</i></b><i> cítërë </i>(oppure <i>cítëlë</i>) ‘bambino in fasce’. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"> </span></i><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Ci sarebbe da dire ancora qualche altra cosa,
ma mi fermo qui sperando di soddisfare almeno la curiosità di qualcuno.</span><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 16pt; line-height: 107%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>Pietro Maccallinihttp://www.blogger.com/profile/06828591896917358891noreply@blogger.com0