martedì 9 giugno 2020

Il canto del cigno



E’ noto quasi a tutti, credo, il detto secondo cui il cigno, bellissimo uccello bianco degli anatidi, produce un canto melodiosissimo quando avverte che la morte si avvicina.  Credenza che si ritrova già in Grecia, all’origine della civiltà occidentale.  Metaforicamente il canto del cigno indica l’ultimo capolavoro di un musicista, scrittore, pittore composto prima dell’arrivo della sua scomparsa.

   Fu però già Plinio il Vecchio (I sec. d. C.), nella Naturalis Historia, a smentire quanto la leggenda, ormai sulla bocca di tutti, affermava, ritenendola falsa.  Ma nonostante ciò, essa continuò naturalmente a vivere, nell’uso comune delle lingue, almeno quelle europee. Il cycnus olor, detto anche cigno muto, addirittura emette raramente suoni simili a sibili, schiocchi, soffi, ma anche le altre specie non sono particolarmente loquaci, tranne magari quando si sentono minacciate.  Il problema quindi è quello di cercare di capire come una simile leggenda sul canto del cigno alla fine della vita possa essere nata.

   In greco il termine per ‘cigno’ era kýkn-os la cui radice ho inserita, nell’articolo precedente Il picchio e altri volatili, tra quelle di gr. kikk-όs ‘gallo’, lat. cuc-ul-u(m) ‘cuculo’, lat. cic-oni-a(m) e diverse altre, da considerare non onomatopeiche. E’ chiaro, da quello che ho mostrato nel suddetto articolo, che sono le leggende e le storielle ad originarsi dai nomi di questi animali e non il contrario, cioè la supposizione che esse abbiano generato i nomi, errore gravissimo.  Una parola come kýkn-os (ma del resto anche le altre), una volta entrata nel giro della mitologia, era destinata a diventare il centro di attrazione di molte altre parole che, insieme, andavano a costituire una rete le cui maglie  collegavano diversi episodi mitici, come quello che lo voleva uccello sacro ad Apollo, dio del sole. La radice infatti richiama ant. ind. çuci-h ‘che brilla, bianco’, con cui evidentemente si incrociò in tempi remoti della storia della lingua. Nella mitologia inoltre Kýkn-os era addirittura il figlio di Apollo, o anche re dei Liguri, molto amico del figlio di Elio (Sole), Fetonte, nome che significa ‘brillante’. Ma perché mai questo presunto re doveva essere dei Liguri? A mio avviso, il nome di Liguri, dato dai greci a quel popolo, si era incrociato con termini religiosi antichissimi come Apollo Licorio, gr. Lyk-ōréus dal nome di un villaggio del Parnaso, dove il dio era venerato. La prima componente Lyk- è quella di lat. luc-e(m) ‘luce’ e di gr. leuk-όs ‘bianco, chiaro, lucente’.  E’ tutta un’orgia di termini dal significato di ‘luce, sole’, i quali si attraggono vicendevolmente nella genesi di questo mito, come avviene solitamente. E’ tutta un’orgia di termini dal significato di ‘luce, sole’.

    Che il cigno potesse farsi accreditare come ‘uccello canterino’ benchè non lo fosse affatto, è confermato dalla somiglianza con la radice cuccu, cocco presente già in greco, la quale esprime un suono attribuito spesso ad uccelli, come il lat.  cuc-ul-u(m). In greco abbiamo infatti kόkk-yks ‘cuculo’, kokk-ýz-ein ‘gridare, cantare, fare cuccù (del cuculo), fare chicchirichì (del gallo)’, kōký-ein ‘lamentarsi, piangere’.
 

.  Ma perché sarebbe diventato canoro in modo eccelso proprio in prossimità della  morte?   Semplicemente perché in greco il suo nome andò ad incrociarsi con una parola plur. koký-ai ‘nonni, antenati’ che secondo me persiste nell’espressione italiana vecchio come il cucco , detto anche di cose antichissime. L’espressione si sarà anche incrociata con l’altra vecchio bacucco ‘vecchio rimbecillito’ proveniente forse dal nome del vecchio profeta biblico Abacuc. 

    Nel medio irlandese il cigno suona gall, la cui etimologia viene erroneamente ricondotta, ad esempio, alla radice di ingl. call ‘chiamare, gridare’, sempre perché si è abbagliati dalla leggenda del cigno canterino.  La radice gall/call è stata esaminata abbondantemente nell’ articolo di ieri Il picchio e altri volatili  (6 giugno 2020) e in quello intitolato L’urogallo e l’aurora. Come la lingua inganna i suoi utenti (23 maggio 2020). 

  Di conseguenza considerare la radice di ingl. swan ‘cigno’ copia di ant. ingl. ge-swin ‘melodia, canzone’ o di lat. son-u(m) ‘suono’ < *swen,  mi pare azzardato.  Perché io invece suppongo la somiglianza non solo formale ma anche sostanziale con lat. su-in-u(m) ‘maiale’, ted. Schwein ‘porco, maiale’: il punto d’incontro sarebbe da individuare nel significato generico di ‘animale’, che io intravedo dietro i vari nomi di animali. 
 
   C’è un’espressione familiare tedesca molto interessante al riguardo.  Essa è kein…Schwein   ‘non un’anima viva’. Ad esempio la frase tedesca es gibt kein-es Schwein significa ‘non c’è anima viva’ o ‘non c’è nessuno’, ma letteral.  ‘non c’è nessun porco’, cosa stranissima.  Esiste comunque un’altra possibilità, seppure in linea teorica, e cioè che l’espressione tedesca ripeta il cliché dell’italiano nessuno < *n(e) ips(e) un-us, composto dalla particella negativa lat. ne + pronome determinativo ipse ‘stesso’ + numerale un-us ‘uno’. Ipse ’stesso, medesimo’ poteva significare anche persino, proprio: un rafforzativo del nome cui si riferiva. Questo nessuno siamo abituati a considerarlo un prodotto del tardo latino volgare, ma poteva benissimo essere venuto da molto lontano, magari più lontano delle forme canoniche latine, pron. nemo ‘nessuno’< *ne-homo ’non un uomo’ , aggett. lat. null-us ‘nessuno’ (nelle frasi negative ull-us ‘qualcuno’).  Ora,  l’espressione tedesca in questione potrebbe essersi formata da una locuzione  originaria germanica, poi scomparsa (o, meglio, nascosta sotto l'espressione suddetta), *kein-er, (i)ps(e) ein ‘nessuno, nemmeno uno’. Dico ‘nemmeno’ al posto di ‘proprio, persino’ perché la frase è negativa, e in tedesco come in inglese due negative affermano.  Ora, nel contesto, l’ipse è diventato ps- seguito da -ein ‘uno’, cioè *psein > *se-ein molto simile alla radice di   lat. su-in-u(m) ‘maiale’ divenuto in ted. Schw-ein ‘maiale’. Così, per etimologia popolare, la frase sarebbe diventata kein…Schwein ‘nessun porco’ al posto del semplice ‘nessuno, nemmeno uno’.  La radice se- si riscontra, dai linguisti, anche nell’ingl. self ‘stesso’, ted. selb-er ‘stesso’ ed è ricondotta alla radice indoeuropea *s(w)e- coincidente col lat. su-u(m) ‘suo, proprio’. 

   Che il ted. Schwein ‘porco’ qui significa ‘animale, animaletto’ me lo suggerisce il sosia ingl. swine ‘porco’, nel composto swine-pipe ‘turdus musicus’ detto anche ‘turdus sassello’.  Letteralmente il composto significa ‘piffero del porco’(definizione strampalata), ma in realtà le due componenti dovevano essere tautologiche; la prima alludeva in genere al concetto di “animale”, la seconda non era esattamente equivalente a ‘piffero’ ma aveva la stessa radice di lat. pipi-on-e(m) ‘piccione’.  Ingl. sw-ine ‘porco’ è molto vicino, secondo me, a gr. spín-os, un uccellino non identificabile, ma probabilmente della famiglia dei fringuelli.  A questo punto mi vengono in mente gli ingl. swine’s feathers o swine’s pikes, così detti perchè simili a baionette da applicare nei moschetti o a spiedi da fissare sul terreno per ostacolare la cavalleria, e non perché essi servissero all’origine per cacciare i cinghiali  (swine-) come pensano i linguisti.  Il significato letterale è ‘penne (feathers) del maiale, picche (pikes) del maiale’.  Il termine swine ‘porco’ è solo la copertura di un precedente vocabolo per ‘punta, spiedo, spino’.  Il nome porco-spino, cioè l’istrice, lo lascio da pelare a dovere a chi ormai è addentro a questa tecnica esplicativa, ma la cosa potrebbe essere più difficile di quanto sembra. Buona fortuna!

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