sabato 11 settembre 2021

Ancora lucciole (4).

 

    Ad Antrosano-Aq la lucciola è chiamata luci-penta mentre a Sant’Elpidio-Ri, non lontano dalla Marsica, essa porta il nome di cuccia-penta. A San Pelino-Aq è chiamata luci-vennola il cui secondo membro discende chiaramente da un precedente vent-ola, vend-ola variante di –penta. 

    Io suppongo che questi nomi abbiano molto in comune col celtico vindo ‘bianco, bello, biondo, sacro’, col dio Vintius Pollux  venerato nelle regioni ad ovest del fiume Loira in Francia, e con Bendis, dea lunare traco-frigia.

     Ad Ovindoli-Aq si ha il nome marìa per la lucciola, la quale rimanda alla grande dea della luna chiamata in Asia Minore Ay-Mari (cfr. turco ay 'luna'), Mari-an, Mari-anne, Mari-enne, Mir-ina, nonché al primo membro di ted. Marien-glas ‘mica’, minerale lucente. La radice è presente nel celtico, germanico, greco e latino mer-u(m) ‘mero, puro, schietto’.  In greco si ha il verbo mar-maír-ein ‘brillare, splendere’ con radice raddoppiata.

      Ora, tutte queste connessioni e sovrapposizioni che a non pochi sembreranno forse improbabili, imprecise, varroniane, credo che abbiano, invece, al di là di ogni formalismo teorico, una tale forza di concretezza e verità che con può essere passata sotto silenzio.   Le parole usate dagli uomini sono, a mio avviso, come particelle pulviscolari di una nube gigantesca, le quali continuamente si agitano, trasaliscono e trascolorano a seconda dei sistemi linguistici entro cui vengono a trovarsi fin dai tempi più remoti, perdendo il contatto con le molte particelle-sosia finite all’interno di altre lingue: non se ne può capire la natura e il significato profondo fermandole e ritagliando per esse dei significati, per quanto ampi, sempre più o meno specifici e limitati a questa o quella lingua, a questo o quello strato. Il significato di fondo è, secondo me, uguale per tutte; di conseguenza, anche il loro aspetto formale (il significante) per il quale spesso si incrociano le spade dei linguisti, perde molto della sua importanza perché, detto con tutta semplicità, l’uno vale l’altro, l’uno è variante dell’altro.  Se non si capisce, per esempio, che il gr. astr-agal-ȋnos ‘cardellino’ (ma non perché l’uccello abbia gli stessi colori della pianta corrispondente) è la stessa cosa, con i primi due membri invertiti, di ant. tedesco agal-astra ‘uccello crocidante’ (incrociatosi con la radice gall ‘suono’) non si faranno, a mio avviso, grandi passi in avanti in linguistica. 


    


 

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