sabato 16 gennaio 2021

Con la coda dell'occhio.


    

 

    Mi pare di non aver mai ben riflettuto sull'espressione "seguire (guardare) con la coda dell'occhio" di cui tutti, credo, conoscono il significato: guardare non direttamente ma lateralmente e, talvolta, come per non farsene accorgere, facendo finta di non vedere. Ora, secondo me, non esiste espressione metaforica più infelice di questa, in cui si adoperi la parola "coda" con significato figurato. La "coda" va a pennello per indicare, ad esempio, la parte estrema di una fila di persone o la fila stessa, le ultime carrozze di un treno, l’estremità posteriore di un aereo o la fine di un discorso, le conseguenze di un'azione, ecc. La "coda" di un occhio, sinceramente, mi pare almeno un uso improprio della parola. Penso, pertanto, che l'espressione sia il risultato finale di un'altra che aveva però un significato opposto, quello di guardare con occhio "cauto", cioè attento. L'agg. "cauto" viene dal lat. caut-u(m), dal verbo cav-ere 'far attenzione, guardarsi, ecc.'. Esso avrà messo in moto, già nel latino parlato, l'operazione metaforica favorita dalla somiglianza tra l'agg. caut-um ’cauto’ e la parola lat. caud-am 'coda', per cui "con cauto occhio (lat. cauto oculo)" si trasformò in " con la coda dell'occhio (lat. caudā oculi)". La lingua approfitta sempre di situazioni adatte a produrre significati particolari da altri precedenti, anche opposti. Tutte le volte che può non si sforza di creare ex novo ma comodamente ricicla il materiale preesistente. Viva la Lingua riciclona!

    Un'altra possibilità, forse quella giusta (perché più semplice e diretta) è che la parola "coda" ricicli un precedente termine kut 'angolo' di origine serbo-croata, variante di slavo katu'angolo' , e indichi l'angolo dell'occhio, appunto, formato dalle due palpebre. Infatti nelle lingue che in qualche modo conosco si insiste sull' "angolo" dell'occhio. In ingl. la frase suona: to look out of the corner of one's eye; in tedesco si ha : aus dem Augenwinkel schauen; in francese: regarder du coin de l'oeil. Anche in portoghese e in greco moderno compaiono termini per “angolo”. Direi, pertanto, che anche l'italiano, a voce di popolo, per così dire, dové usare una simile parola, che però ebbe la disavventura di incrociarsi con l'inopportuna "coda".

    Ma ora che ci penso bene, la soluzione finale potrebbe essere ancora più semplice e diretta, e quindi più vera. La parola coin'angolo' della locuzione francese precedente, viene dal lat. cune-u(m) 'cuneo, triangolo, figura triangolare': esso infatti è una "punta" a sezione triangolare. L'ingl. corner 'angolo' richiama il lat. cornu'corno, punta, rigonfiamento'. Allora c'è da fare la considerazione che il significato originario di lat. caud-a(m) 'coda, membro virile' dovesse per forza essere quello di 'protuberanza, sporgenza, prominenza', significato generale che comprendeva gli altri due specializzati di 'coda' e 'punta': quest'ultimo diede anche quello di 'membro virile'. La stessa cosa ritorna nel ted. Schwanz'coda' ma anche 'membro virile', nello spagn. rabo ‘coda’ ma anche ‘membro virile’, e in altre lingue. Allora si capisce meglio anche l’espressione spagnola mirar con el rabillo del ojo ‘guardare con la coda dell’occhio’ in cui rabillo più che ‘codino’ doveva significare all’inizio ‘punta, angolo’. Stando così le cose non ci sarebbe stato bisogno nemmeno dell'incrocio di lat. caud-a(m) 'coda' con il serbo croato kut 'angolo' o slavo katu 'angolo' per dar vita al significato di 'angolo (dell'occhio)' essendo ben sufficiente il lat. caud-a(m) da solo a generarlo, ma non come valore figurato di coda bensì come significato originario di lat. caud-a(m).-a(m). In questo caso, però, bisogna supporre che l'espressione "guardare con la coda dell'occhio" fosse già viva nel latino parlato, benchè il suo significato di ‘membro virile’, e quindi ‘punta’, si sia trascinato anche nell’it. coda usato, sia pur raramente, con tale significato (v. vocab. De Mauro). Il latino classico usava l'espressione "spectare limis oculis" cioè 'guardare con occhi obliqui'. In greco antico kanth-όs valeva ‘angolo dell’occhio, occhio’ ma anche ‘cerchione (di una ruota)’. I due significati sembrano essere inconciliabili, ma in realtà fanno capo entrambi ad un‘idea di “curva” la quale poteva avere anche una forma alquanto appuntita e trapassare così, facilmente, all’idea di “spigolo, angolo, punta’: oh, meravigliosa iridescenza dei significati! Anche il bulbo dell’occhio può rientrare nel concetto di “curva, rotondità”. In latino si ebbe, come calco dal greco, canth-um ‘cerchione della ruota, ruota’, ma in portoghese canto significa ‘angolo’ senza riferimento obbligato all’occhio. In italiano abbiamo cantocantone ‘angolo di una stanza, edificio’. In greco moderno sarà andato perduto il kanth-όs ‘angolo dell’occhio’ del greco antico e si ha il generico gōni ‘angolo’, il quale esisteva anche nell’antico, con l’accento ritratto sulla –i-, cioè gōní-a angolo, canto’, termine che nella Bibbia dei Settanta appare col significato di ‘capo, principe’: come mai? Non si tratta di incrocio con altra radice, ma sempre della stessa radice che, col significato di ‘angolo’, poteva passare ad indicare anche una ‘punta’, sia in senso proprio che metaforico. In greco moderno angolo dell’occhio si traduce gōniá (angolo) tou matioú (occhio). Credo sia opportuno introdurre anche il grkṓn-os ‘cono, pino’ che ha tutta l’aria di una variante originaria, in velare sorda, dell’altra radice. Anche in questo caso il termine maschile ho kṓn-os il cono’ non è metafora dell’altro femminile  kṓn-os ‘il pino’, o viceversa, ma ambedue sono tributari del significato di ‘protuberanza, punta’ che contengono al loro interno, prima delle relative specializzazioni, sebbene lo schema del cono sia uguale a quello della chioma del pino.

    Questo articoletto mi pare molto interessante perchè evidenzia la mia marcia di avvicinamento graduale, con relativo aggiustamento del tiro, alla soluzione finale, la quale elimina stupendamente le precedenti due supposizioni meno dirette, in quanto cercavano la soluzione fuori del termine caud-a(m) 'coda' mentre essa se ne stava ben nascosta sotto il termine stesso. Che caud-a(m) significasse originariamente 'punta' è in qualche modo confermato anche dallo stesso termine latino caut-e(m) 'scoglio', quasi omofono, che in fondo deve essere considerato una sua variante, dato il probabile significato originario di 'punta'. Significato che va soggetto anch’esso a specializzazioni, prestandosi ad indicare sia la parte estrema di un oggetto più o meno sottile, sia l’intero oggetto. Ad Aielli-Aq, il mio paese, la cote era chiamata coda ed aveva sempre il profilo uguale a quello di due triangoli isosceli uniti per la base. In latino cot-e(m) ‘cote’ significava anche ‘scoglio’ e quindi era variante del sopracitato lat. caut-e(m) ‘scoglio’.

   Tutto questo girovagare in cerca della vera soluzione è dovuto al fatto che per noi poveri uomini di oggi la coda è principalmente la parte estrema del corpo di un animale (un quadrupede, ad esempio), il quale ha una testa e una coda, appunto. Mentre all’origine coda valeva solo ‘estremità, punta, protuberanza’ senza riferimento alcuno ad un corpo d’animale, e avrebbe potuto significare anche ‘testa’ se la Lingua avesse voluto fare questa scelta.



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Mi pare di non aver mai ben riflettuto sull'espressione "seguire (guardare) con la coda dell'occhio" di cui tutti, credo, conoscono il significato: guardare non direttamente ma lateralmente e, talvolta, come per non farsene accorgere, facendo finta di non vedere. Ora, secondo me, non esiste espressione metaforica più infelice di questa, in cui si adoperi la parola "coda" con significato figurato. La "coda" va a pennello per indicare, ad esempio, la parte estrema di una fila di persone  o la fila stessa, le ultime carrozze di un treno, l’estremità posteriore di un aereo o la fine di un discorso, le conseguenze di un'azione, ecc. La "coda" di un occhio, sinceramente, mi pare almeno un uso improprio della parola. Penso, pertanto, che l'espressione sia il risultato finale di un'altra che aveva però un significato opposto, quello di guardare con occhio "cauto", cioè attento. L'agg. "cauto" viene dal lat. caut-u(m), dal verbo cav-ere 'far attenzione, guardarsi, ecc.'. Esso avrà messo in moto, già nel latino parlato, l'operazione metaforica favorita dalla somiglianza tra l'agg. caut-um ’cauto’ e la parola lat. caud-am 'coda', per cui "con cauto occhio (lat. cauto oculo)" si trasformò in " con la coda dell'occhio (lat. caudā oculi)". La lingua approfitta sempre di situazioni adatte a produrre significati particolari da altri precedenti, anche opposti. Tutte le volte che può non si sforza di creare ex novo ma comodamente ricicla il materiale preesistente. Viva la Lingua riciclona!

 

   Un'altra possibilità, forse quella giusta (perché più semplice e diretta) è che la parola "coda" ricicli un precedente termine kut 'angolo' di origine serbo-croata, variante di slavo katu 'angolo' , e indichi l'angolo dell'occhio, appunto, formato dalle due palpebre. Infatti nelle lingue che in qualche modo conosco si insiste sull' "angolo" dell'occhio. In ingl. la frase suona: to look out of the corner of one's eye; in tedesco si ha : aus dem Augenwinkel schauen; in francese: regarder du coin de l'oeil. Anche in portoghese e in greco moderno compaiono termini per “angolo”. Direi, pertanto, che anche l'italiano, a voce di popolo, per così dire, dové usare una simile parola, che però ebbe la disavventura di incrociarsi con l'inopportuna "coda".

    Ma ora che ci penso bene, la soluzione finale potrebbe essere ancora più semplice e diretta, e quindi più vera. La parola coin 'angolo' della locuzione francese precedente, viene dal lat. cune-u(m) 'cuneo, triangolo, figura triangolare': esso infatti è una "punta" a sezione triangolare. L'ingl. corner 'angolo' richiama il lat. cornu 'corno, punta, rigonfiamento'. Allora c'è da fare la considerazione  che il significato originario di lat. caud-a(m) 'coda, membro virile' dovesse per forza essere quello di 'protuberanza, sporgenza, prominenza', significato generale che comprendeva gli altri due specializzati di 'coda' e 'punta': quest'ultimo diede anche quello di 'membro virile'. La stessa cosa ritorna nel ted. Schwanz 'coda' ma anche 'membro virile', nello spagn. rabo ‘coda’ ma anche ‘membro virile’, e in altre lingue. Allora si capisce meglio anche l’espressione spagnola mirar con el rabillo del ojo ‘guardare con la coda dell’occhio’ in cui rabillo più che ‘codino’ doveva significare all’inizio ‘punta, angolo’. Stando così le cose non ci sarebbe stato bisogno nemmeno dell'incrocio di   lat. caud-a(m) 'coda' con il serbo croato kut 'angolo' o slavo katu 'angolo' per dar vita al significato di 'angolo (dell'occhio)' essendo ben sufficiente il lat. caud-a(m) da solo a generarlo, ma non come valore figurato di coda bensì come significato originario di lat. caud-a(m). In questo caso, però, bisogna supporre che l'espressione "guardare con la coda dell'occhio" fosse già viva nel latino parlato, benchè il suo significato di ‘membro virile’, e quindi ‘punta’, si sia trascinato anche nell’it. coda usato, sia pur raramente, con tale significato (v. vocab. De Mauro). Il latino classico usava l'espressione "spectare limis oculis" cioè 'guardare con occhi obliqui'. In greco antico kanth-όs valeva ‘angolo dell’occhio, occhio’ ma anche ‘cerchione (di una ruota)’.  I due significati sembrano essere inconciliabili, ma in realtà fanno capo entrambi ad un‘idea di “curva” la quale poteva avere anche una forma alquanto appuntita e trapassare così, facilmente, all’idea di “spigolo, angolo, punta’: oh, meravigliosa iridescenza dei significati! Anche il bulbo dell’occhio può rientrare nel concetto di “curva, rotondità”.  In latino si ebbe, come calco dal greco, canth-um ‘cerchione della ruota, ruota’, ma in portoghese canto significa ‘angolo’ senza riferimento obbligato all’occhio. In italiano abbiamo canto, cantone ‘angolo di una stanza, edificio’. In greco moderno sarà andato perduto il kanth-όs ‘angolo dell’occhio’ del greco antico e si ha il generico gōni-á ‘angolo’, il quale esisteva anche nell’antico, con l’accento ritratto sulla –i-, cioè gōní-a  angolo, canto’, termine che nella Bibbia dei Settanta appare col significato di ‘capo, principe’: come mai? Non si tratta di incrocio con altra radice, ma sempre della stessa radice che, col significato di ‘angolo’, poteva passare ad indicare anche una ‘punta’,  sia in senso proprio che metaforico. In greco moderno angolo dell’occhio si traduce gōniá (angolo)  tou matioú (occhio). Credo sia opportuno introdurre anche il gr. kṓn-os ‘cono, pino’ che ha tutta l’aria di una variante originaria, in velare sorda, dell’altra radice. Anche in questo caso il termine maschile ho kṓn-os il cono’ non è metafora dell’altro femminile kṓn-osil pino’, o viceversa, ma ambedue sono tributari del significato di ‘protuberanza, punta’ che contengono al loro interno, prima delle relative specializzazioni, sebbene lo schema del cono sia uguale a quello della chioma del pino.

    Questo articoletto mi pare molto interessante perchè evidenzia la mia marcia di avvicinamento graduale, con relativo aggiustamento del tiro, alla soluzione finale, la quale elimina stupendamente le precedenti due supposizioni meno dirette, in quanto cercavano la soluzione fuori del termine caud-a(m) 'coda' mentre essa se ne stava ben nascosta sotto il termine stesso. Che caud-a(m) significasse originariamente 'punta' è in qualche modo confermato anche dallo stesso termine latino caut-e(m) 'scoglio', quasi omofono, che in fondo deve essere considerato una sua variante, dato il probabile significato originario di 'punta'. Significato che va soggetto anch’esso a specializzazioni, prestandosi ad indicare sia la parte estrema di un oggetto più o meno sottile, sia l’intero oggetto. Ad Aielli-Aq, il mio paese, la cote era chiamata coda ed aveva sempre il profilo uguale a quello di due triangoli isosceli uniti per la base. In latino cot-e(m) ‘cote’ significava anche ‘scoglio’ e quindi era variante del sopracitato lat. caut-e(m) ‘scoglio’.

    Tutto questo girovagare in cerca della vera soluzione è dovuto al fatto che per noi poveri uomini di oggi la coda è principalmente la parte estrema del corpo di un animale (un quadrupede, ad esempio), il quale ha una testa e una coda, appunto. Mentre all’origine coda valeva solo ‘estremità, punta, protuberanza’ senza riferimento alcuno ad un corpo d’animale, e avrebbe potuto significare anche ‘testa’ se la Lingua avesse voluto fare questa scelta.  


 





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