venerdì 7 maggio 2021

Banditore.

 


 

Il termine bandi-tore sarebbe un sostantivo derivato dall’infinito  band-ire e indicante la persona che compie l’azione espressa dal verbo.  Il quale, secondo gli etimologi, risalirebbe ad un supposto gotico *bandwj-an ‘fare un segno’, verbo denominale dal sostantivo got. bandwa ’segno’, da cui l’it. bando.

     A me francamente questa derivazione pare un po’ artificiosa, soprattutto perché bandire in italiano presenta significati che mal si connettono con quello di ‘segno, segnale’.  Un segnale sarebbe dunque il bando emesso dalle autorità medioevali e diffuso dal banditore? Un altro segnale sarebbe l’annuncio, ad esempio, di un concorso e la sua diffusione attraverso i mezzi di comunicazione? Certo, in termini linguistici moderni la parola e la sua comunicazione sono un segno ma non possiamo pretendere di attribuire questa forma raffinata di conoscenza a chi in antico cominciò ad usare le parole di cui è questione.

     In effetti il bandi-tore dovrebbe indicare, a rigor di termine, non la persona che diffonde materialmente un bando ma quella che fa, compila, emette il bando: insomma, nel caso dei signori medioevali, dovrebbe designare il signore stesso che compie l’azione di bandire.  Tutti i sostantivi italiani in –tore si spiegano in questo modo, come ad esempio, il termine illustra-tore, che indica la persona che illustra, illumina qualcosa e non quella che propala ad altri queste illustrazioni; o come la parola costrut-tore, che designa chi costruisce qualcosa, non colui che, ad esempio, ne diffonde la notizia ad altri o porta addirittura al mercato l’oggetto costruito per venderlo. Comunque si insisterà nel dire che il verbo bandire aveva assunto il significato di diffondere, far conoscere al pubblico  un bando oltre a quello di fare, indire un bando e la questione sembra risolversi, ma non tanto, perché attualmente bandire non ha esattamente quel significato ma, semmai, quello più generico di divulgare, diffondere, e non necessariamente un bando dell’autorità statale.  Scusate se sono così pignolo, ma fra poco ne capirete il perché.

    A mio avviso si profila la possibilità che il termine bandi-tore non sia legato mani e piedi alla radice di band-ire come noi la conosciamo ma alla radice di sscr. bhana-ti ‘egli parla’, ant. alto tedesco ban ‘comando, proibizione’, ant. frisone bon ‘ordine, comando, ecc.’, armeno ban ‘parola’, ecc. ecc.  Più in fondo si arriva alla radice *bhā- ‘parlare, dire’ che coinvolge molte parole greche e latine, come gr. phē-mí  ‘io dico, parlo’, gr. phōn ‘suono, lat. fari ‘parlare, dire, ecc.’, lat. fa-m-a(m) ‘fama, voce, diceria’, ecc. A me pare che anche la radice *bhā- di gr.  phain-ein ‘apparire, brillare’ è la stessa dell’altra *bhā- per ‘parlare’, non diversa.  Sempre secondo la mia linguistica, infatti, il parlare si configura come un ‘mandare fuori, emettere’ un suono e il brillare, splendere come un ‘mandare fuori, emettere’  luce o raggi. 

     Il termine ban-ditore, potrebbe essere addirittura un composto tautologico, formato dalla detta radice ban ‘dire’ e dalla contrazione del nome di(ci)-tore dal verbo dire, contratto anch’esso da lat. dic-ĕre ‘dire’.  Il nome così acquisterebbe una naturalezza e semplicità che fa bellamente a meno della presenza del gotico bandwa ‘segno’. È chiaro che quando arrivarono nel Medioevo i bandi dei signorotti piccoli e grandi    la parola non potè fare a meno di incrociarsi con essi.  Ma anche il termine bando, d’altronde, poteva essere semplicemente una estensione della radice ban relativa alla sfera del dire, sicchè anch’esso non era altro che un proclama dell’autorità, non un segnale.

   In questo modo le difficoltà vengono smussate e il bandi-tore, tornato comodamente alla radice di band-ire, etimologicamente era un proclamatore anch’egli perché faceva il giro del paese gridando ad alta voce il proclama che era stato emanato dall’autorità.

     Che le cose stiano così mi viene confermato dalla voce sbannëméndë ’svendita, imbonimento’[1], presente nei nostri dialetti.  Si trattava, come spiega bene il Lucarelli (testé citato in nota), di “una vendita al pubblico eseguita attraverso ribassi progressivi di prezzo rispetto a quello di partenza”. Una vendita all’asta   in cui tutti assistevano in silenzio e l’unico attore per così dire, era l’imbonitore che, con la sua parlantina sciolta  e i suoi gesti adeguati, esaltava la qualità della merce in vendita, fino a quando  uno degli astanti alzava la mano dicendo di volerla acquistare all’ultimo prezzo offerto. 

   Ora il termine s-bannëméndë, con la s- iniziale intensiva, non è altro che un derivato da band-ire nel significato originario di ‘annunciare, proclamare (ad alta voce)’: in questo caso l’imbonitore esaltava la qualità   della merce messa all’asta, cercando di convincere in ogni modo i presenti ad acquistarla.  Ritorna quindi il significato originario di ban ‘parola’, il cui uso sapiente facilita lo scopo dell’imbonitore.

    E’ veramente incredibile, ma anche quest’ultimo termine di imbonitore a mio avviso non è legato all’aggettivo buono: esso  indica un ‘parlatore convincente’, appunto, al limite anche uno ‘strillone’, provenendo dalla stessa radice ban ‘parola’, nella forma della variante bon cui ho accennato sopra. Si pensi al verbo gr. phṓné-ein ‘emettere un suono, parlare, gridare, ecc.’.

   In latino il termine per ‘banditore’ era praeco, -onis che valeva anche ‘imbonitore’ e si usava in diversi contesti, compreso quello delle vendite all’asta.  L’etimo, a detta di tutti, rimanda alla prepos. prae- ‘davanti’ e alla radice del verbo lat. voc-are ‘chiamare’.  D’altronde il riferimento al ‘grido, proclama’ si ritrova anche nell’ingl. cri-er ‘banditore, venditore ambulante’, ingl. bark-er ‘imbonitore, strillone’ (dal verbo bark ’abbaiare, sbraitare, urlare’),  ted. Aus-ruf-er ‘banditore’ (dalla prepos. aus- ‘fuori’ più verbo ruf-en ‘chiamare, gridare, ecc.’) e nel fr. crieur ‘banditore, venditore ambulante, strillone’.  La lingua francese fa anche una distinzione tra il bando emesso da un’autorità, chiamandolo ban, proclamation, e il bando divulgato dal banditore, chiamandolo appunto criée (come le gride manzoniane!): la lingua qui attua dunque quella distinzione su cui ho insistito sopra a proposito di banditore.



[1] Cfr. Q. Lucarelli, Biabbà Q-Z, Grafiche Di Censo, Avezzano-AQ, 2003.

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