venerdì 28 maggio 2021

Inculare (scusate il termine).

 


Tutti i linguisti, credo, non ci stanno a pensare due volte a far derivare il termine volgare in-cul-are dalla preposizione  in- + -culoIo  la penso molto diversamente, e questo è uno dei segni incontrovertibili della differenza che passa tra il mio metodo di lavoro e il loro.

    In effetti il termine volgare culo in questo caso non c’entra nulla, se non forse indirettamente come concetto di “buco, cavità” derivante olisticamente da quelli  che sto per indicare: ma questo è un’altra cosa, che per ora non ci riguarda.

      Io credo che la radice cul sia variante di quella, ad esempio, di lat. per-cell-ĕre (perfetto: per-cul-si) ‘colpire, percuotere, abbattere, atterrare, ecc.’, la quale, a mio avviso, non va distinta da quella di lat. ex-cell-ĕre ‘innalzarsi, al di sopra, sovrastare, eccellere, ecc.’ e di lat.  coll-e(m) ‘colle’, le quali tutte trovano un punto d’incontro nella nozione più generica di ‘spingere’, non importa in quale direzione. 

       Il significato originario di un lat. in-cul-are, quindi, doveva essere quello di ‘spingere (verso qualcosa)’, e indicava magari l’atto sessuale normale da parte del maschio: successivamente il verbo non potè fare a meno di incrociarsi con il termine culo (il quale poteva anche non esistere in latino al momento della formazione del verbo) e assumere il significato di ‘sodomizzare’. E’ bene ricordare il principio saussuriano secondo cui è vano credere che le cose abbiano ricevuto il loro bel nome di zecca sin dall’origine.  Il verbo inizialmente non era volgare, lo diventò dopo l’incrocio con culo.

    Che il mio pensiero sia veritiero è dimostrato, secondo me, dal significato di ‘bocciare ad un esame, ad un concorso’ che il verbo assume: l’hanno inculato all’esame di maturità (cfr. vocab. ital. del De Mauro) che normalmente si esprime anche col verbo respingere, appunto, come nel lat. re-pell-ĕre ‘respingere, bocciare’.

     Altri significati di it. in-cul-are fanno capire che il verbo si incrociò con la radice di lat. col-ĕre ‘coltivare, curare, onorare, ecc.’ (una delle più importanti del lessico indeuropeo), nel senso di ‘rigirare, rovesciare (la terra)’ da una radice kwel ‘rivolgere’ con labio-velare iniziale (Qw-): essa si ritrova anche nella voce del dialetto di Aielli cuèlla   che indicava una ‘ritortola a forma di ciambella’ attraverso cui passavano delle funicelle che servivano per legare il carico sul basto (ce n’erano due per ogni lato).  Si trattava quindi di una sorta di  ‘rotondità, ruota’, come nell’l’ingl. wheel ‘ruota’< ant. ingl. hweol ‘ruota’.

     Uno dei significati, infatti, di in-cul-are è proprio ‘raggirare, imbrogliare’. Il significato di ‘prestare attenzione, proteggere’ del verbo pronominale  in-cul-ar-se-lo rafforza il significato di ‘proteggere, avere interesse, curare, ecc.’ di lat. col-ĕre, di cui sopra, ed è presente ad esempio nell’espressione:  urlava dal dolore ma nessuno se lo inculava.

   Inoltre il significato del dialettale in-goll-are ‘involare, portare via’ di cui ho parlato nel penultimo articolo Tira nu véndë (chë) ttë së ngòlla, combacia con quello di in-cul-are ‘spingere (via)’.

    Tutto si spiega nella Lingua, ma con pazienza ed acume.



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