martedì 1 febbraio 2022

Ingenuità dei linguisti. Ma, Dio buono, fino a quando bisogna sopportarne l’asinina invadenza oscurantista?(scusatemi lo sbotto)

 


 

    Per l’italiano casca-tura i vocabolari dove il lemma è presente danno più o meno  i seguenti significati: 1) ciò che cade quando si vaglia il grano o altri cereali; 2) Massa di capelli grezzi, tagliati o spontaneamente caduti, utilizzati per formare parrucche.

    Il primo significato riporta il termine al verbo it. casc-are ’cadere’ e lo assimila in sostanza al sostantivo it. casc-ame, il quale è usato, solitamente al plurale, per indicare i residui della lavorazione della carta, della stoffa, del legno o del metallo.  Siccome i fenomeni linguistici, come ho detto altrove, non avvengono a caso, è legittimo chiedersi perché l’italiano casca-tura, ricorrente anche nei dialetti, indica invece solo il residuo della vagliatura.   La risposta la esige anche l’abruzzese casca-turë ‘vaglio di pelle’, presente nel Vocabolario di Domenico Bielli.   Questo significato ci fa capire che il significato precedente, e cioè ‘ciò che cade dal vaglio’, non è quello originario del termine, perché, con tutta evidenza, esso si è generato dall’incrocio col verbo casc-are: in altri termini il significato di ‘ciò che cade dal vaglio’ non è quello che il termine casca-tura doveva avere prima dell’incrocio col verbo casc-are con cui non aveva nulla a che fare: me lo garantisce il chiaro significato di ‘vaglio di pelle’ del dialetto abruzzese.

   Questo fatto, inoltre, dimostra chiaramente che i linguisti spesso abboccano alle soluzioni etimologiche facili perché non sono convinti, come invece è il sottoscritto,  che le radici dei termini vanno molto in profondità e che di conseguenza si verifica spesso che i loro significati, apparentemente chiari, nascondano invece valori originari a volte del tutto diversi da quelli di superficie.  Sarebbe pertanto metodicamente proficuo dubitare sempre delle prime e più facili soluzioni e cercare, nei dialetti, significati diversi delle radici prese in considerazione, i quali in genere indicano direttamente l’oggetto coinvolto, e cioè il vaglio in questo caso, e non il residuo della vagliatura, significato acquisito strada facendo, come mostrerò.  Per una maggiore sicurezza delle soluzioni etimologiche bisognerebbe conoscere il maggior numero di dialetti possibile, ma ciò è molto arduo perché un povero cristo non può conoscere alla perfezione tutte le parlate, diverse fra loro di poco o di molto, persino di paese in paese. Resta comunque la necessità di fortemente dubitare delle etimologie date di volta in volta.   

    Il secondo significato di it. casca-tura ‘massa di capelli grezzi, tagliati o spontaneamente caduti, per la formazione di parrucche’ comincia a rivelare qualche crepa, perché saranno pochi i capelli spontaneamente caduti rispetto a quelli volontariamente tagliati, e quindi è piuttosto forzato per esso l’etimo che lo accosta al verbo casc-are.  Urge quindi una nuova impostazione etimologica.

   Ora, in siciliano si incontra la voce casca ’cuscuta’[1] che ci può essere di molto aiuto. In che modo? La cuscuta è una piantina caratterizzata, ne suo pieno rigoglio, da un ammasso di fili che avvolgono la pianta di cui è parassita.  Il concetto di ammasso di fili corrisponde secondo me a quello di setaccio, il vaglio composto da un insieme di setole incrociate in modo da formare uno stretto reticolo (successivamente sostituito da fili metallici sottili) attraverso cui passavano le impurità dei cereali da pulire.  Si può pensare che già nel Neolitico l’uomo primitivo usava ammassi di fili, stretti tra loro magari alla rinfusa, per filtrare acqua e altri liquidi. Questa funzione poteva essere svolta anche da un pezzo di stoffa, dopo che l’uomo imparò a tessere. Il termine filtro, infatti, di origine germanica indicava un tipo di stoffa, il feltro. 

   Ora l’idea di “filtrare” può essere eguagliata a quella di “vagliare” e questa  a quella di “secernere”, espressa dal lat. cribr-u(m) ‘setaccio, crivello’. Ma…attenzione! Il lat. se-cern-ĕre ’secernere, dividere, separare, distinguere’(da cui il suddetto lat. cribr-um) e il gr. krín-ein ‘giudicare’ potrebbero essere effetto di un incrocio con una radice primitiva per ‘capello, crine, chioma, capigliatura’ presente nel lat. crin-e(m): lo  mostra con molta chiarezza, a mio avviso, il sostantivo it. cernecchio, il quale ha tre significati, e cioè 1) ciocca arruffata di capelli;2)setaccio, crivello;3) scriminatura.  Il che è tutto dire, in quanto ribadisce la stretta interdipendenza tra l’idea di “capello, capigliatura” e quella di “setaccio, crivello” con l’appendice del significato di ‘scriminatura’ tratto anch’esso dalla radice di lat. cern-ĕre ’separare, stacciare, distinguere, decidere, scorgere’.  Insomma, l’azione di separare, discernere rimanda sempre all’idea di “ammasso di capelli” e simili, il che rende chiaro come il sole il rapporto tra i due significati principali di it. cernecchio ’ciocca di capelli arruffata’ e ‘setaccio, crivello’ allo stesso identico modo del sopracitato italiano-dialettale casca-tura.  Evidentemente dietro il tardo lat. cern-icul-u(m) ‘setaccio, crivello’ doveva nascondersi una radice cern- oppure cren- variante di quella di lat. crin-em ‘crine, capigliatura’, cosa che in genere i linguisti non vedono o non accettano pur collegando (ma come?) i due significati tra loro.  

    Un’altra precisazione importane e rivelatrice da fare riguarda il significato di abruzzese casca-turë ’vaglio di pelle’ di cui sopra.  Perché la puntualizzazione ‘di pelle?’.  Semplicemente perché la radice casca- dovette incrociarsi con un termine per ‘pelle, copertura’ simile all’ingl. husk ‘guscio, buccia, involucro’ il quale è  messo in relazione col medio tedesco hausken ‘piccola casa’ o ‘piccola copertura’. Anche il lat. pell-e(m) ‘pelle’  è messo in rapporto con una radice pel- che indica un rivestimento o una buccia.  Io suppongo che anche il lat. cas-a(m) ‘casupola, capanna’ , considerato di etimo incerto o mediterraneo sfrutti invece la stessa radice, come anche il lat. cas-ul-a(m) ‘casetta, capanna, tomba, indumento col cappuccio e l’it. cas-acca legata invece dai linguisti i Cosacchi, cosa possibile ma non certa.

  Altre interessanti osservazioni potrebbero essere fatte ma mi fermo qui. Una cosa è certa, quasi tutte le radici risalgono molto indietro nella storia dell’uomo ed è compito del linguista  cercare di individuarne l’origine e le diverse e talora contrapposte  significazioni che esse assumono nel corso dei secoli e millenni, soprattutto attraverso l’incrocio con altre radici simili nella forma.

   A proposito di it. casca-tura si può citare anche il gr. kόsk-in-on ‘staccio, vaglio’ la cui radice mi sembra una variante della precedente.

   



[1] Cfr. Cortelazzo-Marcato, I dialetti italiani, UTET Torino, 1998.

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