martedì 6 aprile 2021

La spόsa.

 


 

   In alcuni dialetti abruzzesi il granturco tostato o pop-corn viene chiamato spόsa[1], proprio come la donna che si promette a qualcuno o lo sposa. Che relazione potrebbe esserci tra esse? I soliti ignoti pensano naturalmente al candore del velo da sposa, simile a quello dei grani di mais esplosi in tutto il loro biancore.

    Io amo poco i cosiddetti significati figurati ed anche in questo caso suppongo che all’origine del termine sposa ‘granturco soffiato, tostato’ ci sia proprio il participio passato del verbo latino ex-plod-ĕre ‘cacciar fuori, via(con rumore)’ che in italiano ha assunto il significato di ‘esplodere, scoppiare’ col participio passato ex-plos-u(m) ‘cacciato via, fuori’.

    Ora, una possibilissima forma dialettale *splòsa ‘esplosa’, incrociata probabilmente col partic. passato  lat. ex-pul-s-u(m) con lo stesso significato di ‘cacciato fuori, espulso’,e diventata quindi *spolsa avrebbe potuto facilmente dare come esito sposa ‘esplosa, scoppiata’, e indicare quindi a pennello il nostro pop-corn.  Nei nostri dialetti, infatti, la liquida –l- anteconsonantica solitamente sparisce come in pùze ‘polso’ da lat. puls-u(m)’battito del polso’ o azà, azzà ‘alzare’ oppure genera altri fenomeni trasformandosi ad esempio in vocale –u- o in fricativa sonora –v- come in àutĕ ‘alto’ o àvëtë ‘alto’.

    Il fatto dell’esplosione ricompare anche nell’altra voce dialettale šcuppë ‘chicco di granturco tostato’ che evidentemente richiama il verbo dialett. šcuppà ‘scoppiare’ o, detto delle gemme, ‘sbocciare, schiudersi’. E che cosa vi può essere di più prepotentemente esplosivo del fiorire degli alberi a primavera, stagione che giustamente gli inglesi chiamano Spring, termine legato al verbo ingl. spring ‘balzare, spuntare, zampillare, far esplodere, ecc.’.  L’inglese ha mantenuto, in alcune radici, significati generici prossimi a quello genericissimo originario. 

    Un’altra osservazione importantissima che ribadisce la plurivalenza dei significati di un termine, come ho mostrato anche in altri articoli precedenti. Nel Bielli, citato, si incontra il vocabolo scupp-ìllë ‘cartocci della pannocchia di granturco’ che richiama certamente il sopra citato dialett. šcuppë ‘chicco di granturco tostato’.  C’è qualcosa di simile tra i due vocaboli? Certamente sì, perché nel profondo sia il cartoccio sia il chicco esprimono un’idea fondamentale di rotondità: ergo, la voce šcuppë deve contenere un doppio significato, quello di ‘rotondità, chicco’ e quello di ‘scoppiato’, come abbiamo visto. Nella Lingua tutto si tiene, i significati e le forme si intrecciano continuamente per vie palesi o sotterranee.  Io penso, quindi, che questa radice, nel senso di ‘rotondità, cavità’ debba essere la stessa del ted. Schopp-en ‘bicchiere’ o ‘misura di vino o birra’, nonché del ted. Schupp-en ‘tettoia, capannone, rimessa’ e del ted. Schuppe ‘squama, scaglia’ con cui siamo tornati alla funzione del coprire e avvolgere, espressa anche dal precedente scupp-ìllë ‘cartoccio di granoturco’.

     Ma non abbiamo finito, bisogna citare anche il gr. skýph-os ‘bicchiere, vaso da latte’, i dialettali schifë, scifë, scif-élla indicanti vari recipienti, a volte diversi di dialetto in dialetto. Si continua col gr. skáph-os ‘fosso, cavità, scafo della nave, navicella,ecc.’, col gr. skáp-t-ein ‘scavare’, gotico skab-an ‘radere, tagliare, tosare’, lat. scab-ĕre ‘raschiare, grattare’, ingl. shave ‘rader(si), far(si) la barba’, gr. skep-ánē ‘zappa, vanga’, gr. sképas ‘tettoia, inviluppo, copertura, protezione’  dal concetto di “cavità” come per il sopracitato ted. Schupp-en ‘tettoia, capannone’. L’idea di “raschiare, radere” comporta il formarsi di un’idea collaterale di “premere, spingere” che dà origine a significati come l’ingl. shove ‘spinta’, ingl. shov-el ‘pala’, ted. Schauf-el ‘pala’, ted. schub o schupf ‘spinta’ ma anche ted. schubb-en ‘grattare, strofinare’, ted. schubs-en, schupf-en, schupps-en ‘spingere di qua e di là’. A questo punto è bene ricordare il vallone Scaf-elli tra la fonte Cituro sopra Collarmele-Aq e l’altopiano di Baullo.  Non credo affatto che questo nome Scaf-elli, che indica appunto la cavità del vallone, sia stato portato da queste parti da lingue e popolazioni greche, in un periodo più o meno storico: esso, legato al terreno, deve essere retaggio di strati linguistici preistorici come del resto la voce scafa che nei nostri dialetti indica il ‘baccello, la fava’, delle rotondità dunque. 

    Meraviglie della Lingua!                                   



[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004. 

 

   

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