mercoledì 7 aprile 2021

Scoppola.

 

         

 

     Del termine it. scoppola o scopola si dà solitamente un etimo che a me non piace per niente a motivo della sua incongruenza con l’oggetto da definire. Alla sua base ci sarebbe l’it. coppa nel significato di ‘nuca’ e quindi la scoppola sarebbe un colpo dato con la mano su quella parte della testa.  A parte il fatto che il vocabolo ha anche un significato più generico di ‘sberla, schiaffo’, che però secondo i linguisti sarebbe un’estensione del primo (bisognerebbe però provarlo perché potrebbe anche essersi verificato il contrario, con il passaggio da un significato generico ad uno specializzat o a causa di un incrocio col termine coppa suddetto), l’etimo proposto ha il grave difetto di non indicare la cosa essenziale, cioè il colpo dato con la mano, limitandosi ad indicare la parte della testa verso cui esso è  diretto. 

    Per me il termine scop(p)ola va agganciato alle numerose radici germaniche, greche,  ecc.     (scaf-, scap-, scaff-, scapp-, scupp-, scop-, ecc.) di cui ho parlato nell’articolo precedente intitolato La spόsa, radici che hanno anche il valore di ‘spinta’, adatto ad esprimere la forza di una sberla che si abbatte sul volto o sul corpo di qualcuno, non solo sulla nuca.  D’altro canto l’it. scopp-ola, nel gergo aeronatico, indica uno forte sbalzo subito dall’aereo, per una raffica  di vento o vuoto d’aria: a mio avviso si tratta di una vera e propria spinta piuttosto che di un uso figurato del termine scoppola. La forma scop-ola, poi, con la labiale scempia potrebbe essere un fatto casuale e insignificante, ma potrebbe anche avvertirci che la parola non è legata alla coppa=nuca.

    Le cose a mio avviso si chiariscono meglio riflettendo anche sul termine simile (sia nella forma che nel significato) it. scapp-ell-otto.  L’etimologia di questo termine è piuttosto incerta: c’è chi pensa ad un colpetto dato sempre sulla nuca, atto solo a far cadere il cappello (ammesso che uno ce l’abbia!), e c’è chi lo accosta sempre alla nuca di cui sopra. Insomma, siamo sempre alle solite. Si pensa ad altro, invece che all’elemento essenziale costituito dal colpo e non dalle cose marginali connesse.

    Lo stesso it. scap-acci-one conferma quanto sopra (con il doppio accrescitivo) ma la linguistica ufficiale parla di derivazione da it. capo  col prefisso intensivo della –s-, incapace di staccarsi dalle apparenze.

   A questo punto anche l’it. schiaffo  può essere considerato della partita. La posizione ufficiale è che si tratti di voce onomatopeica (quando i ricercatori  sono in difficoltà ricorrono spesso all’onomatopea cui non credo, come spiegai molti anni fa in un articolo del mio blog).  I linguisti forse non sanno che esiste l’abruzz. šcaffë ‘schiaffo, ceffone’[1] oppure non riescono ad inquadrarlo nella serie di voci espresse da questa radice scaff- e varianti.  Esiste in dialetto anche šchiaffë ‘schiaffo’ che ha pure un altro significato molto rivelatore, a mio avviso, quello di ‘eruzione erpetica nel viso e nel collo’: una eruzione, come dice la sua radice, è una fuoruscita violenta, uno sfogo, un erompere e potrebbe essere persino uno sbocciare, come abbiamo visto, nell’articolo precedente La sposa per la radice di scuppà ‘scoppiare, sbocciare, schiudersi’, variante di questa. Ed esiste anche šcàf-ënë dallo stesso significato, cioè ‘eruzione erpetica per lo più nel viso e nel collo’. 

   Non è questione di fonosimbolismo ma di “forza” interna alla radice che prorompe con violenza; si incontrano (sempre nell’abruzzese) anche i verbi šcuffà, šcaffà con i seguenti significati: urtare, inciampare, scaraventare, rapire, strappare con forza tutti caratterizzati, appunto, da una certa violenza o malgarbo,   come nell’it. e dial, schiaffà ‘mettere con malagrazia in un posto, gettare da qualche parte, magari in carcere, ecc.’.  La semivocale di schjaffà si ritrova anche nel dialettale šchjuffà ‘sbattere’ (lo ricordo usare da mia madre, come fosse adesso) al posto di šcuffà, citato poco fa. Queste forme non derivano da presunti onomatopeici *sklaff-, *skluff- con palatalizzazione della liquidal- ma sono normali svolgimenti come l’it. schiera< franco skara, ted. Schar ‘schiera, drappello, branco’, attraverso il provenzale, o come l’it. schiuma < franco skūm , ted. Schaum ‘schiuma’.  Sono della serie anche il verbo regionale (settentrionale)  scapp-ucci-are ‘inciampare, mettere il piede in fallo; commettere un errore’, il quale combacia con il sostantivo marsicano-abruzzese  scap-όccë ‘errore piuttosto grave’. L’etimo del verbo è incerto, ma a mio parere è molto indicativo e rivelatore l’atteggiamento piuttosto superficiale di chi lo fa derivare da cappuccio, supponendo magari che l’inciampo provochi la caduta del cappello=cappuccio  sulle spalle o per terra, se non la caduta della persona. Simili credenze hanno addirittura mutato il significato originario di ‘inciampo, urto’ in quello di ‘caduta con la testa all’ingiù’ della voce abruzz. scap-òccë[2] (che ha anche quello normale di ‘errore rovinoso’): in questo significato si è inserita quasi indebitamente l’idea di “caduta” e totalmente indebitamente quella di “capo, testa”, perché si è creduto, per quest’ultima, che scap-òccë  si dovesse interpretare come termine composto da una s- sottrattiva + capo. Quanti brutti incroci e incontri si possono fare! Anche il toscano scap-are ‘tagliare la testa al pesce prima di salarlo’ dovrebbe richiamare il gotico skab-an ’radere, tagliare’ piuttosto che l’it. capo, come l’it. scap-ato che significa ‘che ha poco senno’ dovrebbe accodarsi al citato vocabolo marsicano scap-όccë ’errore grave’ piuttosto che gingillarsi col solito capo.

    In ultimo anche per l’it. scapp-are non si può accettare l’orrida etimologia che lo fa derivare da un presunto *ex-capp-are, che sarebbe un ‘togliersi la cappa’ o ‘uscir fuori della cappa’ per mettersi a correre, con buona pace di chi corre anche senza avere prima una cappa.  In effetti lo scapp-are si verifica, etimologicamente, per lo stesso motivo per cui il lituano skub-ti significa ‘affrettarsi’ e il lituano skubin-ti significa ‘accelerare, precipitarsi’. La radice di questi verbi è la stessa, ad esempio, di ingl shove ‘spingere’ < ant.ingl. scuf-an ‘spingere’ la cui radice scuf- è variante di tutte le altre compresa quella di scapp-are, testè analizzata.  A conferma di quanto sopra ecco arrivare l’abruzz. scàp-ëlë ‘corsa’[3], il quale, secondo il metodo dei linguisti, sarebbe senz’altro un ugualmente orribile derivato dal lat. capul-u(m) ‘cappio’ con –s- sottrattiva! E già! come lo scappare sarebbe un togliersi di dosso una cappa così l’abruzz. scàp-ëlë ’corsa’ sarebbe un liberarsi di un fastidiosissimo cappio ai piedi o al collo! Orrore!   Naturalmente si può dare il caso che una persona o un animale si liberi di un effettivo cappio dal collo o dai piedi come nel verbo aiellese scapul-àsse : in questo caso che è successo? è successo che il significato generico ‘liberarsi’ del verbo si è incrociato effettivamente col lat. cap-ul-u(m) ‘cappio’ ed ha assunto il significato specifico di ‘liberarsi del cappio’.  Non si scappa!

      Nemmeno l’it. scap-olo, dialett. scap-ulë ’scapolo, non sposato’ può essere inteso come ‘libero dal cappio’ ma semplicemente come libero, staccato, esente da qualche restrizione! L’abruzz. scap-ëlë (sempre nel Bielli) significa infatti ‘senza soma’ se riferito a bestie, e ‘senza carico sulle spalle’ se riferito a persone.  Ce lo conferma ancora, in qualche modo, il lat. medievale scap-ul-u(m) ‘marinaio che ha finito il periodo dell’arruolamento’; l’it. gergale scap-ola ‘assenza non autorizzata da scuola, libertà da una costrizione’: anche qui però qualcuno ostinato potrebbe vedere l’ombra di un cappio da cui ci si libererebbe, anche se essa dovrebbe svanire nel nulla dinanzi al verbo marinaresco scap-ol-are ‘passare con una imbarcazione vicino ad un punto costiero o ad altra imbarcazione lasciandoli di poppa’ o ‘superare o evitare un ostacolo’ o ‘superare situazioni difficili, pericolose’[4], ecc. ecc.  La nave che supera un’isola è come se si liberasse di essa, si spingesse oltre (tornando ad un significato fondamentale della radice scap-  la quale, aumentando la velocità, serve anche ad indicare la corsa, lo scapp-are, come abbiamo visto sopra) e quindi un aggettivo-sostantivo come scap-olo non può indicare altro che uno che si libera o si è liberato di qualche cosa, di qualche restrizione o incombenza, uno che ha evitato o schivato qualcosa non uno che ha rotto o si è tolto il cappio che lo  teneva legato.  Altrimenti dovremmo pensare, anche per la nave che supera uno scoglio, ad un metaforico ed astruso cappio che la legava allo scoglio! Nel dialetto lucano di Gallicchio-Pt  il verbo scap-ulà significa ‘cessare dal lavoro’ come dire ‘liberarsi del lavoro’,  e il verbo pronominale scapp-uttà[5]  significa quasi allo stesso modo ‘evitare all’ultimo momento una fatica, un impegno’.      Le espressioni passare a scap-accioni, essere promosso a scap-accioni, a scapp-ellotti usate per indicare chi, pur non avendo una preparazione adeguata, passa gli esami perché raccomandato e quindi va avanti a spintarelle, come pure si dice, confermano che il riferimento all’inizio era fatto, appunto, al significato di spinta non a quello di schiaffo.

    Anche  l’it. volgare scop-are ‘avere rapporti sessuali’ non può derivare dall’azione di scopare, nel senso di ‘spazzare, pulire’ ma da un significato preistorico di ‘spingere, penetrare, ficcare’, riguardante precipuamente il maschio.  Del resto esiste anche il volgare it. colpetto per un rapporto sessuale veloce e occasionale. 

     Il gioco della scopa credo tragga il nome dal punto che  un giocatore  guadagna allorché  con una sua carta riesce ad eliminare tutte quelle che sono sul tavolo la cui somma corrisponda  al valore della sua carta, punto che viene contrassegnato da quella carta stessa, messa di traverso nel mazzetto delle sue carte che accumula durante il gioco.  Questo punto, unito ad eventuali altri, costituisce un vero e proprio colpo di fortuna improvviso che può avvantaggiare di molto un giocatore, al di là dei soliti altri punti (in tutto quattro) che può accumulare, con un certo sudore, alla fine del gioco. Il punto ottenuto con la scopa può essere paragonato, quindi, allo scoop ‘colpo’ giornalistico fatto da qualche operatore della carta stampata.  In ingl. scoop  nei suoi significati come ‘secchio’ ed altri viene collegato etimologicamente all’ingl. shove ‘spinta’ di cui abbiamo già parlato: pertanto non troverei difficoltà a dargli, in questo caso, proprio il significato di ‘colpo (fortunato)’.  Quanto è sfiziosa la lingua!



[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.

[2] Cfr. D. Bielli, cit.

[3] Cfr. D. Bielli, cit.

[4] Le definizioni sono tratte dal dizionario del De Mauro.

[5] Cfr. sito web: http://www.dizionariogallic.altervista.org/lettera%20s/s7.htm

 

     

1 commento:

  1. In Umbria la scoppola o scoppolatura è il distacco della vernice dal sub strato. La ruggine crea scoppole sul metallo, l'umidità le crea sugli intonaci

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