sabato 13 marzo 2021

Fonte degli Innamorati.


                                     

 

     Come è abbastanza noto agli abitanti del nostro cantuccio della Marsica, la fonte degli Innamorati si trova all’interno delle Gole di Aielli-Celano.  Non si tratta di una normale sorgente ma di acqua cadente a mo’ di doccia  dal soffitto di una piccola grotta: una specie di cascatella a pioggia, insomma.

     Per questo idronimo supposi, già molti anni fa nelle mie vagabonde ricerche, una stretta somiglianza (almeno per la seconda e terza costituente del nome che suddivisi in Inna-mor-ati) con nientemeno che il nome del fiume Murat Su, uno dei due corsi d’acqua (l’altro è il Kara Su) che, provenendo dall’Armenia turca, danno origine, unendosi, all’Eufrate.  Per favore, non arricciate il naso se vado a pescare il nome in paesi così lontani da noi, perché esso ricompare, a mio avviso, nel paese abruzzese di Pereto, al confine col Lazio, sotto la forma di fonte Mar-mor-ata[1]A Roma esiste un Porto della Ripa Grande alla Marmorata: questo appellativo di Mar-mor-ata può costituire uno dei diversi nomi con cui era conosciuto in antico il Tevere, ed indicare appunto il ‘fiume’. La componente Mar- è quella che i linguisti considerano una base idronimica mediterranea. Il nome Su di Murat Su deve indicare proprio il ‘fiume’ o l’’acqua’, in qualche lingua della zona. So che il turco su-yu vale ‘acqua, succo’.

   E’ abbastanza sostenibile, quindi, che la designazione Inna-morati è conseguenza di un originario *In-morat- (con desinenza da stabilire) incrociatosi col verbo inn-amorarsi.   Di proposito ho scartato quella che ritengo (ma fino ad un certo punto) lectio facilior, cioè mettere questa denominazione in rapporto con l’idronimo fonte d’Am-ore (a Sulmona) già noto ad Ovidio e con la stessa fonte Am-ara (Pescina –Aq) la quale, tra l’altro, avrà suggerito il nome del paese immaginario di Fontamara ad I. Silone. Ad Aielli, poi, si usava la bella espressione va ‘nn-amόrë, letteralmente ‘va in amore’, per significare che una macchia di umidita in qualche parete riaffiorava, rifioriva, tornava ad  inumidirsi oppure riprendeva vigore, forza(cfr. avestico ama ‘forza’), concetti che vanno bene per sorgente, fonte, acqua e che richiamano anche il lat. am-n-e(m) ‘fiume’ nonché il secondo membro del gr. pot-am-όs, il cui primo membro si ritrova anche nel lat. pet-ĕre ’dirigersi, assalire’ oltre che nel gr. pí-pt-ein ‘cadere’.  Da ricordare anche il grande fiume siberiano Amur di cui si danno vari etimi che non condivido.

    Il fatto sorprendente è che anche nella famosa cascata delle Mar-more in provincia di Terni esiste un Balcone degli Innamorati! E sapete dove si trova esattamente? Vicino al primo salto della Cascata,  alla fine di un tunnel scavato agli inizi del Novecento dal Genio Civile.  Ma l’idronimo *Inna-morat-, diventato forse microtoponimo della zona ma anche parte del racconto leggendario circa l’amore del pastore Velino per la ninfa Nera, doveva essere preesistente come insegna la fonte degli Innamorati di cui sopra, che, vedi caso, abbiamo visto essere una specie di cascatella a pioggia.  Sappiamo che le Cascate delle Marmore sono formate dalle acque del fiume Vel-ino che precipitano in quelle della Nera. Da notare come dalla stessa radice Vel-, Bel-  (cfr monte Vel-ino nella Marsica) possono essere indicati ‘corsi d’acqua’ e ‘monti, alture’, in conseguenza del suo valore primitivo di ‘spinta, pressione, sorgente’ verso l’alto o in qualsiasi altra direzione, come ho avuto modo di spiegare in un articolo precedente.

   Marmore è il nome dell’abitato in prossimità della cascata: esso viene derivato dal latino neutro mar-mor che ha diversi  significati come ‘marmo, pietra, tumore, incrostazioni pietrose, superficie del mare’.  Il significato di ‘incrostazioni pietrose’ potrebbe essere quello giusto per il nostro Marmore, visto che gli abitanti della zona parlano della rupe di Marmore dalla cui base il Velino precipita e da cui il pastore Velino, nel racconto del mito, si getta per raggiungere l’amata Nera. Ma c’è anche un’altra  possibilità etimologica: prima del II sec. a.C. il Velino non precipitava (o precipitava solo parzialmente) nel burrone sottostante, come aveva pure fatto in lontanissime epoche geologiche) ma proprio a causa delle sue abbondanti sedimentazioni calcaree aveva creato una sorta di ostruzione, diga in quel punto, allagando così tutta la pianura reatina occupata appunto dal quello che i Romani chiamavano lac-u(m) Vel-in-u(m) ‘lago Velino’.  Quindi un nome come mar-mor ‘superficie marina’ poteva indicare benissimo la superficie del vasto lago Velino.  Ma la stretta vicinanza di Marmore alle dette cascate, mi fa propendere per un suo significato di ‘scorrimento, caduta, precipizio’.  I toponimi, saldi come querce, attraversano diverse facies culturali nei millenni, e per questo possono riflettere  vari significati.

    Un’ultima notazione su questa radice mar-, mor-. Il verbo lat. in-mori ‘morire su, morire in, cadere(morente) su ’ credo indicasse all’origine un movimento, quello di ‘cadere’.  Abbiamo già visto il verbo de-mŏri nel significato di ‘partire, andarsene, decedere’ in un precedente articolo.  E così si chiude il cerchio intorno alla fonte degli Innamorati < *in-mur-at.  Forse la dicitura all’origine indicava un genitivo singolare *In-mur-ati (dell’Inmurato) inteso poi come un plurale maschile innamorati. L’elemento idronimico –at è abbastanza diffuso, come ho detto in altro articolo a proposito  di fonte At-nesca, e così è l’elemento in-, presente in molti altri idronimi come fonte Dav-ina (Ortona dei Marsi-Aq) o lo stesso fiume svizzero-austriaco-tedesco Inn, lat. Aen-u(m). Meditate gente, meditate!

    Interessante, poi, è il nome di San Val-ent-ino, presunto vescovo di Terni dei primi secoli dell’era volgare, che, in una leggenda, avrebbe mostrato la purezza della ninfa Nera, messa in dubbio dal suo fidanzato Velino.  Il Santo avrebbe percosso la roccia col suo bastone pastorale da cui scaturì un getto d’acqua simile ad un bel velo da sposa. Si noti la corrispondenza velo/Vel-ino. E’ così che nascono le leggende.  Soprattutto in Europa del nord, San Val-entino è protettore contro l’epilessia, il cosiddetto mal caduco, in tedesco chiamato per l’appunto Fall-sucht, letteralmente ‘malattia della caduta’. La radice pel-, phel del te. Fall ’caduta, errore, fallo, mancanza’, ted. fall-en ‘cadere’, it. falla è presente anche nel lat. fall-ĕre ‘ingannare, violare, mancare, sfuggire, ecc.’ e facilmente poteva incrociarsi con quella di Val-ent-ino con fricativa sonora iniziale anziché con la sorda –f-. Il santo, come è noto, è anche protettore degli innamorati .  Ora, a parte la  coincidenza di questo nome con quello di cascata, quale metafora potrebbe essere più appropriata, per indicare un uomo innamorato pazzo, di quella realizzata nella parola casca-morto, formata da radici che ben conosciamo e che indicano comunque in questo composto  un accasciarsi o un cadere sfinito?  Gli inglesi per innamorarsi usano la bella espressione to fall in love, letteral. ‘cadere in amore’.

    Ma non è tutto: ho dato una scorsa su internet e ho visto che molte sono le valli San Valentino compreso anche un Fosso di San Valentino, dove scorre un fiumiciattolo. Ora non c’è bisogno di spiegare che un fosso è una depressione come d’altronde anche una valle,termine che assuona col primo membro di Val-entino. E stupisce ancora di più il fatto che una cascata di San Valentino si trova all’interno di un magnifico borgo della provincia del Sud Sardegna, chiamato Sadali frequentato fin dai tempi prenuragici. La cascata è alimentata da una vicina risorgiva .  Naturalmente la gente locale e tutti gli altri pensano che il nome derivi alla cascata dalla presenza nei pressi della chiesa parrocchiale di San Valentino fatta risalire al V-IV sec. d. C. Non poteva naturalmente mancare la solita leggenda: un uomo che portava una statua del Santo non riuscì a smuoverla dopo aver fatto sosta nel paese. Ma, nessuno si chiede che fine abbia mai fatto la denominazione che la cascata doveva pur avere da tempi immemorabili, e nessuno riflette sul fatto che questa chiesa è l’unica dedicata al Santo in tutta la Sardegna: come mai? La verità è che non si era sviluppato nell’isola in culto del Santo che però, come un raro fungo, era spuntato nel paese di Sadali: allora bisogna invertire i termini del problema: è la chiesa ad aver preso il nome dalla cascata, il quale  doveva essere almeno quello di Valentino, Balentino o Fallentino se non si vuole mantenere il “San”.

    In Sardegna San Valentino è noto anche come su Santu coiadori ‘il santo che fa sposare’. Abbiamo incontrato già il velo da sposa prodotto dal Santo nella leggenda relativa alle cascate delle Marmore.  Sappiamo che in latino nub-e(m) significava ‘nube, velo’ tanto è vero che la radice aveva dato origine al verbo nub-ĕre ’sposare’, letter. ‘prendere il velo per qualcuno’ e al sostantivo nup-ti-as ‘nozze, sposalizio, matrimonio’.  Per la nascita di queste leggende non è secondario notare che lì dove c’è una cascata si forma sempre un velo di vapore il quale avrà appunto dato origine alla favola del Santo che produce il velo da sposa e che fa sposare. Tutto si tiene. Ho già osservato che i toponimi in genere, ma alcuni in particolare, restando saldi come querce attraverso i millenni, sono come  i custodi di svariati significati accumulatisi nel tempo.

   



[1] Cfr. W. Cianciusi, Profilo di storia linguistica della Marsica, Tipografia di P. Graziani, Roma,1988, p. 172.

     




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