mercoledì 24 marzo 2021

Guardà l'acqua.

 


    Le rare volte in cui, nel cuore dell’estate in cui l’acqua mancava, mia madre mi metteva a “guardà l’acqua” cioè a fare la fila aspettando il mio turno per attingere il prezioso liquido dalla fontanella vicino casa, lo facevo con un certo rincrescimento.  Qualche volta riflettevo sull’espressione ma naturalmente non andavo più in là del verbo guardare che anche in dialetto significava ‘osservare, volgere lo sguardo’, e non si poteva dire che in fondo in quella operazione non si guardasse l’acqua, anche se l’espressione sembrava un po’ strana.

   Ora, l’it. guardare è di origine germanica (cfr. franco wart-ōn ‘stare in guardia, ted. wart-en ‘aspettare’, ingl. wait ‘aspettare’): la radice doveva avere il significato di tendere, attendere sia nel senso di ‘tendere (gli occhi)’ sia in quello di ‘rivolgere l’attenzione, la cura, curare’ o anche quello di ‘aspettare’, che, guarda caso, è dal lat. ad-spect-are ‘guardare con attenzione, fissare’, incrociato con lat. ex-spect-are ‘aspettare, attendere’.  Nel Vocabolario abruzzese del Bielli si ha sia vardà che aguardà col significato di ‘aspettare’ e ‘guardare’.

  Insomma, basta poco per confondere le idee ad un semplice parlante che manca di una prospettiva storica.

 

 

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