domenica 7 marzo 2010

Guaglione

Il napoletano (e non solo) guaglionë ‘ragazzo, adolescente’ ha dato e dà tuttora filo da torcere ai linguisti che hanno proposto varie soluzioni, a mio avviso poco convincenti, per il suo etimo, fino a quella che rinvia alla serie onomatopeica guagua riferita a bambini piccoli e incrociatasi col lat. ganeo,-onis ‘frequentatore di taverne, crapulone’. Io penso che, vista anche la difficoltà interpretativa che essa presenta, la parola attinga la sua linfa vitale da strati preistorici molto lontani nel tempo e che la sua radice sia quella presente nella prima componente della voce cagli-andrë ‘fanciullo’ del dialetto di Villapiana-Cs.
A dir la verità l’etimo più accettabile mi è parso quello prospettato in un blog a firma di Raffaele Bracale, il quale, dopo aver passato in rassegna le principali proposte al riguardo, individua nel basso latino galione(m) ‘giovane mozzo, servo sulle galee’ l’origine del napoletano guaglione, che nel mio paese di Aielli-Aq suona uajjólë.
A mio avviso la parola appena citata cagli-andrë del dialetto villapianese apre una finestra insperata per l’individuazione dell’etimo di guagliónë. Essa ha tutta l’apparenza di un composto di tipo greco *kalli-anér, -andrós il quale però, stando al significato superficiale, dovrebbe significare solo ‘bell’uomo’. Ora, prima di arrivare alla mia proposta, è molto importante riflettere che spesso, in diverse parole, il significato di ‘fanciullo, figlio, giovane animale’ si trova abbinato a quello di ‘rampollo, pollone’ come nel gr. móschos ‘ramo, rampollo, giovane uomo o animale, vitello, rondinino’, lat. pullus ‘pollone, germoglio, puledro, pulcino’, ingl. scion ‘pollone, prole’, ingl. offspring ‘pollone, prole’, ted. Sprőssling ‘pollone, figlio’, fr. rejeton ‘pollone, prole’, gr. kóros ‘fanciullo, figlio, stelo, giunco’, lat. nepos,-otis 'nipote, discendente, rampollo di animale, germoglio' a cui si appaia il lat. nepeta 'nepitella, calaminta' nonchè nept-unia' specie di erba' ecc. Faccio osservare, nel frattempo, che la prima componente di cagli-andrë ‘ragazzo’ mi sembra accostabile a termini come kala-mínthe ‘calaminta, nepitella’: non ho segmentato la parola in kalam-ínthe come taluno fa richiamandosi al gr. kálam-os ‘canna’ seguito dal suffisso cosiddetto mediterraneo –inthe, perché la nepitella è un’erba aromatica dal forte odore di menta (gr. mínthe) e quindi è probabile che il suo nome greco includa in sè il nome della menta. Comunque la prima componente kala- deve essere la stessa di quella ampliata di kálam-os ‘canna’, di kalám-e ‘ stelo, gambo, paglia’, e di altri fitonimi. La componente –andrë di cagli-andrë , se la mettiamo in rapporto con la relativa parola greca, significa ‘uomo’ ma anche ‘maschio’ di qualsiasi età. Motivo per cui l’intero termine cagli-andre ‘ragazzo’ verrebbe a configurarsi, a mio parere, come un composto tautologico nel caso in cui alla prima componente diamo il significato di ‘fanciullo, figlio’ secondo la frequente corrispondenza tra il concetto di 'vegetale' e quello di ‘fanciullo, figlio’. Ma quasi sicuramente anche la seconda componente è partita con un valore di ‘vegetale’ se il gr. kóri-on equivale a gr. korí-andr-on ‘coriandro, coriandolo’, un’erba delle ombrellifere (cfr. il succitato gr. kór-os ‘fanciullo, stelo), e andr-áchne significa ‘porcellana (specie d’erba), fragola selvatica’. Io sostengo, in effetti, che il significato che si nasconde dietro queste radici di fitonimi è quello di ‘essere vivente’, concetto che abbraccia non solo tutte le piante ma anche tutti gli animali, compreso l’uomo. Ne sarebbe una conferma il termine greco cál-andros ‘sorta di allodola’ molto simile a cagli-andrë 'ragazzo'. L’espressione omerica kallí-pais theá , riferita a Persefone, non significava pertanto agli inizi ‘la giovane e bella dea’ ma semplicemente ‘la giovane dea’, avendo qui kallí- lo stesso significato di –pais ‘fanciulla’, a mio parere.
Dati questi presupposti il napoletano guaglionë potrebbe essere stato un ampliamento di cagli- (kalli-) con l’aggiunta del suffisso –onë, non necessariamente un accrescitivo.
Precedentemente dicevo che il basso lat. galione(m) mi sembrava, tra le altre, una proposta accettabile: solo che il termine, a mio avviso, doveva esistere già da molto tempo col significato generico di ‘ragazzo’, prima che entrasse nelle galee ad indicare specificamente il mozzo, come in qualche modo dimostra la presenza di cagli-andrë nel dialetto di Villapiana. E questo suo uso marinaresco dovette causare la sonorizzazione della labiale sorda iniziale di un originario *calione(m) per influsso del nome di galea, trasformandolo così in galione(m) con contemporanea rietimologizzazione del termine, quasi indicasse il ‘ragazzo della galea’ (cfr. lat. calonem 'garzone, servo'). Successivamente si sarà avuta la trasformazione della velare sonora in labiovelare sonora (gu-), sulla scia di qualche altro influsso da identificare, molto probabilmente quello delle parole trattate con pronuncia longobarda come guanto, guado, guasto provenienti da forme con fricativa sonora iniziale v-.

Invito il lettore a consultare l'altro articolo del 5/5/2018, scritto otto anni dopo, il quale , oltre a riportare integralmente quanto sostenuto sopra, aggiunge altre osservazioni alla luce di interessanti scoperte sopravvenute. Grazie.

2 commenti:

  1. Ho trovato, leggendo un libro, la parola francese "gouailleur" che significa "beffardo". Potrebbe essere derivata da questa parola il "guaglione" napoletano?

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    1. Caro anonimo, non trovo nessun aggancio semantico tra i due termini, anche se il "ragazzo" è spesso scherzoso.

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