venerdì 25 febbraio 2011

"Bicocca" ovvero della profondità vertiginosa delle parole

L’etimo molto discusso di it. bicocca ‘catapecchia, casotto di guardia, torretta su altura’ ci induce a pensare che forse sarebbe opportuno cambiare il tipo d’approccio al problema per cercare di individuare un percorso più sicuro e convincente. A volte un termine dialettale incontrato casualmente apre nuove porte non mai dischiuse.
Sfogliando il Vocabolario abruzzese del Bielli, infatti, mi sono imbattuto nella strana parola cucuficchie ‘camera, casa’ e, dopo un po’ di riflessione, ho provato a segmentare il termine in cucu-ficchie individuando in via suppositiva nel secondo componente –ficchie una leggera deformazione di un originario -*vicchie da lat. viculu(m) ‘vicolo’, ma originariamente ‘casa’, come sappiamo. Il primo componente cucu-, simile al componente –cocca di bi-cocca, riappare in altra voce riportata dallo stesso vocab. del Bielli, e cioè ba-cucche ‘piccola cosa; riparo di frasche, capanna, casupola’ sicchè non mi pare azzardato pensare che cucu-ficchie potrebbe configurarsi come il solito composto tautologico che ripete lo stesso significato di ‘casa, cavità, casupola’ nei due membri. Senonchè il problema si complica per la presenza nel vocab. del Bielli del termine cuvicchie/cuficchie ‘camera, casa’ che sembra essere un accorciativo-semplificativo per aferesi del precedente cucuficchie. Ma così non è perché cuvicchie non può essere altro che il lat. cubi-culu(m) ‘stanza (da letto)’ > dial. cuv-icchie e inoltre il cucu- di cucu-ficchie è ben solido e riconfermato, come abbiamo visto, dall’abruzzese ba-cucche e l’it. bi-cocca nonchè dal serbo-croato kucha 'casa', e pertanto è da scartare l’ipotesi che esso possa essere il risultato di una reduplicazione a fini espressivi della sillaba iniziale di cufi-cchie anche se, agli albori del linguaggio, la voce cu-cu sarà stata per forza una reduplicazione della medesima sillaba. A questo punto mi sono ritrovato a supporre che sarebbe stata provvidenziale all’origine una forma *bici-cocca, o *bico-cocca (da cui bi-cocca per aplologia) che avrebbe permesso di considerare il primo elemento bici- nient’altro che una variante di lat. vicu(m) nel significato di ‘casa’, come abbiamo visto sopra. Immaginate la mia sorpresa quando, andando a cercare il lemma bicocca nel Vocabolario illustrato della lingua italiana di Devoto-Oli, ho incontrato la variante arcaica o dialettale bicci-cocca o bicci-cucca la quale conferma bellamente la mia supposizione! Il significato di ‘piccola cosa’ per il citato ba-cucche si ritrova identico nello sp. bi-coca ‘bazzecola, bagattella’, forse scaturito da qualche perduto significato del termine riferito a frutti rotondeggianti come bacche o noci o chicchi, isolatamente di scarso valore.
Se così stanno le cose, si ha allora la conferma della più volte sottolineata formazione tautologica delle parole le cui parti possono facilmente scambiarsi il posto, essendo inizialmente elementi del tutto autonomi, indipendenti l’uno dall’altro. Per convincersene si osservi la seguente serie di parole abruzzesi riportate dal Bielli, e cioè balla-cucche ‘gallozzola’, palla-cucche ‘gallozzola' da un lato, e cocca-valle, cucca-valle dall’altro, con i componenti invertiti. La “gallozzola”, per chi non lo sapesse, è una pallina della grandezza di una noce che si forma nelle foglie della quercia, del cerro o piante simili, quando sono punte da qualche insetto parassita che vi depone le uova. Che questi componenti avessero all’origine un significato generico di ‘corpo rotondeggiante, protuberanza, bacca, ecc.’ ce lo ribadisce anche una parola del dialetto di Aielli, il mio paese, che suona cucca-vella, variante del precedente cucca-valle, e che significa ‘pigna (frutto conico dei pini)’. Si tratta, almeno relativamente all'elemento cucca, di antichissima radice cosiddetta mediterranea che può risalire al Neolitico o addirittura al Paleolitico e che, a mio avviso, ricompare anche nei ben noti termini dialettali cùccuma, cùcuma ‘pentola, casseruola’, i cui significati rientrano nel concetto di ‘cavità’, speculare di quello di ‘rotondità’. Basti pensare al sardo gallurese cuc-oni ‘cella’, trasaccano cucca (i) ’organo sessuale femminile’, abruzzese (vocab. Bielli) còchele ‘boccia,ciottolo, rotula’, abruzzese cocchie < *cocle < còchele (2)‘crosta del pane, corteccia del cacio, guscio di noce o mandorla o uovo, coccio’, tutti termini da confrontare, non derivare, col lat. cochlea/coclea di diretta ascendenza greca. In questo turbinio di voci correlate alla stessa base di partenza cuc(c)u- interessante è il termine trasaccano cuc-uzza (3) che non significa ‘zucca’ (la quale è chiamata invece checòccia o, nella forma diminutiva, cucuccétta o quequeccétta) come in altri dialetti, ma ‘cima, testa, cocuzzolo’ e anche ‘gallozzola della quercia’, termine che, nella forma base, abbiamo individuato più sopra nei composti balla-cucche e cucca–valle e che, quindi, ribadisce l’autonomia originaria dell’elemento cucche/cucca-. Le piccole differenze, anche di pronuncia, tendono spesso a diventare significative favorendo la specializzazione del precedente significato più generico in esse contenuto. Interessante è anche l’aiellese arcaico cucùle ‘membro virile’, il quale rimanda senz’altro all’idea di 'protuberanza, escrescenza' come chiaramente attestano altre voci dialettali quali cuculìtte (4) ‘mucchiettino, piccola sporgenza nel terreno a forma di monticello o calotta’ o come il trasaccano cucùjja (5) ‘gibbosità, ernia inguinale’ < *cuculla apparentati con lat. cucullu(m) ‘cappuccio’, significato oscillante tra quelli interconnessi di ‘punta, protuberanza’ e di ‘cavità’. Quest’ultimo forse si ripresenta nel trasaccano cucùle che, a detta di Lucarelli citato nelle note sottostanti, è una pianta selvatica che produce un fiore azzurro-violaceo, fatto a forma di campana, la quale rientra nel cocetto di ‘cavità’. “Il nome –afferma il Lucarelli- deriva dal fatto che se si coglie il suddetto fiore e lo si poggia sull’orecchio, come se lo si volesse ascoltare, si ha la sensazione di sentire il verso del cuculo, o almeno questo è sicuro di sentire colui che ascolta”. Potere delle parole! che così convincono noi, estremi fruitori delle loro forme superficiali provenienti dalla preistoria, a metterle istintivamente in rapporto tra loro anche quando sembrerebbe operazione improbabile, dando origine a racconti e credenze tendenti a giustificare tale rapporto. Anche in questo caso mi pare chiaro che è il semplice loro incrociarsi a dare origine alla credenza e non viceversa. Anche in questo caso, al di sotto del gioco di superficie, dorme i suoi profondi sonni una realtà effettuale la quale consisteva forse nel fatto che quel fiore campaniforme, e quindi la pianta, era chiamato nella preistoria proprio cucùle. Partendo da questa realtà non doveva poi sembrare tanto improbabile, specie per l’uomo preistorico, pensare che dentro quella cavità chiamata cucùle risonasse il verso dell'uccello chiamato in it. cuculo allo stesso modo in cui, appoggiando l’orecchio alla cavità di una conchiglia, si credeva da ragazzi di individuare, nelle naturali risonanze producentisi in essa, lo sciabordare delle onde del mare.
Cucùle, sempre nel trasaccano, significa anche ‘cornuto’ nel senso di marito tradito dalla moglie, ed esso deve trarre questo significato da quello di ‘punta, corno’, sempre dalla base cucu, cuccu, cocu ricorrente anche in altri termini con questo significato. Il calabrese còcula ‘glande del pene’ sembra sfruttare l’idea di rotondità piuttosto che quella di protuberanza, idee del resto interdipendenti. L’ingl. cock ‘gallo’ significa volgarmente anche ‘membro virile’ o anche ‘mucchio di fieno di forma in genere conica, cane (della pistola), beccuccio, rubinetto’ ma negli Usa, soprattutto nel Sud e nel Midland (cfr. vocab. Webster), significa ‘pudende femminili’, riallacciandosi così, come per miracolo, al trasaccano sopra citato cucca ‘organo sessuale femminile’ e al gallurese cuc-oni ‘cella’. E’ abbastanza ricorrente, inoltre, l’oronimo Monte Cuculo, Colle Cuculo da appaiare al nome del paese di Cocullo-Aq, situato su un colle, e famoso per la festa di San Domenico, protettore dai morsi di serpente.
Ritornando a bi-cocca si può notare come esso abbia trovato il modo di incrociarsi, per il primo componente, anche col lat. bi-, risalente a lat. bis ‘due volte’, nel termine piemontese e ticinese bi-cochìn (6) ‘berretto a due punte’ ma anche semplicemente ‘calotta, berrettino tondo’, significato che in questo caso doveva corrispondere, all'origine, a quello delle due componenti di bicci-cocca. La stessa cosa è avvenuta per l’it. bi-dente di cui esistono forme tautologiche dialettali quali bili-dente (Pescina-Aq), bel-dente, ecc. come ho mostrato nell’articolo, presente nel mio blog, L'italiano "bidente" ovvero le insidie etimologiche dell’aprile 2010. Nel significato di ‘casupola, bugigattolo, capanna’ la voce –cocca sembra ripresentarsi nell’ingl. hutch ‘gabbia, tugurio’, oland. hok ‘capanna, casupola’.
Nel dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani, presente in rete, sotto la voce bicocca si sottolinea che essa indicava un fortino di tipo militare usato soprattutto a scopo di vedetta: sarà un caso ma nel vocab. del Bielli è riportata l’espressione A la bicche ‘in vedetta’ il cui sostantivo potrebbe essersi sovrapposto al primo elemento di bicci-cocca dando vita ad un composto di tipo germanico col significato di ‘casotto di guardia, di vedetta’. Questo è il motivo per cui sono propenso a credere che dietro un composto come l’ingl. hog-pen ‘porcile’, letter. ‘recinto (pen) per porci (hog)’, possa nascondersi un originario composto tautologico il cui primo componente richiamerebbe il sopra citato ingl. hutch oppure oland. hok ‘capanna, casupola’. A conforto di questa considerazione si può ricordare che il grande Saussure (7) affermava che la lingua non è un organismo creato e ordinato in vista dei concetti che deve esprimere, contrariamente alla falsa idea che siamo soliti farcene. E in effetti essa, appena se ne presenti l’occasione, ricicla, riordina e dà un nuovo assetto normativo al materiale ricevuto dallo stato precedente, il quale soggiaceva a regole diverse venendo ad esprimere solo per caso nuove significazioni, perché era destinato a tutt’altro. L’etimo di bicche ‘vedetta’ potrebbe richiamare l’a.a.ted. wecc-an ‘eccitare, svegliare’, ingl. wake ‘veglia’, lat. vig-il ‘vigile, sveglio’, ingl. watch ‘guardia, sorveglianza’.


Note:

1- Cfr. Q. Lucarelli, Biabbà A-E, Avezzano-Aq, Grafiche Di Censo 2003, p. 554, s.v.
2- Si incontra la variante abruzzese còcchele 'baccello, guscio di semi' in M. Cortelazzo- C. Marcato, I dialetti italiani, Torino, UTET 1998, p. 153, s.v. còcula.
3- Cfr. Q. Lucarelli, op. cit., p. 558, s.v.
4- Cfr. G. Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Avezzano-Aq, Grafiche Cellini 2006, p. 76.
5- Cfr. Q. Lucarelli, op. cit., p. 557, s.v.
6- Cfr. M. Cortelazzo- C. Marcato, op. cit., p. 77, s.v. bicocà.
7- Cfr. F. de Saussure, Corso di linguistica generale, Bari, Editori Laterza 1976, p. 104, par. 3.