sabato 1 febbraio 2014

La "panonda", bruschetta d'olio o grasso e la "crestonda", bruschetta unta d'olio con una passatina d'aglio




Il vocabolo panonda, con i suoi annessi panόgnё ‘ungere’ e panùndё ‘unto (part.pass.)’, è diffusissimo nei dialetti abruzzesi e almeno in quelli delle regioni limitrofe (Lazio, Umbria, Marche).  Dai linguisti viene sbrigativamente spiegato col suo apparente significato di superficie ‘pane unto’, ma la cosa è molto più complicata di quello che sembra, anche perché il genere femm. del termine mal si adatta al maschile di it. pane il quale avrebbe dovuto dare un sostantivo maschile come panundë, panë undë effettivamente presenti nei dialetti e corrispondenti al tosc. panunto.  Conoscendo le sottili insidie tese spesso dai vocaboli, ho pensato che sotto questo termine si sarebbe potuto ben camuffare un composto tautologico di due membri.  Esiste del resto il verbo semplice όgnё ‘ungere’ che ha lo stesso significato di pan-ógnë ‘ungere’, anche nel senso figurato di ‘corrompere qualcuno con regali vari per ottenere vantaggi economici’.  

Il dubbio da me nutrito si è rafforzato quando ho incontrato nel Vocabolario abruzzese del Bielli il lemma ‘mbanë ‘bozzima’, cioè una specie di colla con cui si ammorbidivano un tempo i fili dell’ordito nell’arte della tessitura.  Il Bielli riporta anche la frase Pëparulë ‘nchë  la ‘mbanë  con la spiegazione « Peperoni secchi rinverditi, tuffati nella farina spenta nell’acqua e poi fritti in padella».   Da ciò si capisce che questa mbane era un impasto di acqua e farina, una sorta di colla, di miscuglio appiccicaticcio che può dare ragione del significato del primo membro del citato pan-όgnё, come avevo supposto.  La voce ‘mbane proviene da un precedente *in-pane, *im-pane con normale sonorizzazione, nei dialetti abruzzesi, della occlusiva labiale sorda –p- dopo una nasale.  

Il significato del termine in questione panonda deve essere allora il risultato di un’azione che, vedi caso, è espressa anche dal termine italiano pane.  E’ proprio così!!!  giacchè  quello che chiamiamo pane è sostanzialmente il risultato di un impasto di farina ed acqua, cotto successivamente al forno.  Per questo debbo credere che l’etimo solitamente proposto per pane, cioè il lat. pasci ‘pascolare, nutrire’ esprime un significato che solo attraverso una riflessione razionale viene a sfiorare il pane il quale invece, già dalle mani delle massaie preistoriche, veniva plasmato in forme più o meno rotondeggianti da un impasto, appunto, di acqua e farina preparato precedentemente, e pertanto dovette essere nominato come tale. Le mie etimologie generalmente si distinguono da quelle correnti proprio per questa caratteristica di stabilire un contatto più stretto e diretto con il referente.  L’etimo di pane, allora, mi pare possa essere individuato nella radice del greco páss-ein ‘impastare’ presente nel gr. past-ái[1] ‘farina con salsa’, da cui il tardo lat. pasta(m) ‘pasta’: bisogna pensare, per pane, ad un originario supposto lat.*past-nis> *pas-nis >pan-is.
Il toscano pan-iccia ‘massa liquida densa, poltiglia’ deve essere pertanto considerato ampliamento di pane nel senso etimologico di ‘impasto’ e non derivato da   lat. panicu(m) ‘panìco’.  

Altro termine che sembra rafforzare il mio punto di vista su questa questione è l’abruzzese panettë (vocab. del Bielli) ‘strato di sudiciume nericcio che si forma sul capo dei neonati’, cioè una sorta di impasto di sporcizia untuosa: cfr. fr. panne ‘sugna, grasso’.  Anche l’it. panna (ant. pana), prima di incrociarsi con panno ed assumere così il significato specializzato di ‘velo di grasso che copre il latte’, aveva il solo significato di ‘grasso’ e simili.

La voce aiellese e di altri paesi crёst-όnda ‘pane abbrustolito unto con olio ed una passatina di aglio’  non va intesa come ‘crosta unta’ perché inizialmente il primo membro doveva essere tautologico rispetto al secondo e rimandava al gr. khrist-όs ‘unto’, gr. khrîsma ‘unguento, grasso, intonaco, calcina’: gli ultimi due significati reintroducono quello di ‘impasto’.  L’elemento
-onda potrebbe richiamare il plur. neutro del sostantivo lat. unctu(m) ‘unguento, pietanza ben condita, lauto pranzo’[2]. 

Ampliamento del termine lat. pane (anche panis) inteso come ‘impasto, colla’ potrebbe essere un latino *panea(m), all’origine dell’it. pania.  Viene a cadere, pertanto, l’etimologia che riporta pania  al lat. pagina(m) ‘pergola a spalliera’ attraverso lenizione totale della velare –g- e metatesi paina>pania.  Costituirebbe invero un ostacolo per questa etimologia anche il senso supposto di ‘bastoncino invischiato’ e quindi ‘vischio’ dato al lat. pag-ina(m)[3]: è un processo troppo elaborato e un po’ forzato, suggerito dalla presenza del toscano pag-ella ‘pania’, la quale sì che è da ricondurre alla radice suddetta, ben presente in latino, ma col significato di gr. pég-nu-mi, dorico  pág-nu-mi ‘fissare, attaccare, coagulare’, funzione essenziale svolta da ogni tipo di colla: cfr. lat. com-pag-e(m), com-pag-ine(m) ‘compagine, unione’[4].  A pensarci bene, però, anche il sopracitato it. pania  potrebbe essere un derivato del lat. pagina(m) ma col significato non attestato per questo termine, uguale a quello di tosc. pagella ‘pania’ e simile a quello di lat. pagin-are ‘connettere, mettere insieme’.  La paella, tipico piatto spagnolo costituito da riso mescolato a vari altri alimenti come brodo, carne, pesce, verdure, ecc., penso possa derivare da una originaria *pa(g)ella col signif. di ‘miscuglio’, piuttosto che provenire da lat. pa(t)ella(m)’padella’.

 Anche il gr. árt-os ‘pane, cibo’, dalla radice ar di lat. art-e(m) ‘arte’, richiama l’idea del “congiungere, unire, preparare” mostrando lo stesso significato di fondo del lat. pane(m) ‘pane’.





[1] Cfr. M. Cortelazzo/ P. Zolli,  l’Etimologico minore (DELI), Zanichelli editore s.p.a., Bologna 2004, s. v. pasta.

[2] La presenza di gr. khrist-ós ‘unto’ nel primo membro di crëst-onda è stata notata, indipendentemente da me, anche da F. Zazzara di Pescina-Aq, uno degli autori del libro Marsi, tipogr. Renzo Palozzi, Marino-Rm, p.20, par.5.

[3] Cfr. M. Cortelazzo/ P. Zolli, l’Etimol. cit.,  s. v. pania.  Cfr. anche G. Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Felice le Monnier, Firenze 1968, s. v. pania.

[4] In Lucrezio, 6, 1071, il plur. com-pag-es vale ‘incollatura, presa’.  Il lat. pagina(m) ‘foglio di papiro, pagina, lastra, filare di viti rettangolare’ credo si riallacci a questo significato fondamentale di ‘connettere’ espresso dalla radice
pag-. Il rotolo di papiro era composto di diversi fogli incollati insieme e sottoposti a pressione. Il foglio, a sua volta, era formato da strisce di papiro incollate insieme.  Il risultato era appunto un struttura piatta costituita di elementi ben connessi insieme.  La radice aveva anche il significato un po’ diverso di ‘ficcare, piantare’ da cui il sign. di ‘scrivere’ di lat. pang-ere (la radice pag- qui presenta l’infisso nasale –n-) e di lat. pag-in-are con riferimento magari allo stilo che incideva le lettere sulla cera delle tavolette per scrivere.  A mio avviso non è quindi il pergolato a filari rettangolari l’origine del sign. di pagina ma, semmai, è il sign. di ‘struttura (piatta)’ che ha originato gli altri due.  Il gr. sel-ís, -ídos ‘pagina, lista, colonna di scrittura, scrittura, banco dei rematori’ conferma il mio ragionamento: cfr. gr. sél-ma ‘travatura, impalcatura, ponte delle navi, banco dei rematori’. 
  La Lingua, comunque, è piena di risorse.  L’idea di “scrittura” espressa da questa radice poteva farsi strada anche attraverso quella di “connessione, commettitura, composizione” in riferimento alle lettere che compongono le parole e alle parole stesse che compongono qualsiasi testo scritto.