domenica 3 aprile 2022

Campana e campanello.

 

          Campana e campanello.

 

    Come mai a Trasacco-Aq nella Marsica l’ugola viene chiamata cambanéjjë cioè ‘campanello’? Anche nel Vocabolario abruzzese di D. Bielli si incontra campanèllë, di genere maschile, col   significato, tra gli altri, di ‘ugola’.  

    Posso capire il significato di campanella ‘anello di metallo’, voce italiana e dialettale, in quanto la rotondità dell’anello potrebbe richiamare quella del labbro di una campana, ma il significato di ‘escrescenza carnosa’, quale quella dell’ugola, mi pare che non possa rientrare nel concetto di “campana”.  Questa parola è fatta derivare, come è noto, dalla supposta espressione del tardo latino vasa campana, letteralmente ‘vasi della Campania’, perché in quella regione, e precisamente a Nola, le campane sarebbero state costruite per la prima volta: il che suona falso, data la comprovata esistenza di questi strumenti già diversi secoli prima della venuta di Cristo.  Giustamente in tedesco l’ugola è detta Zapfen, termine  che vale anche ‘cavicchio, turacciolo, perno, tappo’ e che rimanda, quindi, ad un concetto di ‘escrescenza, zipolo, punta’ ma non di ‘rotondità’.    

    A mio parere l’espressione vasa campana è una tautologia in cui il secondo elemento campana ha lo stesso significato del primo, cioè ‘vasi’.  E lo desumo dal fatto che la radice camp-  in diversi casi doveva indicare una cavità, uno spazio più o meno chiuso come nell’it. campana nel senso di gioco infantile che si svolge su una figura tracciata sul terreno e composta di vari quadratini o rettangolini giustapposti , entro i quali bisogna saltellare con un piede spingendo un sassolino senza uscire fuori dalle caselle. In questo caso il termine campana  doveva indicare all’inizio proprio queste caselle.

    Il termine architettonico campata indica lo spazio tra due elementi portanti consecutivi di ponti, portici, ecc.

     Come mai, allora, nei nostri dialetti la voce cambanèjjë ‘campanello’  significa anche ‘ugola’?

    Quando ero ragazzo venivano chiamate campanelle dei cerchietti di ferro appesi a fianco delle porte di casa per potervi legare la cavezza degli animali da soma. Una era anche accanto alla porta della mia vecchia casa.  Siamo sempre nell’ambito del significato di ‘rotondità, cavità’ della radice della parola campana. Quasi certamente, quindi, il significato del comune strumento sonoro chiamato campana, attinge proprio a quello della sua radice e non deve affatto andarlo a mendicare in Campania.

      Come mai, allora, nei nostri dialetti la voce cambanèjjë ‘campanello’ significa anche ‘ugola’?  Non si tratta di una parola diversa dall’altra, anche se formalmente simile all’altra: gli è che, a mio avviso, una campana che, come detto prima, al suo interno appare come una cavità, contemporaneamente, al suo esterno, essa appare come una protuberanza, concetto in cui rientrano quelli di ‘zipolo, punta, appendice, ecc.’  tra i quali è possibile comprendere anche quello di ‘ugola’ e persino quello di ‘escrescenza rotondeggiante’, col quale si ritorna alla ‘rotondità’.         Con questo voglio dire che non dobbiamo farci ingannare dal significato unico o preponderante che una parola assume in una lingua, perché certamente in altre lingue, o in fasi magari preistoriche, quel significato poteva essere rovesciato; e questo era possibile perché il significato di fondo di ogni radice era all’inizio uno solo, quello genericissimo di ‘anima, spinta’  e simili come ho detto in molti altri articoli. 

     Di conseguenza anche l’it. campanile è molto molto difficile che sia nato col significato etimologico di ‘(torre) delle campane’ perché la voce campana conteneva già dentro di sé, come abbiamo visto, anche il significato di ‘protuberanza, punta, vetta’. La voce geografica campanile  ‘vetta (isolata)’ nelle Dolomiti, non è da intendersi quindi  come un campanile metaforico ma semplicemente come ‘punta, vetta’ senza altre specificazioni.

    L’it. ugola deriva dal lat. *uv-ul-a(m), diminutivo di lat. uv-a(m) ‘grappolo d’uva, grappolo(di altri frutti), grappolo di api (che pendono da un ramo), ugola’, ma non bisogna credere che ciò sia avvenuto perché l’escrescenza dell’ugola sia simile ad un chicco d’uva: il fatto è che l’uva stessa è una escrescenza o protuberanza e pertanto si potrebbe a ragione supporre che è addirittura il grappolo d’uva o l’uva stessa a prendere il nome dall’escrescenza dell’ugola.  Ma la semplice verità è che ciascuno dei due nomi sfrutta contemporaneamente lo stesso concetto di “protuberanza” e che quindi non dipende dall’altro per la sua sussistenza.  

    




venerdì 1 aprile 2022

Ombre cinesi.

 


 

   Si pensa comunemente che le cosiddette Ombre cinesi  siano originarie della Cina, come asserisce del resto il significato superficiale dell’espressione: è leggenda che l’imperatore cinese Wudi (140-85 a.C.), caduto in depressione dopo la morte di una sua amata concubina, riuscì a consolarsi guardando la proiezione su una tenda di una figura simile alla donna scomparsa.

   Questo racconto favoloso mostra tutta la sua fragilità appena si pensa, ad esempio, che il significato dell’aggettivo cinesi potrebbe non essere quello di ‘originario, o proprio della Cina’ ma quello della probabile parola originaria greca kínē-sis ‘movimento’  la cui radice è presente anche nell’it. cinema.  

    L’espressione sarebbe potuta partire da una greca del tipo Skiôn kínēsis ‘movimento di ombre’, misinterpretata come ‘Ombre cinesi’, appunto, da parte di chi cerca di ricavare comunque un senso da una espressione di cui non conosce la grammatica ma solo il significato generico. Diversi sono i casi simili, prodottosi ingenuamente, quando si passa da una lingua all’altra.

domenica 27 marzo 2022

Espressione aiellese-abruzzese Në’ mmë në dicë corë.

 


      L’espressione, usata anche nella forma Në’ mmë dicë corë ci arriva direttamente dal latino ed ha il significato di ‘non ne ho voglia’, letteral. ‘non me ne dice (il) cuore’ o ‘non mi dice il cuore’.   E’ proprio l’assenza dell’articolo dinanzi a corë la spia sicura della presenza diretta del latino, il quale, come è noto,  non aveva articoli: in latino la forma doveva essere Non mihi dicit cor  ‘il cuore non me (lo) dice’.

   In altri termini non si tratta di espressione nata dopo che si smise di parlare latino (IV sec. circa d.C.), ma esistente già in quella lingua. 

  

 






 

sabato 26 marzo 2022

Sano come un pesce.

 


    Quale potrebbe essere l’origine dell’espressione italiana “sano come un pesce”?  Non è detto che un pesce sia sempre in buona salute a prescindere. Questa specie animale è soggetta a malattie come tutte le altre.  Forse il guizzare dei pesci, magari fuori dell’acqua, ha suggerito il paragone, ma il motivo potrebbe, a mio parere, essere molto di verso. 

      Nell’antichità, presso diversi popoli, soprattutto celtici, la piantina parassita sempreverde del visco o vischio era considerata, oltre che sacra, una panacea contro tutte le malattie ed entrava  in diversi racconti mitologici: era ritenuto quasi un animale; di conseguenza era possibilissima l’esistenza di una espressione quale *sano come il visco. Il visco, in altri termini, era il simbolo della salubrità contro le disgrazie delle malattie e della vita contrapposta alla morte, oltre che simbolo di nascita e rinascita: da quest’ultimo credo sia derivata l’usanza di appenderlo alle porte come segno di buon auspicio (cfr. ingl. wish ‘augurio’ radice di ant. ingl. wysc-an’augurare’) nel periodo di Natale. Uno dei nomi celtici per ‘visco’ era proprio vit da cui il francese gui ‘vischio (pianta)’. L’abruzzese A li vischë tȋ  ‘alla tua malora!’(cfr. D. Bielli Vocabolario abruzzese) deve essere antifrastico rispetto al significato  letterale di ‘ai tuoi auguri (desideri)!’.

     Ora, quando i racconti mitologici cominciarono a venir meno, una locuzione del tipo *sano come un visco era in qualche modo indotta a sostituire a “visco” un termine che indicasse un animale, dato che l’aggettivo “sano” viene di norma riferito a uomini o animali. E così dovette surrettiziamente spuntare il pesce, lat. pisc-e(m) ‘pesce’ (cfr. ted. Fisch ‘pesce’, la cui radice è molto simile a quella di lat. visc-u(m).

      Ribadisco  quindi, come ho fatto spesso, che tutto quanto si dice tradizionalmente e nelle leggende, intorno a qualcosa, è frutto di incroci   di termini simili, avvenuti nel corso dei millenni.

 

 

    

mercoledì 23 marzo 2022

Bastian contrario.

 


     Invece di citare, come fanno i linguisti, questo o quel personaggio che avrebbe avuto la caratteristica di esprimere solitamente opinioni contrarie a quelle della maggioranza degli uomini, mi son detto che probabilmente bisognava cercare l’origine dell’espressione in sé stessa, per il fatto che quei personaggi quasi sicuramente erano stati così chiamati quando la locuzione Bastian contrario era già abbastanza diffusa.
     Mi è subito venuta in mente una probabile espressione dialettale o italiana come bastion contrario: un “bastione” è infatti un baluardo, terrapieno o qualsiasi opera di difesa che sta lì contro chi volesse ostilmente superarlo. Mi sono poi chiesto se effettivamente quest’espressione fosse usata in italiano: grande è stata la mia sorpresa allorchè l’ho trovata in internet, riferita ad un ristorane di Savona. E’ chiaro, mi sembra, che il ristorante ha preso il nome di Bastion Contrario da quello del posto in cui si trova.
     In italiano l’aggettivo “contrario” ha perso il significato etimologico, ben presente nel lat. contrari-u(m) ‘che sta di fronte (lat. contra ’di fronte’)’, mantenendo quello di ‘antitetico, opposto, contrastante’, e questo fatto ha molto contribuito a convincerci che l’espressione “Bastian contrario” indicasse per antonomasia un tipo che contraddice per partito preso, a parte il problema della sua origine. Io sono ora in effetti convinto, date le considerazioni testé fatte, che si tratta di una naturale e banale reinterpretazione dell’espressione già in uso di bastion contrario,riadattata ad indicare chi è dotato di spirito di contraddizione: come il bastion contrario è un ostacolo che si contrappone a chi volesse procedere oltre, così il Bastian contrario è una qualsiasi persona (non una in particolare, vissuta storicamente qua o là, come si affannano a convincersi e convincerci i linguisti) che dice sempre il contrario di quello che si sostiene.
    Chi cerca nella giusta direzione, con metodo realistico, quasi sicuramente trova.

   



sabato 26 febbraio 2022

Sciarappa.

 


 

   Nel dialetto avezzanese[1]  il significato della voce sciarappa è ‘invito, intimazione, ordine perentorio che s’impartisce a persona non gradita, perché si allontani’ oppure ‘vino di poco pregio’.

    Ricordo che anche ad Aielli, quando ero ragazzo, c’era una persona anziana che se veniva importunata  era solita rispondere sciarapp  nau!, che non si sapeva bene cosa volesse significare con precisione.  Io allora non conoscevo l’inglese: mio fratello, che lo conosceva, mi spiegò che l’espressione corrispondeva all’ingl. shut up  now!  ‘stai  zitto, chiudi il becco ora!’.  La consonante –t- in inglese è palatale e quindi tutta la suddetta espressione suonava grosso modo sciadapp o sciarapp nau.

   E’ evidente che anche il primo significato dello sciarappa avezzanese si può ricondurre all’espressione inglese shut up! ‘chiudi il becco!’.  Si tratta certamente di un’espressione riportata dalle molte persone emigrate negli Stati Uniti, e diffusasi tra noi.

    Per il significato di ‘vino di poco pregio’ bisogna rifarsi al napoletano e meridionale sciarappa ‘bevanda dolce’, dall’arabo sciarab ‘bevanda, vino, caffè’ ed anche ‘sciroppo’. 

    Sempre ad Avezzano la sciarappa indica anche la pianta che in italiano è chiamata scialappa o gialabba, pianta purgativa originaria dal Messico, il cui nome richiama la città messicana di Jalapa.   Gli incroci sono sempre dietro l’angolo!



[1] Cfr. Buzzelli-Pitoni, Vocabolario del dialetto avezzanese, senza casa editrice, Avezzano 2002.

mercoledì 23 febbraio 2022

Passeggiare e spasseggiare.

 


 

   I vocabolari sostengono che la forma s-passeggiare deriva da passeggiare con una s- iniziale (intensiva?).  Ricordo la bella canzone napoletana di Carosone, intitolata Guaglione, che conteneva il verso tu passe e spasse sotte a stu balcone, col significato di ‘tu passi e ripassi sotto a questo balcone’.  Anche qui sembra che spasse venga da passe con la prostesi di una s-. Ma io ho qualche dubbio.

   Penso, infatti, che le forme it spasseggiare e il napoletano  spassà (nel senso di ‘ripassare’) avessero all’origine poco o nulla a che fare col passo di it. passeggiare e passare.  A mio avviso queste forme presuppongono il lat. spati-ari (anche spati-are)  ‘passeggiare, andare a spasso, camminare’ incrociatosi, naturalmente con il lat. pass-u(m) ‘passo’.  Anche il tedesco usa spazier-en ‘passeggiare’, preso dal lat. spati-ari.

    Il bello è che questa mia supposizione va ad intaccare, ad esempio, la convinzione dei linguisti che derivano l’it. spassare nel senso di ‘divertire, divagare’ da una forma lat. *ex-pans-are> *ex-pass-are> spassare, dal partic. passato ex-pans-um, ex-pass-um ‘esteso, allargato’ del verbo ex-pand-ĕre’espandere, allargare’ a cui fanno seguire un anim-u(m) del tutto presunto, secondo me: ‘espandere l’animo’  sarebbe l’origine di it. spassare, forma che ha mantenuto il verbo ma non l‘animo,  secondo me necessario in questo caso.

    Ora (passando ad altro), Il verbo divagare ha in italiano un significato fondamentale di ‘allontanarsi, andare qua e là’ presente nel latino divagari, il quale però non ha quello di ‘svagar(si), divertir(si)’, chiaramente sviluppatosi dal precedente come effetto di un allontanar(si), un distaccar(si) da qualche assillo o noia, o dalla solita routine. Allora diventa del tutto naturale porre anche all’origine di it. spassare, spasso  il verbo lat. spati-ari, che col suo significato di ‘andare a spasso, passeggiare’ si avvicina moltissimo a quello di lat. divagari.  Come tocco finale aggiungo il lat. spatia-tor-e(m) ‘bighellone’ cioè girandolone, nullafacente, condizione propria di chi sta a spasso, locuzione niente affatto apparentata, pertanto, con quella di ‘divertimento’.