venerdì 2 dicembre 2011

Piano Scrufola


Che magnifico oronimo! E’ riferito ad un costone appena al di sopra di rocce e dirupi, ben evidenziati nella cartina, nel territorio di Visso, prov. di Macerata. E’ quasi certo che esso, sia che indichi il costone, che sicuramente non ha la forma di un “piano”, sia che indichi le rocce al di sotto, deve essere necessariamente in rapporto col lat. scrup-ulu(m), diminutivo di scrupu(m) ’sasso aguzzo, roccia’. Sono certo che i cosiddetti diminutivi erano in realtà, all’origine, nomi formati da due o più costituenti tautologiche che si erano poi piegate a svolgere una funzione diminutiva nel corso dell’evoluzione della lingua. Ad ogni modo mi pare che non si possa negare un collegamento del termine scrupu(m) col ted. Schroff ‘rupe’ oppure ‘scabro, dirupato, erto’, nella forma aggettivale schroff. La cosa interessante è rappresentata dal fatto che il toponimo in questione presenta un trattamento della occlusiva labiale sorda /p/, trasformata in spirante /f/, uguale a quello che si riscontra nelle lingue germaniche , come ho avuto modo di far notare anche in altri casi. Il che significa che pure dalle parti della penisola italiana sono circolate lingue, nella preistoria, con quella specifica caratteristica che i manuali presentano come esclusiva del germanico nell'ambito del presunto indoeuropeo comune. Pertanto la data a cui si fa solitamente risalire questo fenomeno per le lingue germaniche (circa I sec. a. C.) dovrebbe essere a mio vedere di molto anticipata, anche di millenni.


Quanto al concetto espresso dal toponimo “Piano” ho già avuto modo, in altro articolo, di sottolineare che esso ricorre spessissimo, oltre che nel Parco Nazionale dei Sibillini, nel cui ambito ricade il nostro Piano Scrufola, anche altrove, come nell’area del Gran Sasso d’Italia dove, ugualmente, indica di solito costoni con curve di livello ravvicinate. E’ facile allora dedurre, anche senza portare come prova il serbo-croato plan-ina ‘monte, montagna’, che la radice doveva esprimere, in lingue preistoriche, concetti come ‘monte, roccia, costa, ecc.’.


Sempre nell’area dei Sibillini si incontra una Costa Pian-grano, nome in cui la seconda costituente –grano lungi dal far pensare a campi di grano, si riallaccia, secondo me, allo pseudoaggettivo dell’oronimo Gran Sasso, presente anche nell’oronimo Piano Grande della stessa area, come ho sostenuto in altro articolo. In questi toponimi il –grano fa balenare l’idea che l’etimo dato talora dai linguisti per il termine “grano” non può attingere all’improbabile significato di ‘vecchio’, bensì a quello di ‘chicco’, il quale non è altro che un ‘monte’ in miniatura, in quanto nasconde in sé l’idea di ‘rotondità, protuberanza’, sia essa quella di un monte oppure di un minuscolo chicco: anche il lat. grando, inis ‘grandine’ è a mio avviso ampliamento di lat. granum ’grano’. Lo stesso ragionamento vale, ad esempio, per il sardo monte ‘sasso, pietra, roccia’. E, a ben riflettere, ci si accorge che tutte queste radici coinvolte che esprimono il concetto di ‘monte’, attingono alla fine ad un comune significato. In effetti l’idea di ‘‘piano’’ deve scaturire da quella più generica di “estensione, ampiezza, grandezza’’ come suggerisce l’aggettivo greco platys ‘piano, piatto, esteso, ampio, sparso’; allo stesso modo l’idea di "monte", come vuole l’etimo latino della parola, il quale riporta al concetto di ‘protuberanza’ (cfr. lat. ment-um 'mento', lat. e-min-ere 'sporgere, elevarsi'), può essere altrettanto bene espressa da quella di ‘estensione (in altezza)’. Anche la “grandezza” in questo caso, prima di alludere a qualcosa più esteso del normale o di altra cosa, come avviene automaticamente nella nostra mente quando leggiamo questi toponimi, doveva all’origine indicare, come sostantivo, solo il concetto di ‘estensione, protuberanza’, piccola o grande che fosse, in riferimento ad una parete rocciosa o semplicemente ad un monte. Pertanto il probabile etimo della parola trae in ballo, secondo me, anche il greco kara oppure k(a)ran-on ‘testa, punta,sommità’.


Il lat. scrofulae ’scrofola (ingrossamento patologico dei linfonodi nel collo, significato connesso con quello di ‘protuberanza, rigonfiamento’ e, quindi, di ‘scoglio, monte’)’ non può essere inoltre un calco semantico del greco choir-ades ‘ghiandole ingrossate del collo, pietre, scogli’ messe in relazione, non si sa bene perché, con choiros ‘porcellino, porco’ allo stesso modo in cui il termine latino farebbe riferimento, secondo i linguisti, al lat. scrofa ‘scrofa’, anche se si può rimanere perplessi per l’esclusione, dal paragone, del maschio dell’animale. Ma i preistorici locutori che usarono l’oronimo Scrufola, col significato, non presente in latino, di ‘costone, scoglio, dirupo’, quasi sicuramente non parlavano il latino storico, che certamente era una lingua ancora in fieri, e molto probabilmente non avevano nel loro vocabolario nemmeno il termine scrofa . In effetti, i guai più seri per la linguistica sono causati proprio da questa sua incapacità di scrollarsi di dosso il pesante e talora ottundente fardello rappresentato dal latino storico considerato come centro esclusivo di irradazione su ampio raggio di termini e significati, mentre a me, ma fortunatamente anche a qualcun altro, pare molto ragionevole pensare che il latino abbia avuto una lunga fase preistorica in cui ha condiviso, alla pari, con altri idiomi di regioni diverse da quella del Latium Vetus (Lazio Antico), molte parole che ricorrono, appunto, nella toponomastica ma spesso in forma e significato diversi, di molto o di poco, da quelli del latino storico, anche se i differenti significati possono poi essere riannodati insieme, perché derivati da uno comune più a monte. C’è da supporre, insomma, che nell’area del Mediterraneo si avesse una sorta di koinè, anche se molto variegata al suo interno, già prima del presunto arrivo dell’indoeuropeo comune, nella quale si incontravano ed incrociavano molte parlate in formazione che avrebbero poi dato come esito le varie lingue storiche che conosciamo. Il lat. scrofulae ‘scrofola’, data la sua evidente parentela, nel segno del "rigonfiamento", con lat. scrupulu(m) ‘sassolino’, attesta anch’esso, come l’oronimo Piano Scrufola, la trasformazione in spirante /f/ della occlusiva sorda /p/, propria delle lingue germaniche.


Si può ben dire allora, senza tema di esagerare, che toponimi come questo di Piano Scrufola valgono, se rettamente interpretati, a gettare almeno l’ombra di un dubbio su posizioni espresse da pur illustri studiosi e possono addirittura far crollare, con la loro petrosa consistenza, tutta o quasi la letteratura accumulatasi fino ad oggi su determinati fatti linguistici.




N.B.



A proposito del significato del termine “piano”, che certamente nei toponimi non può ridursi a quello del latino planu(m) 'piano' , come ho potuto dimostrare (successivamente alla stesura di questo articolo che pubblico solo ora) mediante alcune voci chiarificatrici del dialetto di Spinazzola-Ba, rimando al post Col tempo e con la paglia maturano le nespole e la canaglia del luglio 2011.

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