martedì 16 febbraio 2010

I nomi composti tautologici che sfuggono ai linguisti

Sempre spigolando qua e là dal libro Nomi e volti della paura nelle valli dell’Adda e della Mera di Remo Bracchi, si possono fare osservazioni di notevole interesse. A p. 295 egli cita alcuni termini dialettali dell’area della Valtellina per ‘testicoli’ come livign(ese) balùsc’tri, tart(anese) balaǘstri che richiamano il mil(anese) romp i balauster ‘rompere i corbelli’, bres(ciano) balaöster ‘testicoli’, ecc. e suppone che queste voci siano una deformazione di bàla ‘testicolo’ che viene indirizzata verso il termine balaustra per ragioni eufemistiche. Io invece penso, per i motivi che dirò più sotto, che tra la bala e la balaustra ci sia una distanza quasi incolmabile se non interviene anche qualche altro fenomeno a favorire la presunta trasformazione. Un identico problema si profila a proposito di porta e portoghese nell’espressione idiomatica fare il portoghese che, secondo il linguista Ottavio Lurati, si sarebbe formata scherzosamente partendo dall’altra espressione entrare a pporta rotta (entrare a spettacolo iniziato) in uso nell’ambiente teatrale romano. Cfr. per una disamina più esaustiva l’altro mio articolo Fare il portoghese presente nel blog.
Subito dopo, il Bracchi cita il borm(iese) döi de agósc’t ‘testicoli’, albos(aggese) i du d’agóst ‘testicoli’ , ven(eto) de agosto ‘testicoli’. Ho trovato l’espressione anche ne I dialetti italiani , UTET, 1998, dove si elencano le varie spiegazioni date, tutte più o meno inattendibili, come riconosce lo stesso estensore della voce, M. Cortellazzo. Esse sono: l’influsso del mese sull’organismo; un doppio senso congusto’ ;la sovrapposizione di due palle nel numero 8, che indica il mese;e, infine, la piacevolezza del comando dato [da Napoleone] ai soldati francesi dai calzoni attillatissimi di sistemareles deux à gauche’ (i due a sinistra). C’è però anche da notare che in quel giorno, in quasi tutto l'arco alpino, si celebrava tradizionalmente la festa degli uomini durante la quale si infiocchettavano con un nastro gli organi genitali, riprodotti col legno o con altro materiale, e si portavano in giro dappertutto: sicchè non mi sembra fuori luogo pensare che agosto dovesse significare in epoca preistorica proprio ‘testicolo’, organo importante per la mentalità primitiva che poteva essere fatto oggetto di venerazione e essere portato in processione come avveniva per le famose feste greche delle falloforìe, dove erano gli organi genitali maschili, i falli appunto, ad essere oggetto di venerazione, come simboli di fertilità. La festa degli uomini, per le sue caratteristiche pagane e precristiane, risaliva certamente alla preistoria, anche se la fissazione della data al 2 agosto sarà avvenuta successivamente alla riforma giuliana del calendario, e a quella in cui l’antico mese sestile prese il nome di Augustus (8 a.C.), in onore del grande imperatore. In internet ho trovato la pagina di un tale che attesta l'espressione le due (palle) di Augusto, variante dell'altra di cui si discute, usata nel suo paese in provincia di Torino: l'espressione conferma, come ho sostenuto più sopra, che bisogna partire, per spiegare tutta la faccenda, dal significato originario di 'testicolo' del termine agosto, di cui potrei tentare anche l'etimo ma preferisco non farlo e tiro solo in ballo l'espressione sant'Agost-ino che indica una varietà di olive coltivata nelle province di Bari e Foggia. E in effetti, tornando alla voce balaùstro ‘testicolo’, mi pare necessario supporre che essa debba essere considerata il risultato della saldatura dei due termini per ‘testicolo’ citati dal Bracchi, ossia bal(a) + a(g)usto combaciante perfettamente con la radice greca di balaùstro (gr. balaústi-on ‘fiore e frutto del melograno’), risultato che si sarebbe senz'altro raggiunto anche attraverso la sola l'etimologia popolare. La caduta della velare sonora intervocalica è un fatto normale in molti dialetti come in quello del mio paese di Aielli (aùstë=agosto) per non parlare del francese août ‘agosto’. Sarebbe così dimostrato che non si può parlare di deformazione della sola base bala ‘testicolo’, bensì del concorso di due termini omosemantici nella formazione del composto bal-aùst(ri) ‘testicoli’. Sarebbe stato più naturale deviare il termine interdetto verso la parola bal-estra, ad esempio, che indica uno strumento effettivamente soggetto a rotture molto più facilmente di un balaustro, il quale deve temere solo l'usura del tempo. Nel mio paese il termine balaustro non esisteva nemmeno, trattandosi di un elemento architettonico considerato di lusso diffuso essenzialmente nelle città: da noi esisteva solo il termine palalùstra (balaustra), evidente neologismo, riferito al parapetto della piazza principale del paese costruito negli anni del fascismo, con riquadri contenenti raggi a stella in cemento, che davano l'idea impropria di una balaustrata. Anche la motivazione dell' eufemismo non mi pare pertanto ammissibile. O, piuttosto, si dovrebbe dire che il composto, nato senza alcun intento eufemistico, lo è diventato casualmente, involontariamente (Saussure è grande!) nel più recente strato linguistico. Quasi le stesse cose, vedi caso, sostengo a proposito del portoghese di cui sopra.
Interessantissima mi pare la nota 172 della stessa pagina 295, in cui si afferma che il LEI (4. 673) classifica ora il milanese balaùster m. pl. ‘masserizie’ sotto la base *bal(l)- ‘corpo di forma tondeggiante’. Siccome mi sembra impossibile che il concetto di ‘masserizia’ possa essersi sviluppato direttamente da quello del balaùster ‘testicolo’, è allora da concludere che i due concetti si sono evoluti in tempi remoti da uno precedente e più generale di ‘rotondità, corpo rotondeggiante’, di qualsiasi grandezza. Se è giusto questo etimo di balaùster 'masserizie' la necessità di ricorrere alla deformazione eufemistica di bala, per spiegare i bala-uster 'testicoli', viene di conseguenza a sfumare. Anche i corbelli, usati per 'testicoli', mi sembrano uno pseudoeufemismo ossia un eufemismo involontario. Il significato di lat. corb-em, in effetti, non va oltre il concetto di 'cesta', recipiente fatto di vimini, il che francamente non quadra molto col significato di 'testicolo' che dovrebbe sostituire. Diversi altri termini potevano prestarsi meglio a sostituire eufemisticamente il concetto di 'testicolo', come globo, globulo, sfera, coppa, coppetta, borchia, ecc. Di conseguenza vedo operante, dietro il lat. corb-em 'cesta', il concetto più generico di 'rotondità, curva' rintracciabile anche nel gr. kyrb-is 'tronco piramidale ruotante, su cui venivano scritte le leggi ad Atene', nel gr. krob-ylos (con metatesi) 'nodo di capelli sulla sommità della testa' oltre che nel lat. curv-us 'curvo'. Pertanto, se non ci si lascia incantare dal significato d'arrivo del latino corb-em 'cesta', non sarebbe proprio uno sproposito supporre in epoche lontane un suo significato diretto di 'testicolo, palla', che poi è andato perduto, come succede spesso nella storia delle lingue, ma è rimasto nascosto sotto quello di 'cesta, corbello', che ha avuto il sopravvento e che ha causato lo pseudoeufemismo di cui si parla. Le parole, viste diacronicamente, mostrano via via in filigrana, a seconda dei contesti e gli strati linguistici in cui vengono a trovarsi, un tessuto vario, cangiante, trascolorante non solo per l'influenzarsi, incrociarsi e sovrapporsi a vicenda ma anche, a mio parere, per il loro diramarsi da un significato generalissimo d'origine. Come risulta per i nomi dei piccoli animali (cfr. l'articolo I nomi dialettali dei piccoli animali...) non si può fissare un significato unico e specifico per i vari concetti che, a mio parere, sono tutti intercambiabili e sostituibili, essendo fatti della stessa iridescente materia. La lingua ci fa credere che le parole siano nate per questo o quel concetto, ma si tratta in effetti di una fatale impressione causata dalla nostra condizione di dover solitamente osservare le parole come se fossero fotogrammi isolati e fissati per sempre, senza poterne cogliere agevolmente le piccole, vicendevoli differenziazioni man mano che si succedono nei secoli, e per di più senza poterli coinvolgere in un rapido movimento suscitatore dell'illusione cinematografica la quale ne confermerebbe la validità delle concatenazioni , nonostante i salti semantici, spesso giganteschi per un occhio poco educato, che possono immediatamente distanziare nella pratica della lingua due termini corradicali, come ad esempio il lat. curv-am 'curva' e lat. corb-em 'cesta'. Date queste premesse mi azzardo a dare una spiegazione di testicoli diversa da quella canonica che li considera animisticamente 'testimoni' dell'atto sessuale: cfr. lat. testi-culu(m) dim. di test(em) 'testimone, testicolo'. A me pare che il termine inizialmente dovette essere imparentato con lat. testa, prima 'guscio di tartaruga, conchiglia' e poi 'vaso di terracotta, coccio, ecc.' (una rotondità, dunque). Man mano che la cultura animistica cedeva il passo ad una visione più razionale delle cose, il termine testa generico per 'guscio' dovette laicizzarsi molto prima di quello simile o identico per 'testicolo' il quale, per la sua enorme importanza procreativa e per le molte leggende e storielle a cui dovette folcloristicamente dar vita, continuò ad essere considerato come 'essere vivente' e quindi era più credibile in qualità di testis 'testimone' che come semplice 'rotondità': a questo punto il termine per 'testicolo' dovette confondersi fatalmente con quello molto simile per 'testimone'.
La questione diventa ancora più intrigante se si introduce l'altro termine volgare per 'testicolo' ossia coglione, da lat. volg. coleone(m), class. coleus 'testicolo', considerato di etimo incerto, anche se a me pare appartenere alla famiglia di gr. kole-os, kole-on, kule-on 'fodero, guaina', gr. kol-on 'budello', lat. culleu(m), culeu(m) 'sacco', serbo-croato kola-ti 'circolare', kolo 'ballo a tondo', tutti concetti che fanno capo a quello di 'avvolgimento, rotondità, cavità'. Seguace fedele del principio della casualità ed automatismo originari delle forme linguistiche, come voleva il Saussure, considero pertanto la parola testi-culu(m) 'testicolo' un falsissimo diminutivo, e credo che l'elem. - culu(m) sia imparentato con i precedenti termini. Si tratta, insomma, di un semplice nome composto di due membri tautologici per 'testicolo'. Non è difficile notare di straforo come il lat. culu(m) 'ano' sia anch'esso del gruppo delle 'rotondità, cavità' come ci aiuta a capire anche lat. cul-ullu(m), cul-illa(m) 'grossa tazza', nonostante i suffissi qui usati siano normalmente di valore diminutivo, ma anch'essi allora non ce la raccontano giusta la loro origine e la loro storia.

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