Si può con certezza affermare, senza tema di smentite, che tutti gli etimologi
spiegano senza difficoltà alcuna
l’appellativo bi-dente, strumento notissimo a chi come
me è vissuto in un piccolo paese di montagna dove si era quasi tutti contadini
e/o pastori, risalendo al
lat. bi-dente(m) ‘bidente (zappa a due denti)’.
Eppure, frugando tra i dialetti abruzzesi, ho dovuto constatare che la storia
del nome potrebbe essere del tutto diversa. A Pescina-Aq lo strumento è
chiamato bili-dente. Nel Vocabolario Abruzzese di Domenico Bielli sono registrate
diverse varianti come bel-dente, bul-dente, ple-dente, ple-tente che costantemente esibiscono un primo membro diverso dal
prefisso latino bi- (due, due volte). A Cerchio-Aq (cfr.
Fiorenzo Amiconi, Tradizioni popolari marsicane: il dialetto cerchiese, Museo Civico, anno VII 2004, quad. 57 sub voce)
la voce suona biu-dende, a Luco dei Marsi-Aq bié-dente oppure bio-dente (cfr. Giovanni Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006, p. 53), tutte trasformazioni regolari di
un precedente *ble-dente o *blu-dente. Cosa può significare tutto ciò?
La mia risposta è che, come
in tanti altri casi, qui ci troviamo di fronte ad un originario composto
tautologico di due membri. Non si può pensare ad uno sviluppo del termine a partire dal lat. bi-dente(m), con l'aggiunta
ingiustificata della liquida -l-, per quanto riguarda il primo
membro, data anche la costanza con cui essa appare nelle diverse parlate. La
mia supposizione è, quindi, che questo membro sia costituito dalla stessa
radice di ingl. bill ‘piccone, alabarda, ronca, becco, promontorio, punta’, ted. Beil ‘scure’ e che, all’origine, il *bil(i)dente fosse uno
strumento ad una sola punta, non importa se triangolare come quella di una
marra, ad esempio, o assottigliata come quella di un piccone. E certamente non
si può escludere che il concetto di 'punta' che la parola portava con sè
provenisse dal Neolitico o anche dal Paleolitico, naturalmente in riferimento a
strumenti con punta di pietra . Quando questo termine dell'antico strumento si
incrociò con quello relativo al nuovo strumento a due punte, inventato
successivamente nel tempo, esso si riciclò, per così dire, adattandosi con una
leggera modifica formale (ma abbiamo visto che in molte parlate non fu
necessario, forse per l'assenza nel loro lessico della particella
latina bi- portata dalla latinizzazione) a designare
esclusivamente il nuovo e letterale bi-dente. Del resto anche
il piccone, benchè sia munito
di due punte, una delle quali appiattita a forma di zappa
molto stretta, porta un nome che designa, nella forma accrescitiva, solo il
concetto di 'punta'. Ma il bello è che in latino esiste anche il termine bi-palium 'vanga' che, secondo il significato di superficie, dovrebbe indicare una 'doppia vanga', cioè uno strumento per dissodare dotato di due lame a punta, cosa del tutto irreale per una vanga: è quindi gioco forza dedurre che il bi- iniziale derivasse da un precedente bili- come abbiamo visto per lat. bi-dent-e(m) 'bidente', e che il composto bi-palium indicasse tautologicamente l'unica lama della vanga.
Ci tengo a ribadire che anche in questi casi opera il
principio saussuriano che stabilisce che, contrariamente alla falsa idea
che noi facilmente ce ne facciamo, una lingua non è un organismo creato ed
ordinato in vista dei concetti da esprimere. In altri termini la
parola bi-dente circolava molto tempo prima che assumesse
in latino il significato specializzato di '(strumento) a due denti'.
D'altronde la lingua rimane spesso legata al passato come nel caso di
it. penna, lo strumento usato per scrivere,
che da qualche secolo non è più formato da
una penna d'oca e che probabilmente
continuerà ad essere chiamato così anche quando, nei secoli futuri, dovesse
assumere altre forme ed essere costituito di materiali completamente diversi da
quelli attuali, ammesso che il suo uso non sia destinato a scomparire. Con
questo si conferma il fatto che generalmente i nomi non indicano funzioni o
caratteristiche particolari di un referente, ma piuttosto la sua natura
essenziale e profonda, che, nel caso del bidente, non
sarebbe il suo significato d'arrivo che pone l'accento sui due denti, ma il significato di partenza che indicava uno
strumento a punta. Qualcuno potrebbe obbiettare che tra i
dialetti italiani non si incontra una radice per 'bidente' simile a
ingl. bill. Effettivamente io non so se sia così (nessuno è
andato a frugare per bene in ciascuna parlata di ogni più isolato villaggio,
ed è un vero peccato), ma so che si incontra, ad esempio, la voce
ligure bel-ìn ‘membro virile’ appartenente
alla numerosa famiglia di *bill/*bell tra i cui significati si annovera quello di ‘birillo’ (cfr.
Cortelazzo-Marcato, I Dialetti Italiani, UTET,
Torino, 1998, sub voce). Se ciò non bastasse si
possono elencare i numerosi toponimi composti dalla stessa radice
come Bel-monte del Sannio, Bel-monte Calabro, Monte-bello sul Sangro-Ch ecc. che, come i linguisti sanno,
non presuppongono all’origine un giudizio estetico sul 'monte' relativo, ma
una radice preistorica bal/bel per ‘monte’,
concetto che solitamente copre, in quanto ‘protuberanza’, anche quello per
‘membro virile’ come nel succitato bel-ìn e nel siciliano minchia da lat. ment-ula(m) 'membro virile', uguale a lat. ment-u(m) ‘mento’, variante di lat. mont-e(m) ‘monte’.
Sulla stessa scia dei composti tautologici credo vada
collocato l'interessante vocabolo greco
(Il. XXIII, 851, 883) hemi-pélekk-on 'scure
ad un solo taglio' da Omero contrapposto, in questi versi, al
termine pélek-ys 'scure a doppio taglio' che però,
normalmente, designava anche la 'scure ad un taglio, accetta'. Secondo il mio
modo di vedere le cose anche
la voce hemi-pélekk-on, letteralmente
'mezza (hemi-) scure (-pélekk-on)', è partita col
significato di 'scure' in ambo i membri. Il primo
membro hemi-, da *semi- (cfr.
lat. semi- 'mezzo), che all'origine doveva essere variante della radice
di gr. smi-le 'coltellino, trincetto, roncola' e di
gr. smi-nye 'bidente, zappa', si è
prestato, col suo significato (acquisito strada facendo) di 'mezzo, metà', a
specializzare il significato generico dell'altro membro
-pélekkos, simile a pélek-ys 'scure' e
a pélyk-s 'scure', in quello di 'scure a doppio taglio'.
Così, anche in questo caso, vediamo in azione l'importantissimo principio
saussuriano sopra
ricordato.
Per quanto riguarda il
significato di semi 'mezzo' c'è da osservare che esso molto
probabilmente si è sviluppato da quello di 'taglio' e di 'cosa
tagliata, scheggia', il quale a sua volta sarà trapassato da
quello di 'pezzo (risultante da un taglio)' all'altro di 'pezzo
(risultante da un taglio a metà),
metà'. I diversi termini inglesi relativi a questi strumenti a
punta o taglio seguono le stesse linee tautologiche di cui sopra.
Il pick-ax(e) 'piccone' è composto
da pick 'piccone, piccozza, martellina' e
da ax(e) 'ascia, scure'. Attenti a non lasciarsi ingannare
da una spiegazione simile a 'ascia a punta, a forma di piccone' come si è
portati a fare per tutti i composti di questa lingua che hanno subito un
processo di adattamento allo
schema determinante-determinato sovrappostosi,
secondo me, a quello preistorico tautologico . Il termine prong-hoe 'bidente' è compost da prong- ' bidente, forca, tridente, dente, rebbio (il che conferma che
non è il numero dei denti a determinare il nome dello strumento, ma la sua
idea primordiale di 'punta')' e da hoe' zappa', legata al
verbo to hew 'tagliare, fare a pezzi,
fendere' che presuppone l'azione di una 'punta' (cfr. ted. hau-er 'zappatore, zanna, coltello da caccia', tra altri significati)
o di una 'lama tagliente'. L'inglese ha ereditato dal
lat. furca(m) 'forca' il
termine fork' forchetta, forca, forcone'. Pare che il
latino lo abbia preso dal gr. fork-s 'palo', attestato solo al pl. fork-es (cfr. Aa. Vv. Popoli e Civiltà dell'Italia antica, vol. VI, Biblioteca di Storia Patria, Roma, 1978, pp. 493-494).
L'ingl. pitch-fork 'forcone' sembra un composto
costruito apposta per indicare lo strumento adatto
a gettare il fieno nel carro per trasportarlo alla stalla
(cfr. l'espressione to pitchfork hay 'caricare fieno (nel
carro)' ma se andiamo a cercare l'etimo di to pitch, che ha
molti significati tra cui quello di 'gettare' e l'arcaico 'piantare e
fissare', ritroviamo il pick del sopra
citato pick-ax(e) 'piccone'. Quando però l'inglese
prese fork 'forcone, forca' dal latino furca(m) l'epoca preistorica
dei composti tautologici era passata da un pezzo, e così il composto suddetto
dovette formarsi in ottemperanza alla nuova
norma determinante-determinato regolatrice dei composti, che sfruttava la
specializzazione dei significati di ciascuno dei due membri
originariamente tautologici intervenuta a causa del loro incrocio con parole
di altro significato: in questo caso il composto perciò passava a significare
'forca per gettare (pitch-) fieno nel carro'. A meno
che la voce fork non esistesse già in inglese
indipendentemente dal latino: un indizio, per quanto labile, è costituito dal
ted. Furche 'solco' corrispondete al lat. porca(m) 'rialzo di terra tra solco e solco'. Ora, data la intercambiabilità sopra evidenziata
del concetto di 'punta' e quello di 'protuberanza, rialzo, monte' potrebbe
esserci in effetti la possibilità, almeno in linea teorica, che
il fork inglese fosse preesistente all'arrivo del
latino.
Moltissimi termini composti delle lingue germaniche,
provenendo dalla preistoria, rivelano nel fondo, se ripuliti
dall'incrostazione superficiale, il meccanismo tautologico originario. Se
prendiamo, ad esempio, l'ingl. black-smith ' fabbro' mi
suona poco convincente la spiegazione corrente del termine, secondo la quale
il primo membro black- rimanderebbe
al ferro, il cosiddetto black metal 'metallo nero', che sarebbe così chiamato dalla patina di ossidi che ricopre
il ferro quando viene surriscaldato nella forgia. Prima di tutto essa è di
colore rosso o porpora, e poi è poco credibile sostenere, piuttosto
artificiosamente, che black-smith sarebbe da intendere come
'colui che lavora quel metallo che, quando viene surriscaldato, si ricopre di
tale strato di ossidi': mi viene da dire che non ci crederei nemmeno se fosse
vero. E in effetti esiste in inglese una radice simile
a black 'nero' che ha però lo stesso significato del
secondo membro smith 'fabbro' (dal verbo to smite 'colpire'), probabilmente imparentata con la radice smi- sopra analizzata a proposito di gr. hemi-pélekk-on 'scure'. Essa corrisponde a quella di
ingl. to blow 'colpire' il quale presenta
varianti come il medio inglese dialettale blaw 'colpo', a. ingl. blaw-an 'colpire', a. norreno bleg-thi 'cuneo', gotico bligw-an 'battere, picchiare'. La forma blaw rimanda quindi, a mio parere,
a un precedente *blag (cfr. medio
oland. blak-en 'colpire,
agitare'), quasi uguale a black-, e
variante di lat. plaga(m) 'percossa, ferita'
da una radice plag/plak attiva
anche in greco e rappresentata in area germanica almeno dall'ingl.
dial. flack 'colpo, battito' (che non vedo perchè dovrebbe essere di
origine imitativa come vuole il vocabolario Webster), dal ted. flack-en ' battere la lana, aprire spaccando', ingl. flay< *flag 'scorticare, battere, frustare, criticare aspramente'. E non
esisteva nemmeno la necessità, per indicare il 'fabbro', di ricorrere
al black riferito al supposto 'metallo con la patina...',
dato che il solo smith già aveva, ed ha ancora, il
significato di 'fabbro'. Inoltre è probabile che la radice in questione si
ripresenti nel ted. bleck-en, usato
in espressioni come Die Zunge bleck-en 'cacciar fuori la lingua
(Zunge)', dove esso si configura come uno 'spingere (fuori)',
concetto molto simile a quello di 'battere' e riconfermato nel ted. Bleck-zahn 'dente (-zahn) sporgente(Bleck-)'. Il significato di
'mostrare' come nell'espressione Die zaehne bleck-en 'mostrare i denti' deve essere derivato da quello di 'sporgere' come nel
lat. os-tendere' protendere,
esporre, mostrare' e come in tutti gli altri nomi e verbi
che in latino indicano un 'evento
eccezionale, fenomeno' quali por-tentu(m) e por-tend-ere 'presentare' , os-tentu(m) ed os-tendere 'protendere', prod-igiu(m) e prod-ig-are 'spingere avanti' sicchè
mi parrebbe quasi un torto accostare il lat. mon-stru(m) 'prodigio, mostro' e mon-strare alla radice men di lat. mente(m) 'mente'
e mon-ere 'ammonire, ricordare
(da parte della divinità, come volevano gli antichi)': a mio avviso si tratta
dell'altra radice men 'sporgere' di monte(m) 'monte' e mentu(m) sopra
citati, radice che, tuttavia, come indica il 'movimento (spinta) verso qualche
direzione' che può concretizzarsi in una sporgenza, così può
concretizzarsi nel movimento della mente o del pensiero oppure direttamente nella mente o
nello spirito, come nel
ted. Mann 'uomo': il soffio dello spirito può anche animare
l'universo intero come fa
il mana, la forza soprannaturale
impersonale dei polinesiani, e Manitu, forza soprannaturale,
personificata o impersonale, degli algonchini dell'America del
nord. Il soffio si trasforma in
una furia tempestosa nel gr. main-o, main-o-mai 'rendere
(oppure essere) furente, pazzo, ubbriaco, invasato' .
Anche in
latino, per il concetto di 'pensare', si incontra un verbo per così dire
di movimento, azione come cogit-are 'pensare', da
lat. co-agit-are 'mescolare agitando'.
Si noti che anche lat. ag-it-are è
frequentativo di ag-ere 'spingere, fare'. L'elemento -str-um di mon-str-um credo corrisponda alla radice ster, la stessa della grande famiglia di
lat. stern-ere 'stendere, abbattere' che dovrebbe
essere qui tautologica rispetto a mon- 'sporgere'. In altri termini il concetto di 'apparire' e 'far apparire,
mostrare' verrebbe nella fattispecie ottenuto attraverso quello di
'tender(si), protender(si), presentar(si)'. Ma le
stesse radici si prestavano ad indicare un 'presagio, preannuncio' in quanto
ciò che si pro-tende può trasformarsi in una
'indicazione, saggio, anticipo, avvertimento, avvisaglia, cenno,
presentimento, pre-monizione' di ciò che in futuro
potrà avere pieno compimento. In questo senso, e per la radice ster, si tenga presente il lat. str-ena 'presagio,
augurio, segno' ma anche 'strenna, dono augurale', concetto che può essersi
sviluppato da quello di '(s)porgere, dare': cfr. la voce strine ' strenna, legumi cotti che i ragazzi van chiedendo la mattina del capo d'anno' nel Vocabolario Abruzzese di Domenico Bielli. Infine ritorno
all'espressione black metal 'ferro' per osservare che essa si spiegherebbe più
agevolmente se la si intendesse come *blag's metal nel senso di 'metallo del fabbro(*blag)'. Tutto tornerebbe così al proprio posto.
vedete cosa dice manlio patriarca sul vocabolario montoriese .saluti
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