lunedì 18 aprile 2011

The king's evil 'il male del re'

Fino all’inizio del sec. XVIII i monarchi di Inghilterra e Francia, dietro insistenza dei malati di quella che allora era volgarmente nota come the king’s evil ‘il male del re’, cioè la linfadenite cervicale, erano soliti toccare la parte malata caratterizzata da rigonfiamenti delle ghiandole linfatiche, perché era credenza comune che le mani del re avessero poteri soprannaturali e divini ereditati da Edoardo il Confessore, che secondo una leggenda li aveva ricevuti nientemeno che da san Remigio.

Potere delle parole! miseria dell’umanità sofferente e della linguistica! Ricordiamo infatti che ingl. king ‘re’ deriva da forme più antiche come a. ingl. kyning, a. a. ted. kuning, a. norreno konungr , contrattesi evidentemente in conseguenza di un forte accento iniziale che ha causato la chiusura e la caduta della vocale postonica non accentata e la riduzione delle due nasali in una, in buona parte delle lingue germaniche. Si dà il caso che il gr. kyn-ánkhē significa ‘collare di cane, angina canina, squinanzia’. L’it. arcaico squinanzia, uno della serie di malanni che fra Jacopone da Todi si augurava di avere come regalo dal Signore nella sua foga autopunitiva in espiazione dei peccati commessi, è un termine desueto per angina, la quale presenta diverse forme riducibili a quella comunemente nota come mal di gola con tosse. Una di queste forme, la cosiddetta angina rossa, provoca, tra gli altri sintomi, il gonfiore dei linfonodi del collo, andando così a confondersi con gli effetti del male del re di cui sopra, noto anche come scrofolosi, per via delle ghiandole ingrossate (lat. tardo scrofulae ‘ghiandole’). La scrofolosi, d’altronde, in senso lato contempla anche l’ipertrofia delle tonsilli e delle adenoidi.

Ora, ai sofferenti del passato, che dovevano lottare contro le loro malattie tra superstizione e scarsità di rimedi efficaci, e non potevano certamente capire che il ‘male del re’ oltretutto non colpiva generalmente i sovrani, come l’espressione letteralmente pure indicava, soprattutto perché i sovrani difficilmente venivano a trovarsi, per carenze alimentari, in condizioni di immunodepressione favorenti la malattia (di conseguenza la si intese per forza come ‘malattia (curata) dai re, malattia (sotto il potere) dei re’), va tutta la mia comprensione e solidarietà anche se tardive e inutili. La stessa cosa, a dirla tutta, non mi sento di affermare nei riguardi dei linguisti che continuano a credere che espressioni come quella del male del re si siano originate dalla superstizione sopra riportata e che di conseguenza il linguista non deve fare altro che prendere atto dell’uso, ingenuo quanto si vuole, ma del tutto spiegabile secondo i canoni della credulità solita delle masse popolari. E questo non si può purtroppo negare, anche se finora, tra i casi simili che mi sono capitati, non ne posso annoverare uno che si sia originato in questo modo, senza il preventivo o concomitante concorso di un termine che abbia innescato tutto il processo. Anche in questo caso a me sembra molto probabile che una parola come quella greca di kyn-ánkhē sopra citata, entrata molto per tempo nel sistema della lingua inglese, o annidatavisi fin dalla preistoria, abbia subìto lo stesso trattamento della molto simile parola kyning 're' sopra riportata, confondendo con essa il suo destino, una volta caduta in desuetudine come voce autonoma.

Si riconferma quindi l’assunto che vado ripetendo da tempo, che non è affatto il costume, l’usanza, la credenza a creare l’espressione ma è quest’ultima a dare l’avvio ad essi. La cosa forse ancora più interessante è che, secondo me, anche il greco kyn-ánkhē aveva reinterpretato un precedente termine per ‘oggetto circolare, rotondo’, specializzandosi così a designare il collare del cane giacchè il primo membro kyn- veniva a coincidere con quello indicante quest’animale nel greco storico, ma in una fase precedente esso doveva indicare tautologicamente lo stesso concetto di "collare" in genere, espresso dal secondo, anch’esso reinterpretato però in modo piuttosto goffo per un collare, se inteso come ‘strangola-cane’(non si può di certo immaginare che la gran parte dei padroni dei cani fosse una masnada di loschi maniaci strangolatori che ricorrevano a questo barbaro sistema per godersi perversamente i rantoli e le convulsioni dei loro malcapitati animali purtroppo sempre, allora come oggi, soggetti ai loro soprusi, anche se allora non c’era nemmeno il pericolo di essere denunciati e condannati) per via dell’altro significato di ‘angina’ che il composto aveva, da gr. ánkh ‘io strangolo’(cfr. lat. ang-ere ‘stringere, soffocare’). Ma precedentemente –ánkhē doveva attingere alla molto diffusa radice di gr. áng-os ‘vaso, cesto, utero’ o di gr. ánk-os ‘curvatura, gola di monte, convalle’ e significare ‘collare’. Il membro kyn-, lungi dal significare ‘cane’, doveva corrispondere al primo membro di gr. kyn-ûkhos ‘sacco di pelle, borsa, collare, guinzaglio’, il quale, per la verità, riserva anch’esso delle insidie perché il suo valore di superficie è ‘che tiene (-ûkhos) il cane (kyn-)’ ma il suo significato di ‘sacco di pelle’ non può tirare ancora in ballo la ‘pelle di cane’ di cui sarebbero stati fatti i ‘sacchi’, secondo la testardaggine di chi pensa che gli oggetti siano stati nominati dal materiale di composizione e non, come qui, dalla loro natura di "sacchi". A me pare che il lat. cuna(m) ‘culla’ possa essere un suo sosia in quanto ‘cavità, letto’ (cfr. it. cunetta), ma l’ingl. kink ‘attorcigliamento, cappio, nodo, gomito’ potrebbe spiegare alla perfezione tutto il composto kyn-ûkh-os ‘collare’, seguendo la stessa strada tracciata per ingl. king 're'. Ma il significato di ‘rantolo convulsivo (simile a quello della pertosse)’ dell’altro termine omofono ingl. kink fa pensare ad un possibile accostamento di quest’ultimo al sopra citato gr. kyn-ánkhē ‘angina, tosse canina, squinanzia’. Ultima notazione: i re inglesi, dopo aver toccato il malato, erano soliti donargli un angel, una moneta d’oro di 10 scellini del periodo elisabettiano, simile, nell’emblema che raffigurava l’arcangelo Michele che uccideva un drago, alla moneta anglo-gallica angelot risalente a diversi secoli prima. A me pare evidente, se si segue il solito metodo delle risonaze tra i termini, che qui l’ angelo sia un’eco della seconda componente della voce kyn-ánkhē, non ancora pienamente metamorfosata alla maniera germanica, e interpretata come ‘angelo (-ánkhē) del re (kyn-)’, che il re, quindi, cortesemente offriva: lo imponeva del resto il nome stesso del male!

Amen.

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