Secondo i canoni fondamentali della mia linguistica la radice suddetta,
oltre ad avere, tra gli altri, il significato di ‘altura’, come abbiamo visto
nell’articolo su Ciprigna, ebbe anche quello specularmente opposto di ‘valle,
cavità, profondità, anfratto, insenatura, urna, recipiente, tomba, ecc.’. Del
resto anche il lat. alt-u(m) valeva, come
sappiamo, ‘elevato’ e ‘profondo’. Tutti i vocaboli simili, anche quando si sono
specializzati nelle varie lingue, assumendo solo uno dei due significati,
all’origine obbedivano allo stesso meccanismo. Esiste infatti un gr. Kúpria
usato da Dioscoride col significato di
métalla, secondo il vocabolario del Rocci, termine che normalmente vale
‘miniere’, ma potrebbe indicare anche i ‘metalli’.
Ora una miniera è anche etimologicamente un ‘cunicolo, scavo’ praticato
per estrarre minerali. Taluno ritiene
che il nome stesso dell’isola di Cipro possa derivare dal suddetto nome per
‘miniere’ o ‘metalli’, ma la cosa è più complicata di quanto si possa pensare:
abbiamo visto che la radice poteva avere anche il significato di ‘altura,
monte’, il quale all’origine copriva anche quello di ‘isola’, come ho mostrato
in altro articolo. Che la radice valesse
‘cavità, valle’ e simili è dimostrato, secondo me, anche da toponimi come Valle Cupoli, dizione erratissima nella
tavoletta dell’IGM riguardante il territorio di Aielli-Aq, una maldestra
italianizzazione del dialettale aiellese Iuprë, detto altrimenti anche Fossë dë Iuprë (Fosso di Iuprë). Che la voce Iuprë derivi da *Kuprë è
confermato dal dialetto del confinante paese di Celano, in cui la suddetta
valle è chiamata appunto Kuprë. Se
qualcuno si meraviglia di simili trasformazioni linguistiche pensi al
dialettale iatta ‘gatto, gatta’ da un
precedente cattus, catta.
Continuando con lo stesso ragionamento non si può tacere del fr. havre ‘porto, piccolo porto, rifugio’
che va messo in rapporto, in quanto insenatura,
con la radice KAPR-,
variante di KUPR-, e confrontato col
composto tautologico fr. havre-sac ‘zaino’. Uno zaino è appunto un specie
di sacco, e un sacco è una sorta di cavità, cunicolo. I linguisti, non avendo individuato il
meccanismo tautologico nella formazione dei composti, invece di rivolgere
l’attenzione al fr. havre, rimandano
il composto al germanico, come l’ingl. haver-sack
‘sacco, zaino’, che inizialmente avrebbe avuto il significato di ‘sacco per
avena (ingl. haver-)’, cfr. ted. Hafer ‘avena’. Questo, invece, è un bell’esempio di come si
sono formati i composti attuali delle lingue germaniche: essi erano composti
tautologici che si sono poi prestati, per incrocio con altri termini simili a
una delle due componenti, a reinterpretazioni in cui una delle vecchie
componenti è diventata il cosiddetto determinante (haver-) e l’altra il determinato (-sack). A mio avviso la
radice di fr.havre ‘porto, rifugio’,
si ripresenta nel tedesco Haf-en ‘porto’
ma anche ‘pentola’ in quanto recipiente,
cavità, insenatura. Anche l’etrusco capra ‘recipiente, urna, sarcofago, tomba’ fa parte del
gruppo. Il fr. gouffre ‘baratro,abisso, voragine’ ci riporta alle forme KUPR-,KUFR- piuttosto che al gr. kólp-os ‘golfo’ come sostengono i più. Ugualmente il fr. coffre ‘cofano, scrigno’. Il dialettale piemontese cabǜrna o caborna ‘catapecchia,
ripostiglio’[1]
è simile al provenzale moderno caborno,
caberno ‘caverna’. Queste forme che
secondo me risultano composte di due elementi tautologici, e cioè cap- o cab-
e -ern o –orn
(della famiglia di it. urna, arnia), vanno accostate anche all’abruzzese cap-ërn-at-úra[2]
‘capruggine’, incavo o incisione praticata all’interno delle
botti per potervi incastrare il fondo. L’it. capru-ggine presenta anch’esso, nella prima componente, la medesima radice
KAPR-.
Il mondo, fino a non molti anni orsono,
sembrava sconfinato, ma le parole ci attestano, a mio parere, che le lingue che
parliamo non sono così estranee tra loro per quanto riguarda le radici usate.
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