Leggo su alcuni dizionari etimologici e alcuni semplici vocabolari l’etimologia che va per la maggiore
riguardo alla parola it. attimo: dal
gr. átom-os ‘atomo’, cioè una parte
infinitesima di qualunque cosa, compreso il tempo. E il fatto è confermato
addirittura dall’espressione greca en atómǭ ‘in un attimo’, letteralmente ‘in un atomo (di tempo)’,
che ci viene dal Nuovo Testamento, scritto originariamente nel greco della koinḗ, come sappiamo. Solo O. Pianigiani (1845-1926), nel suo Vocab.
etimologico presente in rete, opta per una derivazione dal ted. Atem ‘fiato, respiro’, a.
a. ted. atum ‘respiro,fiato’, perché la derivazione greca
sarebbe dovuta avvenire per il tramite latino –dice lui-, che al suo tempo
probabilmente non era stato individuato dai linguisti, dato che quel tramite
effettivamente esiste: l’espressione lat. in
atomo ‘in un attimo’, fotocopia di quella greca, si trova in Tertulliano
(II-III sec. d.C.). Quasi sicuramente, però, il Piangiani intendeva dire che
non esiste un genuino corrispettivo tutto latino del gr. átom-os, a parte la parola di Tertulliano presa di peso dal greco nella
tarda latinità. Ma anche in tedesco l’espressione in einem Atem significa
‘in un attimo’ o ‘tutto d’un fiato’ come l’italiano in un soffio. Io credo
che il Pianigiani avesse ragione, e ne indicherò subito il motivo.
L’espressione gr. en atómǭ ‘in
un attimo’ mostra tutte le caratteristiche di quelle locuzioni che io definirei
innaturali, costruite, cerebrali. Come
mai essa compare abbastanza tardi in greco, e solo nel Nuovo Testamento (I
sec.d.C.)? Normalmente lo stesso concetto indicato da questa espressione veniva
espresso, sia nel greco classico che in quello della koinḗ, che è il greco diffusosi in quasi tutto il mondo antico
dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), con altre espressioni, e, quello
che più conta, immediatamente comprensibili per l’uomo greco, sia dotto che
appartenente alla classe popolare, espressioni che mettevano in campo il
concetto di ‘piccolezza, brevità massima’ che anche un ragazzino, che aveva
cominciato ad apprendere la lingua, riusciva a capire senza eccessivo sforzo. Espressioni che si ritrovano, generalmente, in
ogni lingua. Ma per la locuzione en atómǭ la questione è tutt’altro che
di facile comprensione. Quando si
cominciò a parlare di atomi, parti ultime infinitesimali, e non più divisibili, della materia, da
parte di quei filosofi che furono detti appunto atomisti (Leucippo, Democrito,
del V-IV sec. a.C.), naturalmente la lingua esisteva da decine di migliaia di
anni e aveva trovato già i suoi modi di esprimere il concetto di “subito, in un
soffio, sull’istante, in un istante, ecc.”; quindi, anche solo in base a questa
riflessione, si dovrebbe almeno dubitare della genuinità della parola atomo, col valore di ‘istante’, nell’espressione
di cui si parla. Ma c’è molto di
più. In greco átom-os è essenzialmente un aggettivo dal significato di
‘indivisibile, indiviso, che non si può tagliare e che non è stato tagliato’:
ora, ditemi voi, di grazia, come da questo significato l’uomo greco comune o di
media cultura sia potuto arrivare a dare alla parola il significato temporale
di ‘attimo, istante’ E’ semplicemente impossibile. E non mi convince affatto la spiegazione che solitamente
si dà intendendo atomo, in questo
caso, come ‘parte piccolissima (del tempo)’. Il significato di ‘infinitamente
piccolo’ si dovè sviluppare come conseguenza della teoria atomistica e
certamente non prima; infatti esso appare abbastanza tardi, solo con Plutarco
(II-III sec. d.C.).
Questo tipo di spiegazione avrebbe potuto darla un filosofo o un
intellettuale a partire dalla dottrina dell’atomismo, quando si sviluppò il
concetto di “atomo” come parte ultima piccolissima della materia, ma sa
anch’essa di un che di cerebrale: la Lingua non opera in un simile modo
intellettualistico. Questo succede solo quando ci si trova davanti ad una
parola incrociatasi nel tempo con un’altra che costringe l’etimologo a
contorcimenti più o meno razionali per arrivare al significato originario della
parola soggiacente, disturbata, nella forma o nel significato, dall’altra che
vi si è depositata sopra. Inoltre, se
la parola fosse stata creata da qualche persona molto istruita a conoscenza
dell’atomismo, come mai essa non si affermò nel greco classico, ma apparve solo
molto più tardi nel Nuovo Testamento (I
sec.d.C.), nella lingua della koinḗ,
per alcuni versi più aperta e popolare?
E come mai, questa parola fu usata solo per esprimere il concetto di
“parte infinitesima” in una espressione temporale e non per designare parti
ugualmente “infinitesime” del vario mondo reale in cui essa poteva sostituire alla
grande concetti come ‘piccolezza, brevità, briciolo, granello, pulviscolo, ecc.’
rendendoli vieppiù espressivi?
La
spiegazione, a mio parere, è una sola. La
parola nell’espressione di cui si parla in realtà non era quella originaria che
era rimasta completamente sepolta sotto átom-os ‘atomo’. Le parole a
volte sono come vecchiette che non vogliono trasmigrare nel regno del nulla
eterno e ricorrono a questi stratagemmi per continuare a vivere indisturbate e
nascoste, l’unico modo loro concesso per restare in qualche modo a godere la
vita, accontentandosi però solo di annusarla, guardarla di sottecchi,
ascoltarla la vita, all’ombra della parola soprastante. Il termine nascosto era senz’altro, a mio avviso, una
variante di gr. atm-ós ‘vapore,
esalazione’ (da cui deriva la nostra
atmo-sfera), concetto molto vicino a quello di ‘soffio, fiato’ di ted. Atem che del resto si ritrovava anche nella parola greca simile autm-é 'soffio, fiato, vapore, esalazione'.
Se ben si riflette, l’a. a. ted. atum ‘soffio, fiato’ si inserirebbe alla perfezione nel gr. átom-os ‘atomo’ generando così la confusione fra l'atomo e il soffio.
Come
se ciò non bastasse il greco átom-os ‘indivisibile’, aggettivo che può al neutro trasformarsi in
sostantivo col significato di ‘atomo’, presenta anche una forma femminile. Il vocabolario del Rocci, ma anche quello del
Gemoll, riportano tra parentesi, per questa forma femminile dal significato
normale di ‘atomo’, il significato di ousía che in greco vale ‘essenza,
sostanza, esistenza’. Ora, per essere
più sicuro di quello che penso bisognerebbe analizzare più a fondo i passi in
cui questo termine ricorre, ma mi pare che si possa sostenere che anche qui
conduca una sua vita dimidiata una parola sottostante col significato di
‘soffio, respiro, anima’ di cuisi è detto. Non per nulla nell’induismo l’ atman, parola connessa col sscr. atman
‘respiro, anima’ e col ted. Atem ‘soffio, fiato’, indica l’essenza intima di ogni individuo, cioè
la sua anima[1],
termine che, come sappiamo, vale in latino ‘soffio vitale’ e gli animalia sarebbero gli esseri che ne
sono dotati, compreso l’uomo.
Forse non si è lontani dal vero se si suppone che la parola italiana attimo non derivi direttamente né dalla
corrispondente tedesca Atem ‘fiato,
respiro’ né da quella greca, copiata poi dal latino, presente nell’espressione en atómǭ ‘in un attimo’. Le
tre parole greca, tedesca, italiana è molto probabile che esistessero nelle
rispettive nazioni ab antiquo (quella
italiana proverrebbe da qualche dialetto), portate da popolazioni cosiddette
indoeuropee ivi sciamate lentamente a partire da diversi millenni fa, prima del
formarsi delle rispettive nazionalità.
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