martedì 24 luglio 2018

Il termine lat. pectine(m) ‘pettine’ e le sue varie significazioni




   Diversi sono i significati di pectin-e(m) ‘pettine’ di facile comprensione, tenendo presente la forma standard di un pettine:1) strumento d’osso (oggi anche di plastica) per ravviare e rassettare i capelli; 2) strumento per cardare o tessere; 3) rastrello[1]; 4) plettro per “pizzicare” le corde della lira.  Le difficoltà cominciano con il significato di ‘pube’, la macchia di peli del corpo umano dall’ombelico in giù verso gli organi genitali.

   L’italiano obsoleto pettignone  ‘pube’ è un ampliamento del nome in questione, dal latino parlato *pectin-ion-e(m). Nel dialetto abruzzese, ma anche in altri del Meridione, si incontrano voci simili dal significato di ‘pube’, come pëttën-arë, pëttën-icchië[2].  Ora, Tullio De Mauro, ne Il dizionario della lingua italiana, sotto il lemma pettignone, dandone l’etimologia,  osserva che il nome alluderebbe all’aspetto dei peli del pube, volendo dire che essi assomiglierebbero ai “denti” del pettine.  Ma è mai possibile una cosa simile? Ammesso che il rapporto fra i due termini sia basato sulla somiglianza tra i due referenti, non posso assolutamente accettare che chi per primo usò la voce *pectin-ion-e(m) non sia stato in grado di trovare un termine di paragone meno vago e più concreto e credibile di quello di pectin-e(m) ‘pettine’.  E ce ne erano tanti, come cirr-u(m) ‘ciuffo’, lanug-in-e(m) ‘lanugine, pelame’ e gli stessi pil-u(m) ‘pelo, peli’ e vill-u(m) ‘vello, pelo’.  

   Allora bisogna dedurre che qualcosa non va nel ragionamento seguito da De Mauro e da altri, con tutto il rispetto dovuto ai linguisti di questo calibro. A mio parere la questione è questa: la somiglianza tra i significati di due parole corradicali può essere, diciamo così, estrinseca e superficiale o intrinseca e profonda. E’ superficiale quando, come nel caso in questione, essa è dovuta più che altro alla suggestione che la forma esteriore di un oggetto (il pettine) suscita nella mente di chi lo osserva il quale la ritrova, a volte solo vagamente, nell’oggetto indicato da altro nome corradicale (il pettignone).  Così facendo ci lasciamo guidare solo dal senso della vista che però non è alla base della formazione delle parole le quali sono essenzialmente un prodotto dell’attività intuitiva della mente, coadiuvata naturalmente da tutti nostri sensi. E’ un errore capitale credere che per ogni referente la nostra mente abbia creato un significato unico e specifico, quando invece essa procede, in questa attività, dall’universale al particolare, sicchè si verificherà che sotto un unico concetto generico si ritroveranno molti oggetti, anche molto diversi tra loro, con significato più o meno specializzato rispetto a quello generico a loro sovraordinato che, benchè sia all’origine e alla base delle loro specificità, tende a scomparire nel fondo delle parole dove dorme il suo sonno millenario.  Questo è il significato intrinseco e profondo dei vocaboli, il quale, per quanto non si imponga solitamente subito alla vista dell’osservatore, ne costituisce tuttavia la “radice” prima, benchè possa ancora rinviare a significati via via sempre più generici. 

   Ora, questo significato di fondo emerge chiaramente soprattutto quando ci è possibile confrontare tra loro diversi referenti che ne siano portatori. 

   Ritornando al nostro pectin-e(m) ‘pettine’ possiamo notare, infatti, che l’espressione latina pecten dentium indica la fila compatta di denti nella bocca, e non mi pare che essa voglia alludere ai “denti” come “punte” paragonabili ai peli, bensì alla serie compatta dell’insieme dei denti.  La cosa si chiarisce ancora meglio con voci dialettali corradicali di lat. pect-in-e(m) ‘pettine’ come gli abr. pétt-ëlë , pëtt-ël-éllë , pëtt-ìnë che significano ‘infilzata di fichi secchi, fatta con fuscelli, in forma di triangolo. Un’infilzata è dunque, come supponevamo per l’espressione latina precedente, una serie  di elementi (non importa di che cosa: denti, fichi secchi o altro).  L’accento sulla penultima sillaba di pëtt-ìnë fa capire che la voce si è incrociata con l’it. petto: infatti uno dei suoi significati è ‘Il davanti della camicia, staccato e ben incartato’. Un altro suo significato ‘arnese con più bracci per sostegno di candele’ lo ricollega a quello di ‘sfilza, serie’ e quindi a quello più generico di ‘gruppo, insieme, massa, ecc.’ 

    Così si può con certezza asserire che è errato cercare di spiegare dei significati collegandoli con quello del termine corradicale più comune e diffuso in una lingua, in quanto questa diffusione è in gran parte casuale e non è dovuta ad un sua presunta qualità di primogenitura.  Se il concetto di “pettine” è più diffuso rispetto a quello di “pube” ciò avviene perchè il pettine lo adoperiamo più volte al giorno (specie le donne vanitose) mentre il concetto di “pube” se ne sta nascosto nell’ombra ed è certamente meno popolare anche dei termini dei vicini organi sessuali di cui, anzi, si ha un’inflazione di voci, soprattutto nei dialetti.

   Pecten significa talora anche ‘verso (di poesia)’, che presso i classici non era altro che un insieme, una serie di unità ritmiche più piccole come i piedi: il concetto rientra quindi in quello di sfilza, serie, filare, concatenamento di elementi, della stessa natura di quello indicato dal lat. vers-u(m) ‘verso’, concetto che sembra espressione di un movimento lineare come quello del greco stíkh-os ‘fila, schiera, verso, riga’. Ma la parola poteva repentinamente cambiare tipo di movimento espresso, rendendolo circolare come in una giravolta o piroetta della danza, per influsso del verbo vert-ere ‘girare, voltare’, che evidentemente non era il solo a dirigerlo nella danza dei significati, anche se noi stentiamo a crederlo.

   Per pecten ci sarebbero anche altri significati da analizzare, ma mi fermo qui, pago di aver delucidato il meccanismo, molto fluido e instabile, in base al quale si originano i diversi significati particolari delle parole, rivelando una tendenza alla mobilità e al travestimento quasi si trattasse delle particelle subatomiche di cui si occupa la fisica quantistica[3].
 




[1] Dell’etimo di rastrello, che nel suo valore di ‘composizione di vari elementi’ coincide con quello che qui dò di lat. pect-in-e(m), ho parlato nell’articolo I Rostri, la famosa tribuna del Foro romano (maggio 2016).

[2] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq. 2004.

[3] Dei rapporti tra fisica quantistica e significati delle parole ho già parlato abbastanza nell’articolo del mio blog Il parapetto ovvero della libertà delle parole (febbraio 2016).

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