sabato 28 luglio 2018

Universo


                                                     
                                                       
                                                      
  Cominciai a riflettere su questa parola da quando, adolescente di 12 anni già alle prese con l’amato latino, mio fratello che frequentava gli ultimi anni del Liceo mi traduceva la scritta posta sulla sommità della Porta Jannëtèlla la quale suonava sumptibus universitatis erecta, cioè ‘(Porta) costruita a spese di tutta la cittadinanza’.  La traduzione non era perfetta perché mio fratello non sapeva che nel latino medievale la parola universitat-e(m) aveva assunto il valore giuridico-politico di ‘municipio, comune’ e così la intendeva nel senso di ‘insieme dei cittadini’ e simili. 

    Ora, l’aggettivo latino univers-us, a, um  significa ‘intero, tutto, tutto quanto’ e, al neutro singolare o plurale, indica ‘tutte le cose (del mondo), l’universo’.  Fin qui è tutto chiaro, ma l’etimologia a mio avviso non lo è nonostante tutti i linguisti, credo, diano oggi più o meno questa spiegazione: uni-vers-us, cioè ‘rivolto (-versus, dal lat. vert-ere ‘volgere’) in una sola (uni-) direzione’ e, quindi, ‘tutto intero’.  Sinceramente questa spiegazione non mi ha mai soddisfatto perché la trovo alquanto artificiosa nel suo desumere il concetto di “intero, tutto” da quello di “unidirezionalità”. E in effetti tutte le parole latine che iniziano per uni- sono lontane dall’esprimere un’idea di “direzione” invece di quella costante  di “unicità”.  E’ allora chiaro, a mio avviso, che questa direzione è un’aggiunta insinuatasi surrettiziamente nella spiegazione, in quanto suggerita dal significato di ‘rivolto’ dato a vers-us. Il quale deve essere inteso allora diversamente dal solito, ma purtroppo la linguistica tradizionale ha qui le armi spuntate, non avendo fatto un salutare e purificante bagno nel fluido miracoloso e iridescente della linguistica che oso chiamare quantistica

   Ho accennato, infatti, nell’articolo Il termine latino “pectin-e(m)” e le sue varie significazioni che il lat. vers-u(m) ‘verso (di poesia)’ allude secondo me a un movimento lineare, ad una serie di “piedi” che formano l’insieme del verso. Non per nulla la parola significa in latino anche ‘solco, fila, filare’.  Non condivido pertanto l’etimo che lo vuole derivato dal lat. vert-ere ’volgere’, in quanto esso avrebbe indicato l’andare a capo (e quindi lo svoltare) nella prosa e soprattutto nella poesia. Nonostante la suggestione esercitata nel nostro cervello da questo significato di ‘svolta, voltata, girata’ che sembra il più naturale, il termine vers-u(m) in poesia doveva indicare una serie di elementi più piccoli, allineati uno dopo l’altro, e, all’origine, qualsiasi serie o insieme di qualsiasi cosa. Se accettiamo questo ragionamento, il più è fatto per arrivare ad una spiegazione più accettabile di quella canonica  dell’agg. lat.  uni-vers-us, a, um ‘intero, tutto, tutto quanto’.  Se la radice vers- indica il gruppo, l’insieme allora l’aggettivo corrispondente dovrà significare ‘relativo al gruppo, alla massa, totale, generale, intero, tutto’, come succede (ma non è certo) al lat. tot-us, a, um ‘tutto, intero’ il cui sostantivo, nell’area osco umbra, era touta  che indicava la ‘totalità (dei cittadini)’, cioè la ‘città’ o la ‘comunità’. La radice è presente anche nell’area germanica e baltica.

    L’agg. sostantivato, sia singolare uni-vers-u(m) che pl. uni-vers-a ha il valore di ‘universo’, come ho detto, in quanto ‘totalità, somma di tutte le cose esistenti, stelle, pianeti, ecc.’.  Anche in tedesco l’aggett. sostantivato All ‘tutto’ vale ugualmente ‘universo’.

    La parte iniziale uni- rimanda al lat. un-us, a, um ‘uno, uno solo’. La sua radice, però, come ho mostrato nell’interessante articolo del mio blog (aprile 2014) Il “municipio” ovvero il concetto di “unità” [], poteva indicare, oltre al concetto di “unità” anche quello opposto, ma sottostante e sottinteso , di “molteplicità” o di “gruppo, insieme”. Essa allora dovrebbe essere tautologica rispetto all’altra –vers- rafforzando il concetto di “totale” o di “totalità” del termine. Nei nostri dialetti (Avezzano, Luco)  si incontra la voce mund-ìnë, mond-ìnë, mont-ìnë col significato di ‘mucchio di covoni’ altrimenti detto cavallìttë[1]: uno dei tanti insiemi che anche la radice cavall- poteva esprimere. Ad Aielli la voce indicava un ‘mucchio di fieno’ e credo si sia incrociata con lat. mont-e(m) ’monte’.  In latino mund-u(m) esprimeva, oltre a ‘mondo, terra, universo’, anche ‘corredo d’abbigliamento, oggetti di toeletta’ e, collettivamente, ‘strumenti, attrezzi’, tutti significati che riposano su quello implicito di “gruppo, serie”. L’agg. mundus, a, um ‘pulito, elegante’ si sarà sviluppato dal significato di ‘ordine’ proprio degli insiemi ben disposti e connessi ?  E come non collegare il lat. mund-u(m) ‘sole’ (in Manilio) col ted. Mond ‘luna’, che in altro articolo del blog ho considerato espressione di un’idea di “luce”? E come si spiega il dialettale monnézza < mondezza? Essa non è altro che l’it. immondizia con l’aferesi della sillaba iniziale, favorita dal significato di ‘mucchio, cumulo’ della radice di mund-u(m) ‘insieme, ammasso, cumulo (di immondizia, come di ogni altra cosa). Ma potrebbe anche derivare direttamente da quest’ultimo significato.

    Secondo me la dice lunga il fatto che pure l’altro termine latino per ‘universo, mondo’ aveva anche il significato collettivo di ‘strumenti, attrezzi, oggetti di toeletta, corredo d’abbigliamento’, un insieme di oggetti, appunto.  E ad un insieme ben ordinato doveva alludere anche il gr. kósm-os ‘mondo, universo, ordine, ornamento, abbellimento, ecc.’.  

     Anche l’ingl. world ‘mondo, terra, universo’ credo rientri in quest’ordine di idee, nonostante l’etimo accettato da tutti, il quale parla di  ‘esistenza umana, età’. La parola, infatti, deriva dall’ant. inglese wor-uld, wor-old  inteso come ‘età, vita (-old) dell’uomo (wer-)’. L’ant. norreno è ver-öld. A me, francamente, sembra un po’ strano che da questo significato iniziale ‘esistenza umana’ si sia potuto passare poi anche a quello di ‘universo’. Sarebbe più comprensibile il movimento inverso. Ho pensato allora che il primo membro wor-, ver- non fosse altro che il secondo membro di uni-vers-o (ma senza l’ampliamento in –s), e che la seconda parte –old  non fosse che un originario –*ord dissimilato in –old per la presenza della /r/ nel precedente wor-, ver-, dissimilazione favorita anche  dal nuovo significato che il composto veniva ad assumere, una volta scomparsi dalla lingua i significati originari dei suoi componenti.  Di cui, il secondo, -ord appunto, doveva appartenere alla famiglia di lat. ordo,-inis ‘ordine, serie, disposizione ordinata, fila, rango, schiera, classe sociale, ecc.’. In ingl. esiste anche il termine order ‘ordine’ ma esso è piuttosto tardivo, proveniente dal fr. ordre ‘ordine’.   La radice di lat. ord-ine(m) deve essere in qualche rapporto con quella di lat. art-u(m) ‘giuntura, articolazione, membro’[2]

    L’ingl. world ‘mondo, universo’, più che essere riferito alla vita degli uomini sulla terra, doveva indicare all’inizio il sistema ordinato dell’intero universo (secondo una delle definizioni del Webster), ma anche qualsiasi altro insieme.  Ed è molto indicativo, a mio parere, il significato dato alla parola dai chiromanti, secondo il vocabolario Merriam-Webster.  Esso ruota intorno al valore di ‘falange, dita, parte della mano’[3]: un insieme, dunque, o un’articolazione!

    La radice della componente –ord è la stessa del lat. ord-iri ‘ordire, tessere, fare la trama’ con riferimento ai fili dell’ordito. Essa potrebbe essere la stessa del mongolo ordu ‘tribù, accampamento’ che a noi è arrivata, attraverso tramiti diversi (turco, lingue slave) col significato dispregiativo di orda, massa disordinata di soldati, che per la verità non era caratteristica dei guerrieri mongoli, sottoposti a severa disciplina. In turco la parola indicava l’ esercito. Quindi il suo valore di fondo doveva essere sempre quello di ‘insieme, popolo, massa, schiere, esercito’.

    Non si può escludere, però, che la seconda componente dell’a. ingl.  wor-old  rimandi ad un sostantivo simile l’ingl. health ‘salute’ collegato con ol. heel ‘intero, tutto, molto, ecc.’ se ol. heel-al significa ‘ universo’ in quanto “totalità”.  Si sarebbe avuta così una trafila *wor-hold> worold>world.  E non è escluso che il suffisso –al di ol. heel-al ‘mondo’ sia invece all’origine una componente tautologica del termine, da individuare nel ted. All  ‘ universo’, in quanto “tutto”, e nel ted. Welt-all 'universo'.

     Nelle lingue slave l'idea di "mondo" si è incrociata con quella di "luce"  la quale ha finito, anzi, con lo scalzare quella precedente di "totalità".  Il mondo è stato inteso, insomma, come il regno della luce: cfr. serbo-cr. svjet-lo 'luce'serbo-cr.  svijet  'mondo'.  Ma l'aggettivo sve 'tutto' e il sostantivo svjet-ina 'folla' fanno supporre che il sostantivo per 'mondo' originariamente non alludesse alla 'luce' ma alla 'totalità' delle cose esistenti. Anche nel greco moderno kósm-os significa ‘mondo’ e ‘gente’. In altri termini sia l’idea di “mondo, universo” sia quella di “folla, gente” fanno capo all’idea sovraordinata di “insieme, raggruppamento, totalità”.










[1] Cfr. l’articolo del mio blog Covone: etimologia (marzo 2016).

[2] Cfr. l’art. del mio blog Il termine “armento” […] del marzo 2014.

[3] Per il concetto di “mano” cfr. l’art. del mio blog Il “municipio” ovvero il concetto di “unità” (aprile 2014).



Nessun commento:

Posta un commento