Cominciai a riflettere su questa parola da quando, adolescente di 12
anni già alle prese con l’amato latino, mio fratello che frequentava gli ultimi
anni del Liceo mi traduceva la scritta posta sulla sommità della Porta Jannëtèlla la quale suonava sumptibus universitatis erecta, cioè ‘(Porta) costruita a spese di tutta
la cittadinanza’. La traduzione non era
perfetta perché mio fratello non sapeva che nel latino medievale la parola universitat-e(m) aveva assunto il valore
giuridico-politico di ‘municipio, comune’ e così la intendeva nel senso di
‘insieme dei cittadini’ e simili.
Ora, l’aggettivo latino univers-us, a, um significa ‘intero,
tutto, tutto quanto’ e, al neutro singolare o plurale, indica ‘tutte le cose
(del mondo), l’universo’. Fin qui è
tutto chiaro, ma l’etimologia a mio avviso non lo è nonostante tutti i
linguisti, credo, diano oggi più o meno questa spiegazione: uni-vers-us, cioè ‘rivolto (-versus,
dal lat. vert-ere ‘volgere’)
in una sola (uni-) direzione’ e, quindi, ‘tutto intero’. Sinceramente questa spiegazione non mi ha mai
soddisfatto perché la trovo alquanto artificiosa nel suo desumere il concetto
di “intero, tutto” da quello di “unidirezionalità”. E in effetti tutte le
parole latine che iniziano per uni- sono lontane dall’esprimere
un’idea di “direzione” invece di quella costante di “unicità”.
E’ allora chiaro, a mio avviso, che questa direzione è un’aggiunta insinuatasi surrettiziamente nella
spiegazione, in quanto suggerita dal significato di ‘rivolto’ dato a –vers-us.
Il quale deve essere inteso allora diversamente dal solito, ma purtroppo la
linguistica tradizionale ha qui le armi spuntate, non avendo fatto un salutare
e purificante bagno nel fluido miracoloso e iridescente della linguistica che
oso chiamare quantistica.
Ho accennato, infatti, nell’articolo Il
termine latino “pectin-e(m)” e le sue varie significazioni che il lat. vers-u(m) ‘verso (di poesia)’ allude secondo
me a un movimento lineare, ad una serie di “piedi” che formano l’insieme del verso. Non per nulla la
parola significa in latino anche ‘solco, fila, filare’. Non condivido pertanto l’etimo che lo vuole
derivato dal lat. vert-ere ’volgere’,
in quanto esso avrebbe indicato l’andare a capo (e quindi lo svoltare) nella
prosa e soprattutto nella poesia. Nonostante la suggestione esercitata nel
nostro cervello da questo significato di ‘svolta, voltata, girata’ che sembra
il più naturale, il termine vers-u(m) in poesia doveva indicare una serie di elementi più piccoli, allineati uno dopo l’altro, e,
all’origine, qualsiasi serie o insieme di qualsiasi cosa. Se accettiamo
questo ragionamento, il più è fatto per arrivare ad una spiegazione più
accettabile di quella canonica dell’agg.
lat. uni-vers-us,
a, um ‘intero, tutto, tutto quanto’.
Se la radice vers- indica il gruppo,
l’insieme allora l’aggettivo
corrispondente dovrà significare ‘relativo al gruppo, alla massa, totale,
generale, intero, tutto’, come succede (ma non è certo) al lat. tot-us, a, um ‘tutto, intero’ il cui
sostantivo, nell’area osco umbra, era touta
che indicava la ‘totalità (dei
cittadini)’, cioè la ‘città’ o la ‘comunità’. La radice è presente anche
nell’area germanica e baltica.
L’agg. sostantivato, sia singolare uni-vers-u(m) che pl. uni-vers-a
ha il valore di ‘universo’, come ho detto, in quanto ‘totalità, somma di tutte
le cose esistenti, stelle, pianeti, ecc.’.
Anche in tedesco l’aggett. sostantivato All ‘tutto’ vale ugualmente ‘universo’.
La parte iniziale uni- rimanda
al lat. un-us, a, um ‘uno,
uno solo’. La sua radice, però, come ho mostrato nell’interessante articolo del
mio blog (aprile 2014) Il “municipio”
ovvero il concetto di “unità” […], poteva indicare, oltre al concetto di
“unità” anche quello opposto, ma sottostante e sottinteso , di “molteplicità” o
di “gruppo, insieme”. Essa allora dovrebbe essere tautologica rispetto
all’altra –vers- rafforzando il concetto di “totale” o di “totalità” del
termine. Nei nostri dialetti (Avezzano, Luco)
si incontra la voce mund-ìnë, mond-ìnë, mont-ìnë col significato di ‘mucchio di
covoni’ altrimenti detto cavallìttë[1]:
uno dei tanti insiemi che anche la
radice cavall- poteva
esprimere. Ad Aielli la voce indicava un ‘mucchio di fieno’ e credo si sia incrociata
con lat. mont-e(m) ’monte’. In latino mund-u(m) esprimeva, oltre a ‘mondo, terra, universo’, anche ‘corredo
d’abbigliamento, oggetti di toeletta’ e, collettivamente, ‘strumenti,
attrezzi’, tutti significati che riposano su quello implicito di “gruppo,
serie”. L’agg. mundus, a, um ‘pulito,
elegante’ si sarà sviluppato dal significato di ‘ordine’ proprio degli insiemi
ben disposti e connessi ? E come non
collegare il lat. mund-u(m) ‘sole’ (in
Manilio) col ted. Mond ‘luna’, che in altro articolo del blog ho considerato
espressione di un’idea di “luce”? E come si spiega il dialettale monnézza < mondezza? Essa non è altro
che l’it. immondizia con l’aferesi
della sillaba iniziale, favorita dal significato di ‘mucchio, cumulo’ della
radice di mund-u(m) ‘insieme,
ammasso, cumulo (di immondizia, come di ogni altra cosa). Ma potrebbe anche derivare
direttamente da quest’ultimo significato.
Secondo me la dice lunga il fatto che pure l’altro termine latino per
‘universo, mondo’ aveva anche il significato collettivo di ‘strumenti,
attrezzi, oggetti di toeletta, corredo d’abbigliamento’, un insieme di oggetti, appunto. E ad un insieme ben ordinato doveva alludere
anche il gr. kósm-os ‘mondo, universo, ordine, ornamento, abbellimento, ecc.’.
Anche l’ingl. world ‘mondo,
terra, universo’ credo rientri in quest’ordine di idee, nonostante l’etimo
accettato da tutti, il quale parla di
‘esistenza umana, età’. La parola, infatti, deriva dall’ant. inglese wor-uld, wor-old inteso come ‘età,
vita (-old) dell’uomo (wer-)’. L’ant. norreno è ver-öld. A me, francamente, sembra un
po’ strano che da questo significato iniziale ‘esistenza umana’ si sia potuto
passare poi anche a quello di ‘universo’. Sarebbe più comprensibile il
movimento inverso. Ho pensato allora che il primo membro wor-, ver- non fosse
altro che il secondo membro di uni-vers-o (ma senza l’ampliamento in
–s), e che la seconda parte –old non fosse che un originario –*ord
dissimilato in –old per la presenza della /r/ nel precedente wor-,
ver-,
dissimilazione favorita anche dal nuovo
significato che il composto veniva ad assumere, una volta scomparsi dalla
lingua i significati originari dei suoi componenti. Di cui, il secondo, -ord appunto, doveva appartenere alla famiglia di lat. ordo,-inis ‘ordine, serie, disposizione ordinata, fila, rango, schiera,
classe sociale, ecc.’. In ingl. esiste anche il termine order ‘ordine’ ma esso è piuttosto tardivo, proveniente dal fr. ordre ‘ordine’. La
radice di lat. ord-ine(m) deve
essere in qualche rapporto con quella di lat. art-u(m) ‘giuntura, articolazione, membro’[2].
L’ingl. world ‘mondo,
universo’, più che essere riferito alla vita degli uomini sulla terra, doveva
indicare all’inizio il sistema ordinato dell’intero universo (secondo una delle
definizioni del Webster), ma anche qualsiasi altro insieme. Ed è molto indicativo,
a mio parere, il significato dato alla parola dai chiromanti, secondo il
vocabolario Merriam-Webster. Esso ruota
intorno al valore di ‘falange, dita, parte della mano’[3]:
un insieme, dunque, o un’articolazione!
La
radice della componente –ord è la stessa del lat. ord-iri ‘ordire, tessere, fare la trama’
con riferimento ai fili dell’ordito. Essa potrebbe essere la stessa del mongolo ordu ‘tribù, accampamento’ che a noi è
arrivata, attraverso tramiti diversi (turco, lingue slave) col significato
dispregiativo di orda, massa
disordinata di soldati, che per la verità non era caratteristica dei guerrieri
mongoli, sottoposti a severa disciplina. In turco la parola indicava l’ esercito. Quindi il suo valore di fondo
doveva essere sempre quello di ‘insieme, popolo, massa, schiere, esercito’.
Non
si può escludere, però, che la seconda componente dell’a. ingl. wor-old rimandi ad un sostantivo simile l’ingl. health ‘salute’ collegato con ol. heel ‘intero, tutto, molto, ecc.’ se ol.
heel-al significa ‘ universo’ in
quanto “totalità”. Si sarebbe avuta così
una trafila *wor-hold> worold>world. E non è escluso che il suffisso –al di ol. heel-al ‘mondo’ sia invece all’origine una componente tautologica del
termine, da individuare nel ted. All ‘ universo’, in quanto “tutto”, e nel ted. Welt-all 'universo'.
Nelle lingue slave l'idea di
"mondo" si è incrociata con quella di "luce" la quale
ha finito, anzi, con lo scalzare quella precedente di
"totalità". Il mondo è stato inteso, insomma, come il regno
della luce: cfr. serbo-cr. svjet-lo 'luce', serbo-cr. svijet
'mondo'. Ma l'aggettivo sve 'tutto' e il
sostantivo svjet-ina 'folla' fanno supporre che il
sostantivo per 'mondo' originariamente non alludesse alla 'luce' ma alla
'totalità' delle cose esistenti. Anche nel greco moderno kósm-os significa ‘mondo’ e ‘gente’. In altri termini sia l’idea di
“mondo, universo” sia quella di “folla, gente” fanno capo all’idea
sovraordinata di “insieme, raggruppamento, totalità”.
[1] Cfr.
l’articolo del mio blog Covone:
etimologia (marzo 2016).
[2] Cfr.
l’art. del mio blog Il termine “armento” […]
del
marzo 2014.
[3] Per il
concetto di “mano” cfr. l’art. del mio blog Il “municipio” ovvero il concetto
di “unità” (aprile 2014).
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