Nel solito Vocabolario abruzzese di D. Bielli è
registrata la voce tï-ònëcë ‘vicinato’. Cos’è? arabo? Con un po’
di pazienza, ed aguzzando bene gli occhi, si viene a scoprire invece che essa è di pretta
origine italico-greca.
Di
primo acchito mi è venuto in mente, infatti, proprio il gr. di-oíkē-sis
‘amministrazione, governo familiare, diocesi, provincia’ per la presenza in
esso della parola oĩk-os ‘casa’ che in
latino ha assunto la forma vic-u(m) ‘quartiere, rione, strada, villaggio’, da cui l’aggett.lat. vic-in-u(m) ‘vicino, prossimo’. La traslitterazione latina di-oecē-sis vale ‘circoscrizione, distretto’, che
in Sidonio assume ll significato di ‘parrocchia’, altro termine di ascendenza
greca composto dalla radice del solito oĩk-os ‘casa’ preceduto dalla prepos. pará-
‘presso, vicino’, mentre in di-oikē-sis è preceduto dalla
prepos. diá- ‘attraverso’.
Ora, concludendo, l’abruzz. tï-ònëcë ‘vicinato’ non può essere altro che una normale metatesi di un originario *tï-òcënë il cui secondo membro deve risalire ad una forma italica *oik-in-, parallela a quella lat. di vic-in-u(m) ‘vicinanza, luogo: ricordo, ai non addetti, che la pronuncia di lat. vic-in- era uik-in- simile ad *oik-in'. La dentale iniziale -t- è dovuta ad un frequente assordimento nei nostri dialetti dell’originaria sonora –d- come avviene in titë ‘dito’ e in tiàvëlë ‘diavolo’ a Trasacco-Aq ed altrove. Anche l’it. diocesi perde la vocale –i- del dittongo originario greco –oi-.
Incredibile! E ribadisco che nulla è a caso in linguistica.
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