Si
tratta di espressione registrata sempre dal Bielli nel Vocabolario abruzzese. Ma dove è la radice che indica Dio,
visto che in questi casi il suo nome deve necessariamente comparire, come nelle
diverse espressioni simili delle lingue indoeuropee? Non si può pensare ad
altro, secondo me, che a una radice Ta, Da col valore
etimologico di ‘luce diurna’, come sarebbe confermato dal ted. Tag ‘giorno’,
suo ampliamento, e da ingl. day <*dag ‘giorno’, in fondo varianti
di lat. di-e(m) ‘giorno, dì’,
gr.
Zé-us< *Di-éus ‘Zeus, Giove’, nome del supremo dio indoeuropeo. Nei dialetti greci esistevano molte varianti
del nome del teonimo, tra cui l’accus. Tán,
Dán
con un vocat. Da da taluni riferito,però, alla ‘terra’.
Dalle nostre parti, nella Marsica, ricorrono varie espressioni riferite
al Giove tonante e folgorante come tat-onë-vecchjë ad Avezzano-Aq
e Tat-onë cuscënarë ad Aielli-Aq di cui ho
parlato in altro post del mio blog (16 febbraio 2020). Tàta e tat-όnë indicano rispettivamente il ‘padre e il ‘nonno’, da una ben nota radice indoeuropea: ma bisogna
assolutamente tener conto del fatto che questa radice raddoppiata poteva
riferirsi anche alla luce, come abbiamo visto, sicchè i
due concetti di “luce” e “padre” generarono, a mio avviso, il mito indoeuropeo
di Giove-padre
celeste.
Allora l’espressione italica in questione, cioè ta-vόtë, deve essere sciolta in Ta vόtë, appunto, ed intesa come ‘Zeus voglia’ diventato nel
cristianesimo ‘Dio voglia’. Del resto anche l’interiezione dialettale oddìa! 'oddio!' in
uso ad Aielli-Aq, Trasacco-Aq. ecc. di cui ho parlato nel post Non abbiamo ancora abbandonato il paganesimo
del mio blog (30 maggio 2020) si riferiva all'accusativo greco di Zeus,
che era appunto Dìa, non al
Dio cristiano.
E quale potrebbe essere l’origine della voce –vόtë? Secondo me essa è la stessa di lat. vot-u(m) ‘voto, sacra e solenne promessa’ dal verbo vov-ēre ’dedicare, consacrare, fare solenne
promessa’, termine d’ambito sacro che qui dovrebbe esprimere, sotto forma di
verbo, la volontà di Zeus. Ma forse si coglie nel segno se si suppone
dietro -vόtë una forma rispondente al
congiuntivo imperfetto tedesco wollte ‘volessi, volesse’, prima e
terza persona singolare di ted. woll-en ‘volere’. Nei nostri
dialetti l’it. volta, ad esempio, diventa
vòta, con la caduta della lettera –l-, come il participio
passato colto del verbo it. cogliere
diventa cόtë, e così via. Quindi un eventuale originario *Ta
wollte (richiamante ted. Tag ‘giorno’) avrebbe significato
‘che Giove voglia!, volesse Giove!’.
Queste
formule, attraversano intatte, o quasi, millenni e civiltà diverse.
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