Il succiacapre è un uccello notturno più o meno della grandezza di un
merlo il quale, secondo un’antichissima tradizione, succhierebbe il latte dalle
mammelle delle capre o pecore, come sembra attestare il nome stesso. In realtà l’uccello frequenta le greggi e gli
ovili in cerca degli insetti che si annidano nel vello di questi animali e
negli ovili. La tradizione è riferita,
con qualche variante, dagli scrittori latini Plinio (I sec. d.C.) e Eliano
(II-III sec. d. C.), Quest’ultimo scrive
in lingua greca e usa per “succiacapre” il termine aigi-thḗl-as che letteralmente significa proprio ‘succia-capre’,
da gr. aiks ‘capra’ e radice del
verbo gr. thēl-áz-ein ‘allattare, poppare, succhiare’. Il caso vuole che in greco esista anche il
composto aigí-thāl-os o aigí-thāll-os ‘cinciallegra’, parola che sembra
fatta apposta per innescare una evidente etimologia popolare del suddetto aigi-thḗl-as ‘succiacapre’.
In latino il termine per questo uccello era capri-mulg-u(m) ‘caprimulgo, succiacapre, capraio’, dal lat. capr-a(m) ‘capra’ più la radice del verbo mulg-ēre ‘mungere’. Allora l’it. succiacapre potrebbe considerarsi una traduzione diretta del
termine latino? Io propendo a credere che anch’esso sia il prodotto di incroci,
ma lascio ad altri la possibilità di provarlo in qualche modo. Intanto faccio
notare che esistono altri nomi greci preceduti dalla radice indicante la capra come 1) aigo-thḗl-as ‘succiacapre’, variante usata da Aristotele del
suddetto aigi-thḗl-as ‘succiacapre’; 2) aigí-oth-os ‘fanello’, variante di aigi-th-os ‘fanello’; 3) aig-ōli-όs ‘strige (uccello notturno)’.
Ora è legittimo chiedersi cosa c’entri questa capra in questi vocaboli: a mio avviso nulla. Oppure c’entra, ma col suo probabilissimo
significato preistorico di ‘animale’ o anche ‘uccello’ presente
tautologicamente anche nelle altre componenti. A toglierci dalla mente
l’immagine ossessiva della capra (gr. aík-s) ci può aiutare l’altro suo significato di ‘onda
tempestosa’ che ci riporta, secondo me, all’idea originaria di fondo “spinta,
forza, ecc.”. Anche la componente -thāl(l)-os, ad esempio, rimanda ad una radice
col significato di ‘germogliare, fiorire’ o di ‘ramoscello, germoglio’. Si tratta, nel fondo, di un significato
generico di ‘forza, crescita, spinta, anima, animale’ che, nel corso della
lunga vita della parola, si può specializzare in vario modo. Lo stesso gioco di significati si ritrova,
ampliato, nel gr. mόskh-os ‘ramoscello, pollone, vitello,
giovenca, fanciullo, fanciulla, rondinino’ ma anche ‘muschio’, parola che
ritorna all’idea di “vegetazione, erba” e simili.
La seconda componente del suddetto
gr. aig-ōli-όs ‘strige’ riappare in altri vocaboli indoeuropei come gr. ele-όs ‘sorta di uccello notturno’, nel lat. ul-ul-a(m)
‘civetta’ (così chiamata, a mio avviso, non a causa del suo verso), ingl. owl
‘gufo,civetta’, ted. Eule ‘civetta, gufo, barbagianni’. Il barba-gianni è noto, non ricordo in quale
dialetto, come Ian (Gianni) l’oli, il cui secondo appellativo –oli fa parte di questa serie che
sto elencando, a cui appartiene anche l’it. all-occo, dal tardo lat. al-uc-u(m), ul-uc-u(m), ul-ucc-u(m). Serie considerata dai linguisti, a mio avviso
erroneamente, composta da parole onomatopeiche con la radice ul di lat. ul-ul-are ‘urlare’, ad esempio.
Ma basta gettare uno sguardo al sopra citato gr. aig-ōli-όs ‘strige’ per dissuadersene.
Oltre al fatto che io non credo nelle onomatopee, come ho dimostrato
(penso) in un articolo presente nel mio blog.
Non ho qui intenzione di
inseguire i vari nomi dialettali del caprimulgo
(nottola, nottolone, calca-botto, boccalone, ecc.) che certamente
richiederebbero uno studio dettagliato dei
tanti ornitonimi tedeschi, inglesi, francesi, compresi quelli dialettali, ecc. Mi accontento di aver individuato (senza
presunzione) l’etimo del gr. aigi-thḗl-as ‘succiacapre’, termine che ci
invita a cercare l’origine di questi nomi al di là dei loro significati
superficiali che spesso sembrano fatti apposta per il loro referente, ma, caso
strano, non lo nominano mai direttamente, cioè
indicando la sua natura di uccello
o di animale.
Per il lat. capri-mulg-u(m) ‘succiacapre, mungitore
di capre’ mi limito a dire che dovrebbe
essere di qualche importanza la circostanza che in latino non esiste un
sostantivo mulg-u(m) ‘mungitore’
indipendente dal precedente composto, la cui componente –mulg-u(m) si fa derivare dal verbo lat. mulg-ēre ‘mungere’: può quindi benissimo accadere che il significato
superficiale di questa componente, cioè ‘mungitore’, sia stato causato solo dall’ incrocio con la
radice di lat. mulg-ēre ‘mungere’ di un precedente termine di altro
significato, reinterpretato come ‘mungitore’ per etimologia popolare. Faccio notare, inoltre, che la prima
componente capri- potrebbe condividere il suo significato originario con il gr. kápr-os ’cinghiale’ ma anche ‘tipo di pesce’
detto anche, in forma diminutiva, kapr-ísk-os ‘caprisco’. La
seconda componente allora poteva contenere inizialmente la parola lat. -mugil-e(m) ’muggine’, diventata *-mugl-e(m) attraverso la facile caduta della -i- postonica, e successivamente reinterpretata, per etimologia
popolare, come *-mulg-u(m) ‘mungitore’
(ma, ribadisco, solo in questo contesto!) con la metatesi g/l. Così il composto che forse indicava
originariamente un tipo di pesce finì
con l’assumere un significato del tutto diverso, fatto apposta, però, per
designare l’uccello notturno del succia-capre,
per il quale si tramandava, da lunga pezza (almeno dal tempo dei Greci), il
singolare (ma falso) comportamento che ne faceva un vero e proprio succhiatore
del latte di capre e pecore.
La radice di lat. mugil-e(m) è messa in relazione da diversi
linguisti col verbo latino e-mung-ĕre ‘soffiare il naso, spremere’, per
via della viscosità di questo pesce. Anche il verbo it. mung-ere sembra aver abbandonato la radice del lat. mulg-ēre ‘mungere’ a tutto vantaggio di
quella del lat. e-mung-ĕre ‘soffiare il naso, spremere’. Così vanno le cose normalmente
nella storia delle lingue: c’è sempre la possibilità che dietro l’angolo la
fisionomia di una parola possa imprevedibilmente mutare per l’influsso esercitato su di essa
da altra parola omofona ma non omosemantica, influsso magari agevolato da
circostanze che fanno sembrare accettabile e naturale il nuovo significato.
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