Credo che tutti gli etimologi sostengano che l’it. maiale, lat. maial-e(m), sia stato forse
così chiamato perché a Roma si era soliti, in genere il primo giorno di maggio,
sacrificare un maiale a Maia, dea della fecondità. Il nome,
insomma, deriverebbe da quello di Maia.
Noi però sappiamo che i nomi non nascono in genere in questo modo perché
essi dovrebbero fare riferimento, invece, alla natura del referente e non agli
accidenti che possono riguardarlo.
Dico subito che non conosco il vero etimo della parola in questione, ma
mi preme comunque sottolineare alcuni fenomeni che la toccano e che illuminano
i fatti linguistici in genere, con la loro complessità.
Si narra, infatti, fin dall’antichità, che il primo di maggio, come ho
accennato or ora, si sacrificava a Maia un maiale
il quale, stando ad alcune delle fonti, doveva essere castrato, mentre secondo altre si trattava di scrofa gravida, pregna, significato contrapposto al precedente. Sono forse questi dei fatti casuali su
cui non vale la pena soffermarsi? Non credo, dato che essi possono essere
spiegati puntualmente.
Una scrofa pregna, infatti, è
appunto una maiala gravida, grossa:
due aggettivi i cui concetti possono essere espressi anche dal lat. mag-n-u(m) ‘grande, grosso, ecc.’ la cui
radice mag- abbiamo visto (nell’art.
precedente intitolato La maésa) che si ritrova nel nome Maia<*Mag-ia, e nel comparativo ma-ior-e(m) ’maggiore’ con la caduta della
velare /g/. E’ dunque questo il motivo per cui dietro
il termine mai-al-e(m) è stato
visto, dagli antichi, non un semplice maiale
o porco, ma una maiala grossa, nel senso di pregna. Nel greco moderno la voce magiá, pronunciata majà, significa ‘lievito’, la sostanza che fa fermentare, crescere,
gonfiare la materia organica.
Nel
Vocabolario abruzzese di D. Bielli compare anche la voce majàtëchë ‘marchiano, grosso,
madornale’ detto di animali, ciliegie, errori che conferma evidentemente la
radice maia- < mag- .
E il
senso di porco castrato? Il fatto è che il lat. maial-e(m) significa in genere proprio porco castrato. Ma perché questo avviene? Come mai al semplice significato di porco deve aggiungersi anche la qualità
dell’essere castrato? Anche in questo
caso è il dialetto che ce ne svela il motivo.
In
Abruzzo[1],
e anche in alcuni paesi della nostra Marsica come Trasacco[2],
ricorre la voce majà, majjà ’castrare’. Ora, la cosa importante è notare, secondo
me, che questa voce molto probabilmente esisteva già, anche nel latino parlato,
ai tempi della nostra Maia e del
nostro maial-e(m) sicchè potè
avvenire l’incrocio che fornì a maial-e(m)anche
il significato di castrato: altrove
ho già ricordato che questi fenomeni erano già presenti nel latino classico.
Qualunque sia l’etimo di majà
‘castrare’, di cui comunque ho già parlato nell’articolo del mio blog La gramola e i suoi vari nomi dialettali (1
settembre 2012), resta il fatto che esso si è incrociato con il lat. maial-e(m): anche l’abr. maial-éschë, infatti, ne ha
mantenuto intatto il significato di ‘scrofa castrata’ accanto a quello generico
di ‘maiala’. C’è anche da ricordare che
l’espressione usata in latino per indicare il porco sacrificato a Maia era sus Maialis intesa come ‘porco dedicato a Maia’ ma
in realtà essa, prima che si incrociasse col nome della dea, doveva indicare
proprio un ‘porco (sus) castrato (maialis, con la /m/ minuscola perché
inizialmente non riferita a Maia)’. E’ chiaro che un animale
castrato diventa pingue e grasso ma solitamente continua ad essere
designato come castrato. L’etimo
primo di lat. maial-e(m) resta
comunque ignoto; esso potrebbe indicare solo il concetto di “animale”.
E
questo è quanto. In simili storie nulla è dovuto al caso, ma è semmai la nostra
ignoranza che ce lo fa credere.
[1] Cfr. D.
Bielli, Vocabolario abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-AQ, 2004.
[2] Cfr.Q.
Lucarelli, Biabbà F-P, Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq 2003.
Credo che tutti gli etimologi sostengano che l’it. maiale, lat. maial-e(m), sia stato forse
così chiamato perché a Roma si era soliti, in genere il primo giorno di maggio,
sacrificare un maiale a Maia, dea della fecondità. Il nome,
insomma, deriverebbe da quello di Maia.
Noi però sappiamo che i nomi non nascono in genere in questo modo perché
essi dovrebbero fare riferimento, invece, alla natura del referente e non agli
accidenti che possono riguardarlo.
Dico subito che non conosco il vero etimo della parola in questione, ma
mi preme comunque sottolineare alcuni fenomeni che la toccano e che illuminano
i fatti linguistici in genere con la loro complessità.
Si narra, infatti, fin dall’antichità, che il primo di maggio, come ho
accennato or ora, si sacrificava a Maia un maiale
il quale, stando ad alcune delle fonti, doveva essere castrato, mentre secondo altre si trattava di scrofa gravida, pregna. Sono forse questi dei fatti casuali su cui
non vale la pena soffermarsi? Non credo, dato che essi possono essere spiegati
puntualmente.
Una scrofa pregna, infatti, è
appunto una maiala gravida, grossa:
due aggettivi i cui concetti possono essere espressi anche dal lat. mag-n-u(m) ‘grande, grosso, ecc.’ la cui
radice mag- abbiamo visto (nell’art.
precedente intitolato La maésa) che si ritrova nel nome Maia<*Mag-ia,e nel comparativo ma-ior-e(m) ’maggiore’ con la caduta della
velare /g/. E’ dunque questo il motivo per cui dietro
il termine mai-al-e(m) è stato
visto, dagli antichi, non un semplice maiale
o porco, ma una maiala grossa, nel senso di pregna. Nel greco moderno la voce magiá, pronunciata majà, significa ‘lievito’, la sostanza che fa fermentare, crescere,
gonfiare la materia organica.
E il
senso di porco castrato? Il fatto è che il lat. maial-e(m) significa in genere proprio porco castrato. Ma perché questo avviene? Come mai al semplice significato di porco deve aggiungersi anche la qualità
dell’essere castrato? Anche in questo
caso è il dialetto che ce ne svela il motivo.
In
Abruzzo[1],
e anche in alcuni paesi della nostra Marsica come Trasacco[2],
ricorre la voce majà, majjà ’castrare’. Ora, la cosa importante è notare, secondo
me, che questa voce molto probabilmente esisteva già, anche nel latino parlato,
ai tempi della nostra Maia e del
nostro maial-e(m) sicchè potè
avvenire l’incrocio che fornì a maial-e(m)anche
il significato di castrato: altrove
ho già ricordato che questi fenomeni erano già presenti nel latino classico.
Qualunque sia l’etimo di majà
‘castrare’, di cui comunque ho già parlato nell’articolo del mio blog La gramola e i suoi vari nomi dialettali (1
settembre 2012), resta il fatto che esso
si è incrociato con il lat. maial-e(m): anche l’abr. maial-éschë, infatti, ne ha
mantenuto intatto il significato di ‘scrofa castrata’ accanto a quello generico
di ‘maiala’. C’è anche da ricordare che
l’espressione usata in latino per indicare il porco sacrificato a Maia era sus Maialis intesa come ‘porco dedicato a Maia’ ma
in realtà essa, prima che si incrociasse col nome della dea, doveva indicare
proprio un ‘porco(sus) castrato (maialis, con la /m/ minuscola perché
inizialmente non riferita a Maia)’. E’ chiaro che un animale
castrato diventa pingue e grasso ma solitamente continua ad essere
designato come castrato. L’etimo
primo di lat. maial-e(m) resta
comunque ignoto; esso potrebbe indicare solo il concetto di “animale”.
E
questo è quanto. In simili storie nulla è dovuto al caso, ma è semmai la nostra
ignoranza che ce lo fa credere.
[1] Cfr. D.
Bielli, Vocabolario abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-AQ, 2004.
[2] Cfr.Q.
Lucarelli, Biabbà F-P, Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq 2003.
Nessun commento:
Posta un commento