martedì 26 febbraio 2019

Aggettivo léscë, femm. lèscia ‘insipido, insapore’


                                          
   L’aggettivo del titolo ad Aielli-Aq valeva ‘insapore’ ed era quasi sinonimo di sciapo: quest’ultimo si riferiva in genere solo al sale insufficiente o assente in una minestra, ad esempio, mentre léscë riguardava, per così dire, l’interezza del sapore e del gusto. Ora, nell’annacquato dialetto dei nostri giorni, mi pare che sciapo abbia vinto su léscë, il quale non si sente più in giro, ed è rimasto solo un ricordo nella testa delle persone più anziane, giacché  anch’esse evitano di usarlo per non suscitare magari imbarazzo o canzonatoria ilarità nella gente nuova alle cui orecchie il termine può sembrare molto strano.  Con trasposizione metaforica esso serviva ad indicare anche una persona piuttosto melensa e insulsa in quello che diceva, intellettualmente poco vivace.

  L’aggettivo si incontra anche in altri dialetti della Marsica come a Luco dei Marsi[1], dove è detto di ‘persona insipida o apatica’, o ad Avezzano[2] col significato di ‘lento, moscio, lamentoso, melenso’.  Come si può vedere da questi due esempi il valore della radice doveva essere inizialmente quello di ‘manchevole, insufficiente, leggero, molle’ significati che assumevano, il più delle volte, una connotazione negativa come nei casi che ho citato, compreso il significato di ‘sciapo (senza sale)’, ma avrebbe potuto generare anche significati positivi come ‘mite, bonario, tenero, delicato, ecc.’.

   Io suppongo che questo nostro léscë  condivida la radice con l’aggettivo ted. leise ‘piano, sommesso, basso (di voce), leggero, delicato, debole’, che talora assume anche il significato di ‘flebile, fievole’ nonché, più direttamente, quello  di ‘piagnucoloso’[3], uguale ad uno dei significati (lamentoso) che la radice presenta nel dialetto di Avezzano, come più sopra indicato. 

   Da non dimenticare il sostantivo femm. abruzzese lèsïe ‘modo di parlare artificiosamente bonario’ che attinge, a mio avviso, ai concetti di bonarietà, tenerezza e delicatezza, mista a leziosaggine, insiti nella radice.
   
   Resta da dire che formalmente il nesso consonantico /sc/ da me usato nel dialettale scë rappresenta la /s/ palatale scempia diversamente dall’italiano dove esso rappresenta la /s/ palatale doppia.


[1] Cfr. G. Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006.

[2] Cfr. U. Buzzelli-G. Pitoni, Vocabolario del dialetto avezzanese, (senza indic. di editore), 2002.


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