L’aggettivo del titolo ad Aielli-Aq valeva ‘insapore’ ed era quasi
sinonimo di sciapo: quest’ultimo si
riferiva in genere solo al sale insufficiente o assente in una minestra, ad
esempio, mentre léscë
riguardava,
per così dire, l’interezza del sapore e del gusto. Ora, nell’annacquato
dialetto dei nostri giorni, mi pare che sciapo
abbia vinto su léscë, il quale non si sente più in giro, ed è
rimasto solo un ricordo nella testa delle persone più anziane, giacché anch’esse evitano di usarlo per non suscitare
magari imbarazzo o canzonatoria ilarità nella gente nuova alle cui orecchie il
termine può sembrare molto strano. Con
trasposizione metaforica esso serviva ad indicare anche una persona piuttosto melensa e insulsa in quello che diceva, intellettualmente poco vivace.
L’aggettivo si incontra anche in altri dialetti della Marsica come a
Luco dei Marsi[1], dove è detto
di ‘persona insipida o apatica’, o ad Avezzano[2]
col significato di ‘lento, moscio, lamentoso, melenso’. Come si può vedere da questi due esempi il
valore della radice doveva essere inizialmente quello di ‘manchevole,
insufficiente, leggero, molle’ significati che assumevano, il più delle volte,
una connotazione negativa come nei casi che ho citato, compreso il significato
di ‘sciapo (senza sale)’, ma avrebbe potuto generare anche significati positivi
come ‘mite, bonario, tenero, delicato, ecc.’.
Io suppongo che questo nostro léscë
condivida la radice con l’aggettivo ted. leise ‘piano, sommesso,
basso (di voce), leggero, delicato, debole’, che talora assume anche il
significato di ‘flebile, fievole’ nonché, più direttamente, quello di ‘piagnucoloso’[3],
uguale ad uno dei significati (lamentoso) che la radice presenta nel dialetto
di Avezzano, come più sopra indicato.
Da
non dimenticare il sostantivo femm. abruzzese lèsïe ‘modo di parlare
artificiosamente bonario’ che attinge, a mio avviso, ai concetti di bonarietà,
tenerezza e delicatezza, mista a leziosaggine, insiti nella radice.
Resta
da dire che formalmente il nesso consonantico /sc/ da me usato nel dialettale léscë
rappresenta la /s/ palatale scempia diversamente dall’italiano dove esso rappresenta
la /s/ palatale doppia.
[1] Cfr. G.
Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche
Cellini, Avezzano-Aq, 2006.
[2] Cfr. U.
Buzzelli-G. Pitoni, Vocabolario del
dialetto avezzanese, (senza indic. di editore), 2002.
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