I linguisti solitamente sostengono che l’it. pignatta (dial. pignàta) sia il risultato
di un ampliamento di it. pigna (derivante da un aggettivo
sostantivato latino pine-am ‘pigna’), con un passaggio semantico generato o dalla
forma della pignatta o da quella del
coperchio o da altro. E in effetti si incontra un uso del semplice pigna
col senso di ‘pignatta, pentola’ nel Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche[1]. Il linguista G.B. Pellegrini rifiuta
l’etimologia tradizionale e suppone un latino parlato *pinguiatta(m) da *pinguia(m) olla(m), pentola (oll-am) per la conservazione del grasso (aggett.lat.
pingu-em ‘grasso) che poi avrebbe assunto il
significato generico di ‘vaso, pentola’[2].
Tutte queste supposizioni hanno, secondo me, il grave difetto di riportare
l’etimo a qualche aspetto secondario
dell’oggetto, mentre la Lingua nomina solitamente le cose direttamente, per
quello che sono.
A me pare
così più utile accostare la voce pign-atta al dialettale abruzzese pencë, pinchë ‘tegola’[3], ping-ula (Aielli-Aq) ‘coccio (di vaso, di pentola)’. Si tratta di radice indicante un oggetto di
terracotta, atto a coprire o a contenere qualcosa, e che quindi ben
potrebbe essere etimo di pign-atta, anche se il fatto, di primo acchito, non sembra
evidente. Ma tutto diventa chiaro se solo
si riflette che il primo membro di pign-atta potrebbe facilmente provenire, attraverso una semplice
metatesi, da un precedente *ping , presente in abr. pinchë, pinghë,
appunto, col significato di ‘oggetto di terra cotta’, atto a coprire (tegola) o
ad avvolgere e contenere (pentola, pignatta). La
stessa metatesi si riscontra nel dialettale abruzz. tégnë 'tingere' per
lat. ting-ĕre ‘tingere’ Nel dialetto di Luco dei Marsi[4] pìnqu-ele significa ‘trottola’, oggetto, come
sappiamo, a forma di cono rovesciato che si fa girare vorticosamente. È tutto un girare, contorcersi se l’etimo di trottola
è a mio parere da ravvisare in una forma tort-ola.
Da un originario *pinga ‘pignatta’ si passò a pigna
‘pignatta’, per metatesi, come detto poco fa. Quindi il termine non ha nulla in
comune con la pigna, frutto delle
conifere, tranne la facciata esteriore, provenendo questa, a detta dei
linguisti, dall’aggett. sostantivato lat. pine-am
(pigna). In dialetto aiellese, e in altri, pigna vale ‘grappolo d’uva’. Così le
cose si complicano, dato che sia l’it. pigna, sia il dialett. pigna
(grappolo), sia il dialett. pigna ‘pentola’, sia la pign-atta costituiscono grosso modo delle rotondità o ammassi, giacché anche la pign-atta rientra in questo
concetto generico che comprende sia le convessità
(o protuberanze) sia le cavità (o pentole). Secondo me,
escludendo una derivazione di lat.pine-a(m)'pigna' dall’incrocio di lat. pin-u(m)’pino’ con questa radice *pinga
‘pignatta, rotondità’, si dovrebbe cercare una rotondità in qualche termine con la radice PIN-. A me pare di poterla scorgere nel lat. pin-a(m) ‘tipo di conchiglia’ e nello
stesso lat. pine-a(m) ‘pigna’ ma anche ‘tipo di turbine’(Apuleio).
In altri termini la pigna ‘frutto del pino’ non avrebbe
nulla da spartire col pino bensì con
una radice uguale formalmente a quella di pino,
ma con un significato di rotondità del
tutto diverso, che fatalmente sarebbe stata attratta dal pino, per indicarne il
frutto il quale, nel nostro dialetto di Aielli, porta il bel nome tautologico di cucca-vèlla alludente ad una rotondità, appunto (cfr. it. cocco).
Ma il bello arriva ora. Tutti i linguisti sono convinti che l’it. pentola
deriva da un latino volgare *pinct-a(m) oll-a(m) ‘recipiente (oll-am)
verniciato, dipinto’. Il lat. classico per ‘dipinta’ era pict-a(m). In realtà la parola latina volgare originaria per ‘pentola’ doveva
essere *ping-at-ola(m), i cui due primi membri sono una fotocopia del
termine *ping-at-a(m), da me posto
all’origine di pign-atta. Nel caso
di pentola essi si incrociarono
effettivamente con latino volg. *pinct-a(m) ’dipinta’(spostando l’accento sulla prima sillaba) e diedero all’originaria *ping-at-ol-a(m) la forma *pinct-ol-a(m) per caduta della-a-, forma da cui viene pentola, la quale abbaglia inesorabilmente i linguisti col suo colore rossastro. Ma, ripeto, la Lingua nomina le cose
direttamente per quello che sono, non puntando lo sguardo su aspetti secondari
come il colore. Diversi sono in italiano
i doppioni come pigione e pensione che indicano la stessa cosa e contengono la stessa radice che ha subito,
però, trattamenti differenti.
[1] Cfr. Cortelazzo-Marcato, I dialetti italiani,
UTET, Torino, 1998.
[2] Cfr.
DELI, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Zanichelli, Bologna, 2004.
[3] Cfr. D.
Bielli, Vocabolario abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.
[4] Cfr.
G.Proia, La parlata di Luco dei Marsi,
Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006.
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