mercoledì 23 maggio 2018

CATASTO: operazione delicata di restauro


                                                                                  

Non mi è mai piaciuta l’etimologia che oggi va per la maggiore riguardo al termine catasto.  Esso deriverebbe dal greco bizantino katá-stikh-on ‘registro, lista’ (cfr. veneziano catastico ‘catasto’), generatosi dall’espressione distributiva katà stíkh-on ‘riga per riga’.  Non prendo nemmeno in considerazione l’altra etimologia che suppone una forma del basso latino *capitulastr-u(m) non attestata e contratta in *catastr-u(m), dal classico capitulari-u(m) ‘collettore d’imposte’.   A chi, come me, è dell’idea che le parole debbano indicare direttamente il referente, anche se spesso in maniera generica, non può assolutamente andare giù l’espressione riga per riga per designare un libro o registro catastale.  Ammesso che il termine in questione avesse avuto all’origine il significato di ‘registro’ resterebbe comunque da spiegare come mai esso sia diventato catastale, dato che questa è una notazione non indifferente senza la quale si starebbe ad almanaccare per ore senza successo a quale tipo di registro la parola si riferirebbe.  

    Ora, prima di avventurarmi in qualche supposizione almeno credibile, penso che sia utile stabilire dei punti fermi in base a quello che si sa di certo sulla parola.  Mi sembra abbastanza chiaro che essa derivi da una forma originaria greca, la cui terminazione, evidentemente, doveva essere compatibile con quelle, tra loro simili, delle rispettive parole nelle lingue romanze e germaniche: ingl. cadastre, ted. Kataster, sp. catastro, fr. cadastre.  L’it. catasto, anticamente era anche catastro,[1] non fa quindi eccezione perchè  si sarà incrociato con l’it. catasta. Se anche tutte queste forme dovessero derivare dall’italiano arcaico catastro, io non sono del parere che questa italiana sia dovuta a storpiamento del catastico veneziano, ma che essa risponda alla forma originaria greca da cui si sviluppò il katá-stikh-on bizantino, come vedremo.

    Ribadisco che la derivazione della parola deve essere greca, ma purtroppo non vi sono in quella lingua termini in vista che possano servire alla bisogna. Pertanto è il caso di proporre una combinazione di due voci, di cui la prima esistente, l’altra molto probabile, e cioè *ga-dáster col significato di (libro) delle suddivisioni dei terreni. La composizione della parola richiama ga-pónos=geō-pónos ‘lavoratore dei campi’. Si pensi all’espressione latina agrorum discriptio ‘divisione dei terreni’, praticamente un catasto dei terreni, come il ted. Grund-buch ‘catasto’, letteral. ‘libro (-buch) dei terreni’ o l’ingl. land registry ‘catasto’, letter. ‘registro dei terreni’ .  In greco la voce g (dor. gã) vale ‘terra’.  Il secondo membro –dáster  non esiste, ma avrebbe potuto comparire nella lingua, per poi estinguersi, partendo dalla radice del verbo gr. dái-esthai ‘dividere,separare,spartire’ ampliata in vari modi come dat-eĩsthai ‘dividere, ditribuire, spartire’, daith-m-ós ‘divisione, limite, spartizione dei campi (l’ultimo significato è certamente interessante per noi)’, das-m-ós ‘divisione, ripartizione’ ma anche ‘imposta, tributo, tassa’. Il termine è vivo anche nel greco moderno. Siamo quindi nell’ambito di una radice adoperata per la determinazione della supreficie dei terreni e magari delle relative imposte.  Ma –das- non equivale al –das-tēr da me supposto. Nulla di grave. Infatti il suffisso –tēr, chiamato linguisticamente agentivo, serve a designare, appunto, un agente cioè un’entità, animata o meno, che svolge l’azione indicata dalla radice. Qui si tratta, quindi, di un divisore, come esattamente è un libro del catasto che segna i limiti dei vari terreni di una campagna e ne fissa il valore.  Si può contestare che il termine non esiste in greco, ma i suoi elementi sono tutti lì pronti ad esprimere il significato preciso di un catasto dei terreni.  Il bello è che si può anche spiegare perché da *ga-dáster si è passato al greco biz. katá-stikh-on ‘registro’.

   In effetti il supposto sostantivo *ga-dás-ter ‘catasto’ doveva avere una forma aggettivale che suonava *ga-dást-ik-os ‘catastale’ la quale, non appena si perse il significato d’origine della componente –dáster impedendo così la comprensione dell’intero composto, diventò necessariamente katá-stik-os e poi katá-stikh-os, date le molte parole greche inizianti con kata-, preposizione con diversi valori, come giù, contro, verso, per. L’elemento –stik-os si aspirò per influsso di gr. stikh-os ‘rigo, verso’ e l’aggettivo neutro sostantivato prese il posto del termine da cui derivava.  Nel greco bizantino rimase solo il significato di ‘registro’, perché forse nel frattempo il catasto fu indicato da un altro termine, mentre nel veneziano catastico l’antico valore persistette. E’ proprio il caso di dire che il restauro è molto convincente, perché non violenta nessuna parte restante e la integra con gli opportuni interventi, riportando  il manufatto mal ridotto dal tempo all’antico splendore.  L’etimologia, al limite estremo, potrebbe anche risultare erronea ma certamente non raffazzonata alla meglio.



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