La solita parola dall’etimo tormentato dai linguisti, solo perché, a mio
avviso, essi non hanno imboccato la strada giusta per scoprirlo. E’ una
questione di metodo e i dialetti danno, come sempre, un valido aiuto. Più voci
vernacolari si imparano, si osservano, si spiegano e più diventa meno difficile
arrivare ad un etimo almeno convincente. La possibilità di restare ingannati,
infatti, è sempre dietro l’angolo, data la spiccata tendenza delle parole a
camuffarsi sotto mentite spoglie. Sotto sotto, comunque, opera sempre il
pregiudizio della diversità dei significati d’origine di ogni radice, di cui ho
parlato nell’articolo Gli inganni tessuti
dalle parole stesse, a cui tutti purtroppo abboccano.
Proprio in quell’articolo pesente del mio blog, a cui rimando, riporto
la voce dialettale di Gallicchio-Pt. m-baš-à (anche m-basci-à) ‘aggiogare’,
il cui significato di base è quello di ‘congiungere, collegare, unire’, come lì
faccio notare. Il calabrese ammas-àre, m-bas-àre[1] ‘socchiudere,
far combaciare’ da un precedente *im-basi-are,
connesso giustamente con lat. basi-are ‘baciare’ (ritenuto quest’ultimo di origine celtica),
evidentemente circolava già su suolo italico ad indicare un ‘collegamento, un
contatto’ tra due cose o animali, come nel significato di ‘aggiogamento’, o di
‘contatto’ tra due persone attraverso le labbra, in segno di affetto. E’ bene notare che l’it. com-baci-are non può
essere considerato, senza nessun tentennamento, un derivato diretto del lat. basi-u(m) ‘bacio’; quello che si può
asserire con certezza è che ambedue le voci sfruttano la stessa radice. Il
significato di ‘bacio’, insomma, non è originario né basilare, come quello di
‘unione, connessione, contatto’.
A
questi esempi va aggiunto anche quello della voce maremmana im-basci-ata[2] ‘carovana di muli e cavalli che
trasportano carbone o altro’, del laziale ammaššata[3]
‘gregge di pecore’ e del marsicano (a Castellafiume-Aq.) mmasciata ‘squadra di
muli e cavalli’, evidentemente in marcia per il trasporto di qualcosa. Ora, sia l’idea di “squadra, gruppo” sia
quella di “fila”, nel senso di animali che procedono l’uno dietro l’altro,
costituiscono un agglomerato, un aggregato, una compagnia, concetti che possono fare capo benissimo a quello di
‘colleganza, insieme, unione’ esprimibile dalla radice in questione. Ma esiste anche il marsicano (a Trasacco-Aq.)
‘m-basci-ata
che, oltre a significare ‘ambasciata, comunicazione ufficiale’ si riferiva un
tempo alla tradizione di sbarrare la
strada alla sposa che, appena uscita di casa, si dirigeva verso la chiesa per
celebrare il matrimonio. Le sue amiche
le ponevano davanti un lenzuolo, o più lenzuoli, che venivano tolti allorchè lo
sposo pagava il pedaggio con monetine e confetti lanciati in aria. Tale usanza veniva detta anche sbarrata, parata, catena. Sia nel caso in cui due o più amiche reggevano
un solo lenzuolo, dall’uno e dall’altro dei capi, sia quando più lenzuoli
venivano annodati tra loro sempre sorretti da due o più amiche, si realizzava
una sorta di collegamento, di impedimento, sbarramento , chiusura, catena,
parola che ben rende l’idea, espressa anche dalla su riportata radice BAS-, che nel dialetto lucano di
Galliccgio-Pt. ha prodotto il significato di ‘aggiogare’ e in calabrese quello
di ‘combaciare, socchiudere’.
L’it. ambascia, di etimo incerto, a me risulta invece
molto chiaro. L’ambascia significa originariamente ‘difficoltà di respiro, cioè
letteralmente un’angustia o angoscia, termini che rimandano etimologicamente
all’azione di ‘stringere’ espressa dal lat. ang-ere ’stringere, soffocare’. L’idea di “stringere” è molto simile a
quella di “serrare, legare” che abbiamo incontrata più sopra nella voce
dialettale di Gallicchio-Pt. che suona m-baš-à ‘aggiogare’.
Come ben si è visto, allora, la radice in questione dà origine a diverse
parole nelle varie lingue e dialetti, con significati spessissimo molto lontani
tra loro, tanto da indurre i ricercatori ad individuarne etimi particolari per
ciascuna di esse, ma non è così, perché il loro significato di fondo è sempre
lo stesso.
Infine siamo arrivati alla parola ambasciata ‘delegazione diplomatica
in un paese straniero e sua sede’ la quale, formalmente, è similissima o uguale
a quelle precedenti, solo che di primo acchito i suoi diversi significati,
sopra indicati, non sembrano illuminarci circa il suo etimo, in base a quello
che abbiamo detto per esse. Il parere della maggior parte dei linguisti, credo,
è che essa abbia a che fare con un termine di supposta origine gallica
latinizzato da Cesare in ambact-u(m) ‘servo’. Nel latino medievale ambactia e ambascia
significavano, appunto, ‘servizio’. Ora
questo valore mi sembra piuttosto generico e soprattutto non spiega il motivo
per cui la parola è passata a designare il particolare significato di
‘delegazione diplomatica’. A me salta
agli occhi la funzione sostanziale di un’ambasciata,
nonché dell’ambasciatore, che è
quella di tenere rapporti e contatti sia col governo della madrepatria che
rappresenta, sia col governo del paese ospitante. E’ una vera e propria
funzione di collegamento, e l’ambasciatore è il più alto ufficiale
diplomatico che rende possibile il collegamento. Anche il significato di ‘messaggio,
commissione’ che la parola spesso assume, è caratterizzato dalla presenza terza
di un intermediario cui è affidato
l’incarico dell’ambasciata. A Trasacco-Aq. la parola assume anche il valore di
‘ruffiano’[4], il
quale non è altro che un individuo, spesso losco, che favorisce l’incontro tra
due persone in un affaire amoroso. E’,
insomma, un mezzano. La parola cade,
allora, dalle stelle alle stalle. In questo caso i linguisti diranno che il
termine è dato da un uso metaforico e dispregiativo di ambasciatore, perché,
ancora una volta, sfugge loro il vero etimo che è alla base dei due significati
i quali, non derivano l’uno dall’altro, ma attingono al significato di fondo,
valido per ambedue. Del resto anche il
termine maremmano im-basci-ata ’carovana di muli e cavalli’, insieme a quello
marsicano (Castellafiume) di mmasci-ata ‘squadra, fila, di muli e cavalli’, dà l’idea dei membri della legazione inviata in un paese straniero. Nel Dizionario
etimologico-semantico della lingua italiana (DESLI)[5] si
sostiene che la parola deriverebbe da un supposto *im-bassiare ‘portare in basso’ riferito al pastore-messaggero che
scendeva a valle con i suoi animali per compiere servizi importanti.
Il lat. leg-at-ion-e(m) ‘legazione, ambasceria’ ha la stessa radice di lat. leg-e(m)
’legge’. Non voglio qui discuterne l’etimo che è abbastanza incerto, ma a
me pare che ci sia stato almeno un incrocio tra la radice di lat. lig-are ‘legare, e lat. lēg-are ‘delegare, affidare, mandare come
ambasciatore, luogotenente’. Questa mia
supposizione è in qualche modo confermata dal verbo lat. ob-lig-are che significa
‘legare, legare insieme, chiudere, obbligare, ecc.’ ma anche,
giuridicamente, ‘obbligare a termini di
legge’ come, sempre giuridicamente, il lat. ob-lig-at-ion-e(m) indica il ‘rapporto
tra creditore e debitore’ o anche l’ ‘ipoteca, cauzione’.
Mi pare che anche il benemerito e dottissimo Mario Alinei abbia tenuto
sì conto dei vari significati che la parola ambasciata[6] e
varianti assumono nei dialetti ma non abbia indicato quello che a me pare il
significato di fondo, cioè ‘legame, congiungimento’, il quale è direttamente
presente sotto i significati di ‘branco, gregge, mandria’, di ‘faccenda, servizio,
commissione’, e di ‘paraninfo, mezzano’, quelli più evidenziati da lui. Probabilmente l’ultimo significato relativo
all’usanza antica di Trasacco-Aq. di fermare la sposa con la suddetta catena di lenzuoli gli sarebbe stato difficile spiegare,
senza la basilare idea di “legame” di cui sopra, espressa dalla radice in
questione. Legame che sostiene con
molta naturalezza l’idea di “branco, armento”, in quanto complesso di animali in movimento o meno, l’idea di “commissione,
servizio” (che in fondo è un ‘mettere insieme’ come nell’it. commettere
’incastrare, combaciare, far combaciare, affidare, compiere, ecc.’) e quella di
paraninfo, ruffiano, il quale è chiamato,
appunto, anche mezzano. L’ambasciata
(originariamente ammasciata) nel significato
particolare di ‘servizio del norcino’ che contemplava l’uccisione del maiale e
la lavorazione delle sue carni, potrebbe essere anche il risultato di un
incrocio con l’it. ammazzare,
ammazzata.
Ribadisco,
in chiusura, che non si può continuare a dare etimi di una parola senza prima
aver analizzato il maggior numero possibile di voci simili, soprattutto
quelle comparenti nei dialetti. Riconfermo anche la dichiarazione fatta
altrove che se si conoscessero per bene i dialetti, non dico di tutte le
regioni d'Italia, ma almeno quelli della propria regione (cosa però in
pratica impossibile, data la mancanza di opere esaustive per ogni dialetto
o parlata) gran parte degli etimi, soprattutto quelli incerti e oscuri,
troverebbero la giusta soluzione.
[1] Cfr.
Cortelazzo-Marcato, I dialetti italiani,
UTET Torino 1998
[2] Cfr.
Alinei-Benozzo, Dizionario
etimologico-semantico della lingua italiana (DESLI), Ediz. Pendragon,
Bologna 2015.
[3] Cfr.
Alinei-Benozzo, cit.
[4] Cfr. Q.
Lucarelli, Biabbà A-E, Grafiche Di Censo, Avezzano-Aq,
2002.
[5] Cfr.
Alinei-Benozzo, cit. p. 47-48.
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