Queste voci sono riportate nel Vocabolario abruzzese di Domenico Bielli[1].
Ne elenco i significati. Tròcchë,
f. : tabèlla, battola, piletta dell’acqua santa, arnese di legno
entro cui, in un sacco, si pigia l’uva. Tròcche m.: Trogolo, pila. Tròcch-ëlë: trogolo, pila di pietra o di legno scavato dove mangiano i
maiali, vaso di pietra o di legno in cui si pigia l’uva, vasca della
fontana.
La
forma tròcchë ricorre, più o meno
uguale, anche in altre regioni come le Marche ad indicare in genere il trogolo,
strumento in genere di pietra che serviva a dar da mangiare agli animali,
solitamente maiali. La linguistca ufficiale rimanda il termine ad al
longobardo trog, vivo tuttora anche
nel ted. Trog ‘trogolo’ e nell’ingl.
trough ‘trogolo, abbeveratoio, ecc.’ dei quali ho parlato ampiamente nel
precedente articolo Acquedotto
eabbeveratoio. I linguisti derivano
questi vocaboli da una radice indoeuropea per ‘legno’, da cui anche l’ingl. tree
‘albero’ e il gr. dόry ‘tronco d’albero’, gr. drŷ-s ‘albero, quercia’. Ma io, come al solito, ho qualche dubbio in
materia, anche perché non è la materia di cui è costituito uno strumento a
generarne il nome.
In
greco esiste anche il termine trṓg-lē ‘buco (dei sorci), cavità,
caverna’, fatto però derivare dal verbo trṓg-ein ‘rodere, rosicchiare, mangiare’ e non preso così affatto in
considerazione per un suo accostamento a ted. Trog ‘trogolo’ e ingl trough
‘trogolo, abbeveratoio’. E questa loro
posizione sembra essere rafforzata dal fatto che un significato di gr. trṓg-lē, come abbiamo visto, è buco dei sorci i quali notoriamente
sono dei roditori. Ma non hanno
riflettuto che l’idea di “cavità, buco” ha una natura ben più ampia di quella
supposta di ‘erosione’: il cavo della
mano, la cavità dell’ascella e della
bocca, i buchi del naso e delle orecchie, ad esempio, non rientrano affatto
nell’idea di “erosione”, la quale, è vero, può generare qualche buco, anche se quest’ultimo normalmente
attinge, secondo me, a tutt’altra idea.
Pertanto il significato di buco
dei sorci è dovuto al semplice incrocio tra le due parole di origine
diversa ma di forma simile.
Un
altro motivo della esclusione di trṓg-lē ‘cavità’ dal gruppo suddetto sarà costituito dal fatto che,
secondo le regole della rotazione consonantica o Lautversciebung, nelle lingue germaniche, al posto della dentale
sorda iniziale /t/ si sarebbe dovuto
avere una spirante interdentale /th/. Ma basta conoscere l’ant.ingl. thruh ‘condotto, trogolo,
bara’, l’ant. norreno thrō ‘trogolo’ per rendersi conto che esistevano anche forme regolari
in spirante , con lo stesso significato di cavità
delle altre considerate irregolari. Io non ho mai creduto fermamente ad esse
che –azzardo un’ipotesi- potrebbero spiegarsi come il risultato del
diffondersi di un trattamento
particolare di quelle consonanti proprio di qualche dialetto limitato nello
spazio, diffusosi poi anche a tutti gli altri.
Inoltre ci sono anche altre cose da rilevare.
Il significato di ‘tabella, battola’, riportato dal Bielli per la voce
femminile tròcchë, indica appunto uno
strumento di legno che produce un rumore secco, usato un tempo in sostituzione
delle campane nella settimana santa. Esso aveva un manico girevole, con una
ruota dentata all’interno di una cassetta di protezione, la quale, toccando una
lamella, produceva il caratteristico suono. Mi sembra di sentirlo! Ora il gr. trokh-íli-on, trokh-il-ía (con diverse altre varianti)
valeva ‘rullo, carrucola, cilindro, argano, arcolaio’, insomma uno strumento
ruotante, per spostare pesi o per altro. La radice della parola è in effetti la
stessa di gr, trokh-όs ‘ruota,
cerchio, anello, pillola’ e di gr. trékh-ein ‘correre’, e in questo caso essa si riferiva alla ruota
dentata girevole dello strumento. E’ evidente che deve essere avvento
l’incrocio di questa radice con quella di ‘trogolo’ sopra riportata, che era
una sorta di cassa, come la cassetta della raganella. Ma non è tutto. Anche il
significato di ‘arnese di legno entro cui, in un sacco, si pigia l’uva’ presuppone l’incrocio del
termine per ‘trog-olo’ con gr. trýgē
‘vendemmia, raccolta’, gr. trýk-s, trýg-ṓs ‘feccia,
mosto’, assonante fortemente con esso. La
definizione secondo cui tròcchë sarebbe il recipiente dove
mangiano gli animali e soprattutto i maiali (la quale quindi limita tutte le
altre possibilità del nome il cui valore generico era quello di cavità) èuna
specializzazione indotta dal verbo trṓg-ein ‘rodere, mangiare’. E allora nessuno osi pensare che la mangiatoia trae la denominazione dal fatto che serve
anch’essa per far mangiare gli
animali. E il nome sembrerebbe indicare, poi, una funzione attiva che la
vorrebbe far passare come quella che mangia
<*mangia-toria (gli animali?) o, meglio, come strumento usato per mangiare (dial. magna-tόra). Mah,
trovatevelo voi il vero etimo, e state certi che il mangiare c’entra come i cavoli a merenda! «L’è tutto da rifare!» avrebbe detto il buon
Ginettone Bartali. Amen!
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