venerdì 22 maggio 2020

Il mito del centauro Folo.




     Per caso mi sono imbattuto , navigando in internet, nel mito del centauro Folo (gr. Phόlos) che conoscevo già ma su cui non avevo riflettuto linguisticamente, ed ho potuto constatare che, come avviene per tutti gli altri miti, esso si può considerare un prodotto di incroci di vocaboli avvenuti nel corso dei diversi millenni che ci sono voluti perché esso nascesse e si sviluppasse, con la complicità di  forme allotropiche dialettali, poi magari cadute dall’uso.

    Il centauro viveva in un grotta del monte Foloe (gr. Pholόē) in Arcadia, secondo qualcun altro sul monte Pelio in Tessaglia. Il nome del monte risalirà a mio parere ad un radice per altura, mentre il nome del centauro molto probabilmente deriverà dalla natura animale del centauro (essere mezzo uomo e mezzo cavallo) come fa supporre, in questo caso di Phόl-os, la parola greca simile pôl-os ‘puledro, cavallo’ (cfr. ingl. foal ‘puledro/a, ingl. filly ‘puledra’, lat. pull-um ‘piccolo animale, germoglio’, lingua rom filo ‘puledro’): il fonema iniziale di Phόl-os, cioè /ph-/ era in greco un’aspirata, come è ben messo in rilievo dalla grafia latina, e non una spirante /f/.  Qualcosa di simile avviene oggi in inglese nella pronuncia delle occlusive sorde in principio di sillaba, che dà vita ad un tratto ridondante subfonematico caratterizzato da un leggero soffio.  Il mito, dunque, ci attesta a mio parere una forma allotropica non più presente nel greco storico.  A meno che non si voglia pensare all’azione della etimologia popolare che facilita le cose.

   Phόl-os  viveva dunque in una grotta, e starei per dire che non poteva essere diversamente, data la presenza, in greco, del termine phōle-όs (anche se con l’omega in prima sede) ’buco, covo, tana, grotta, cavità’, dalla radice indoeuropea bhol- (cfr. ingl. bowl ‘ciotola, tazza, cavità, boccia’, parola che spiega divinamente anche il tratto del mito in cui il centauro Phόl-os solleva una coppa o cratere per lanciarlo contro i Lapiti (cfr. P. Stazio, Tebaide 2, 563); e spiega divinamente anche l’altro tratto del mito che vuole che Pholos, dopo la sua morte, fosse stato assunto in cielo, secondo qualche mitologo, a formare la costellazione Cratere, come ricompensa per la sua ospitalità e in ricordo della sua coppa o giara di vino.  Ma secondo altri mitologi egli sarebbe stato incluso, naturalmente, nella costellazione del Centauro.

    Se si fa attenzione al fatto che i cen-tauri (che nel nome avevano incluso il termine per toro oltre probabilmente a quello simile al cane) erano rappresentati più spesso come caproni (cfr. R. Graves, I Miti Greci, p. 439, n.3) che come cavalli e che il gr. phόly-s  indica un ‘tipo di cane’, non si può essere lontani dal vero se dietro questa radice mettiamo un significato più generico ancora, quello di ‘animale’,come fa intravedere anche il lat. pull-u(m) con la sua polisemia che va dal virgulto vegetale, a quello animale (di tutti gli animali). A mio parere questa radice ha, a monte, quella del gr. phý-ein ‘generare, nascere, germogliare, crescere, essere’. 
 
   Mi rendo conto che questa mia visione del fatto linguistico potrebbe essere un terremoto per i linguisti e distruggere quasi tutti i loro principi, ma ciononostante credo che essa, la mia visione, sia perlomeno degna di essere discussa senza pregiudizi.  
  

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