Per caso mi sono imbattuto , navigando in internet, nel mito del
centauro Folo (gr. Phόlos) che
conoscevo già ma su cui non avevo riflettuto linguisticamente, ed ho potuto
constatare che, come avviene per tutti gli altri miti, esso si può considerare
un prodotto di incroci di vocaboli avvenuti nel corso dei diversi millenni che
ci sono voluti perché esso nascesse e si sviluppasse, con la complicità di forme allotropiche dialettali, poi magari
cadute dall’uso.
Il centauro viveva in un grotta del monte Foloe (gr. Pholόē) in
Arcadia, secondo qualcun altro sul monte
Pelio in Tessaglia. Il nome del monte risalirà a mio parere ad un radice
per altura, mentre il nome del
centauro molto probabilmente deriverà dalla natura animale del centauro (essere mezzo uomo e mezzo
cavallo) come fa supporre, in questo caso di Phόl-os, la parola greca simile pôl-os ‘puledro, cavallo’ (cfr. ingl. foal ‘puledro/a, ingl. filly
‘puledra’, lat. pull-um ‘piccolo animale, germoglio’, lingua rom filo ‘puledro’): il
fonema iniziale di Phόl-os, cioè /ph-/ era in greco un’aspirata,
come è ben messo in rilievo dalla grafia latina, e non una spirante /f/. Qualcosa di simile avviene oggi in inglese
nella pronuncia delle occlusive sorde in principio di sillaba, che dà vita ad
un tratto ridondante subfonematico caratterizzato da un leggero soffio. Il mito, dunque, ci attesta a mio parere una
forma allotropica non più presente nel greco storico. A meno che non si voglia pensare all’azione
della etimologia popolare che facilita le cose.
Phόl-os
viveva dunque in una grotta, e starei per dire
che non poteva essere diversamente, data la presenza, in greco, del termine phōle-όs (anche se con l’omega in prima sede)
’buco, covo, tana, grotta, cavità’, dalla radice indoeuropea bhol- (cfr. ingl. bowl ‘ciotola, tazza,
cavità, boccia’, parola che spiega
divinamente anche il tratto del mito in cui il centauro Phόl-os solleva una coppa o cratere per lanciarlo contro i Lapiti
(cfr. P. Stazio, Tebaide 2, 563); e
spiega divinamente anche l’altro tratto del mito che vuole che Pholos, dopo la
sua morte, fosse stato assunto in cielo, secondo qualche mitologo, a formare la
costellazione Cratere, come ricompensa per la sua ospitalità e in ricordo
della sua coppa o giara di vino. Ma secondo altri mitologi egli sarebbe stato incluso,
naturalmente, nella costellazione del Centauro.
Se
si fa attenzione al fatto che i cen-tauri (che nel nome avevano incluso
il termine per toro oltre
probabilmente a quello simile al cane)
erano rappresentati più spesso come caproni
(cfr. R. Graves, I Miti Greci, p.
439, n.3) che come cavalli e che il gr. phόly-s indica un ‘tipo di cane’,
non si può essere lontani dal vero se dietro questa radice mettiamo un
significato più generico ancora, quello di ‘animale’,come fa intravedere anche
il lat. pull-u(m) con la sua
polisemia che va dal virgulto vegetale,
a quello animale (di tutti gli animali). A mio parere questa radice ha, a
monte, quella del gr. phý-ein ‘generare, nascere, germogliare, crescere, essere’.
Mi
rendo conto che questa mia visione del fatto linguistico potrebbe essere un
terremoto per i linguisti e distruggere quasi tutti i loro principi, ma ciononostante
credo che essa, la mia visione, sia perlomeno degna di essere discussa senza
pregiudizi.
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