sabato 2 maggio 2020

Il solstizio


                                  

    Il termine solstizio astronomicamente indica i due momenti dell’anno in cui il Sole raggiunge la massima declinazione dall’equatore celeste, determinando il giorno più lungo in un emisfero e contemporaneamente la notte più lunga nell’altro.  Ci sono due solstizi, uno estivo (pressappoco 21 giugno) e l’altro invernale (pressappoco 22 dicembre).  In latino la parola era sol-stiti-u(m) composta da sol- (lat. sol-em ‘sole’)  + stit-iu(m) ‘fermata’ < lat. st-are ‘fermare, fermarsi’.

   In italiano il termine solstizio, con l’aggett. solstiziale, si riferisce quindi ad un momento particolare dell’apparente orbita del sole intorno alla terra, e indica un solo momento, lo ribadisco, quello del  passaggio da una stagione ad un’altra, fra la primavera e l’estate e fra l’autunno e l’inverno.  Però si dà il caso che in latino la parola sol-stiti-u(m) indicava sia il solstizio astronomico, sia l’estate, la calura estiva. Come mai? Per estensione del suo significato astronomico si dirà, che però indicava solo l’arrivo dell’estate.  Ancora più sorprendente è il significato dell’aggettivo lat. sol-stiti-al-e(m) che, oltre al significato, diciamo così, astronomico aveva normalmente il senso di ‘solare, estivo’ e addirittura ‘di piena estate’. 

    Ora, questi fatti non si spiegano secondo me con il ricorso all’estensione dei significati ma con fenomeni linguistici più diretti. Il termine dovrebbe essere composto di due membri tautologici, e cioè sol- + -stiti-u(m) , che qui sarebbe variante di stat-, presente in it. stagione < lat. stat-ion-e(m) che in molti dialetti significa ‘estate’ e simili, come abbiamo visto negli articoli La stagione e La stagione (seguito) di qualche giorno fa, presenti nel mio blog (aprile 2020).

   Esistono in italiano e nei dialetti forme come stizzo e stizzone, ricondotte dai linguisti all’it. tizzone < lat. titi-on-e(m) ma che invece erano a mio avviso autonome, derivanti dalla suddetta radice. 

   Il lat. sol-stiti-u(m) , inizialmente ‘sole, estate’ o qualcosa di simile, si incontrò con una forma del verbo st-are ‘fermarsi’ e si specializzò ad indicare appunto il momento astronomico del solstizio, ma, insieme all’aggettivo sol-stiti-al-e(m), non potè cancellare, anche i precedenti significati di ‘calore, calura estiva’, benchè nella coscienza del parlante dovesse essere ben chiaro l’apparente etimo legato al verbo st-are ‘fermarsi’.  

    E' vano credere che la lingua sia un meccanismo creato in vista dei concetti da esprimere: lo spirito si insinua in una materia data e la vivifica. La maggior parte dei filosofi della lingua ignorano questa concezione, e tuttavia nulla è più importante dal punto di vista filosofico[1].
   




[1] Cfr. F. de Saussure, Corso di linguistica generale Editori Laterza1976. (traduzione e commento di

T. De Mauro):
    



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