sabato 23 maggio 2020

L’urogallo e l’aurora. Come la Lingua inganna i suoi utenti.



   

    Ho iniziato la ricerca linguistica sull’urogallo cercando la voce nel vocabolario italiano di Devoto-Oli, dove ho letto che si tratta di “nome volgare degli uccelli appartenenti al genere Tetraone”.

   Il detto vocabolario, però, dando l’etimologia di uro-gallo, rimanda espressamente, per il primo membro uro-, al gr. ourá ‘coda’ volendo così intendere che la diffusione del nome volgarmente si è avuta a partire dal nome scientifico della nota tassonomia del Linneo (metà del sec.XVIII) dove appare l’espressione latinizzata tetrao uro-gallus . L’urogallo in effetti, altrimenti noto come gallo cedrone, è diffuso in zone montuose o selvatiche dell’Europa e dell’Asia, e il maschio ha una vistosa coda arrotondata, spesso aperta a ventaglio.

   Ora, però, è noto che il Linneo latinizzava spesso termini già in uso in qualche parlata locale, e qui si deve trattare proprio di questo, nonostante l’ostacolo rappresentato dal nome dell’animale  che potrebbe soddisfare una definizione scientifica fatta a tavolino di un gallo con una coda vistosa .  E lo dimostro. 

    In tedesco ricorre il composto Auer-hahn ‘urogallo, gallo di montagna’: anche qui si è avuta la diffusione della parola scientifica linneana uro-gallus? Non credo, anche perché contemporaneamente, l’eventuale diffusore della parola scientifica, dovette fare pure la traduzione in tedesco del –gall-us latino, e cioè ted. Hahn ‘gallo’. Ma è mai possibile che in quella lingua non esistesse un termine tradizionale, che pure avrebbe dovuto esserci, relativo all’urogallo? E sì che esisteva! Era proprio Auer-hahn! La cosa è certissima in quanto esiste in Germania la famiglia nobiliare Auer-hahn[1] il cui nome risale al sec.XIII (molti secoli prima della classificazione del Linneo) e rimanda al medio alto tedesco ûr-han, or-han ‘urogallo’.  La Lingua ricorre a tutti gli stratagemmi pur di sviare le indagini su di lei! In tedesco si incontra anche auer-ochs ‘uro, bue selvatico’ che è l’ur-u(m) ‘uro’ di Cesare e altri+ il ted. ochs ‘bue’. Probabilmente la parola aveva nel fondo il significato di ‘animale’, in ciascuno dei suoi due membri tautologici.

   Ma il vortice degli inganni non finisce qui, perché è ben più profondo e vertiginoso.  Nel sanscrito si incontra il composto usa-kala ‘gallo’, letter. ‘che canta (-kala, la stessa radice di gr. kalé-ein ‘chiamare’, lat. cla-m-are ‘gridare, chiamare’)  all’alba (usa-), cfr. gr. éōs = alba, aurora’.  

    Il fatto è, però,  che usa-kala significava anche ‘alba’ perché molto probabilmente dietro il secondo membro –kala si nascondeva una radice tautologica originaria per ‘alba’, apparentata senz’altro con altra radice per ‘forza vitale, anima, animale’.  Anche il primo membro usa-, rispondente chiaramente al gr. éōs ‘alba’, doveva essere aperta a significati quali ‘forza vitale, anima, animale’,  sicchè l’intero composto poteva prestarsi, e si prestò, ad indicare un animale, l’uro-gallo (la coda non c’entra!), appunto con il primo membro che subì il fenomeno del rotacismo us-/ur-, verificatosi nel latino e in altre lingue, come in alcune di quelle germaniche.  L’italiano uro-gallo, allora, non è altro che il sanscrito usa-kala ‘gallo’ restituito alla sua natura profonda di animale (con o senza coda).

     Abbiamo d’altronde già visto[2] come l’abruzzese cal-ina ‘scintilla’ sia diventato caglin-ella ‘lucciola’ in quel di Pisoniano-Rm   trasformandosi, non per virtù di pratiche magiche come pensa l’Alinei ed altri, ma per il semplice motivo che la voce cal-ina è andata a costituire l’anima, non solo della lucciola ma  evidentemente anche della gall-ina.  Esiste in greco (non l’ho trovato nei vocabolari ma in una dispensa universitaria: sarà una glossa) il composto ēï-kan-όs ‘gallo’, inteso letter. come ‘che canta (-kan-os) all’alba (ēï-, da éōs ‘alba’)’.  L’elemento –kan-όs è, secondo me, il ted. Hahn ‘gallo’ ma non in quanto ‘cantore’ bensì in quanto ‘animale’, simile quindi al lat. can-e(m),fr. cane ‘anatra femmina’, fr. can-ard ‘anatra’. Ma  l’elemento –kan-όs poteva benissimo unirsi al precedente nel significato possibile, se pur non attestato, di ‘alba’: basta pensare all’aggett. lat. can-u(m) ‘bianco’.  La forma non rotacizzata del primo membro di usa-kala ‘gallo’ credo si ritrovi nel termine augurale latino os-cen, genitivo os-cin-is ‘uccello augurale’. Il secondo membro richiama l’ingl. hen ‘gallina’, variante del succitato Hahn ’gallo’.

   Come si è visto nel mio articolo citato anche il lat. galli-cini-u(m) poteva indicare il ‘canto del gallo’ ma anche l’ ‘alba’ e non per metafora.  La Lingua era, all’origine, una formazione aperta, anzi apertissima, sia per quanto riguarda il significante, sia per il significato: solo così poteva avere, per virtù naturale, quella incredibile e meravigliosa duttilità pronta a dar vita a questo o quel concetto.  La Lingua non è nata come un insieme di concetti particolari fin dall’origine, ma come fucina di ogni concetto possibile in ciascun tratto di sonorità.

Dimenticavo di dire che anche il lat. aur-or-a(m) ‘aurora’ proviene da una precedente forma *aus-os-a(m) con una radice raddoppiata aus-os, us-os (gr. éōs ‘aurora’).

 

    

 



[2] Cfr. il mio articolo Le sviste di personaggi i

 

    








[2] Cfr. il mio articolo Le sviste di personaggi importanti […] presente nel blog pietromaccallini.blogspot. com(10 dic. 2019.




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