In Italia il succiacapre è
chiamato anche nottola, nottolone e così fa pensare subito, relativamente a questi altri nomi, ad
una derivazione diretta dal lat. noctu-a(m) ‘nottola (grosso pipistrello), civetta’. Ma non è improbabile una derivazione da nomi preistorici simili al ted. Nacht-eule ‘gufo’ letter. ‘gufo notturno (Nacht-‘notte’)’. Denominazione di per sè pletorica (e quindi
sospetta) dato che -eule indica già
un uccello notturno, il gufo o la civetta.
Di conseguenza l’it. nott-ola, che sembra un diminutivo del
lat. noctu-a(m) ‘nottola, civetta’, deve invece
essere molto probabilmente considerato un composto costituito da due membri
tautologici.
La nozione di “notte” ritorna
ancora nell’ingl. night-in-gale
‘usignolo’ e nel ted. Nacht-i-gall ‘usignolo’ ma anche ted. Nacht-in-gall che tutti i linguisti, credo, interpretano come ‘cantore
della notte’ da un supposto verbo protogermanico *gal-on ‘gridare’ anche se, tra l’altro, l’usignolo canta anche di
giorno. A me pare, invece, che si tratti
del solito composto tautologico formato dal membro night, Nacht
che all’origine doveva avere lo stesso significato del secondo membro –gall che io accosto all’ingl. e ‘vento forte’ ma arcaicamente anche
‘leggera corrente d’aria, brezza’, che
qui avrebbe il significato di ‘soffio, anima, animale’. Parenti stretti dovrebbero essere il lat. gall-u(m) ‘gallo’ e ingl. gull
‘gabbiano’. Per un confronto con il
primo membro sono da annoverare anche l’ingl. night-hawk ‘succiacapre’ letter. ‘falco (hawk) notturno’; ted. Nacht-mϋcke ‘lucciola’ letter. ‘zanzara, mosca (mϋcke) notturna’(che definzione improbabile!); ted. Nacht-schwalbe ‘succiacapre ’letter. ‘rondine
di notte’; gr. nyct-erís ‘nottola’ ma anche ’tipo di pesce’, spiegato
naturalmente dai linguisti con la parola greca nýk-s, nƴkt-όs ‘notte’.
Che il concetto di notte (ingl. night,
ted. Nacht) c’entri come i cavoli a
merenda e che esso sia il risultato di incroci favoriti certamente anche dal
fatto che si tratta di uccelli e insetti notturni, è a mio avviso dimostrato
anche dalla presenza in inglese, ad esempio, di un termine come gnat-hawk ‘succiacapre’ (letter. ‘falco che
si nutre di moscerini’), il quale nella
pronuncia lascia cadere la velare –g- iniziale, come se si trattasse di
*nat-hawk, similissimo all’ant. alto ted. naht
‘notte’ che presenta la quasi completa caduta della velare aspirata -ch- di ted. Nacht ‘notte’, velare che nel norreno natt ‘notte’ si assimila
completamente alla dentale seguente.
Esisteva anche niht ‘notte’ nell’ant. inglese. La voce gnat in inglese vale ‘moscerino’
variante del ted. Gnitze ‘tigna’, regionale
Gnitte,
voce che si prestava a diventare niht ’notte’, night ‘notte’ nei
suddetti nomi di volatili o insetti
notturni, assumendo il significato tautologico
di ‘insetto, uccello’, ma anche incrociandosi a volte con qualche radice
corrispondente a quella, ad esempio, del verbo lat. nict-are ‘ammiccare, battere le palpebre’, alla cui base doveva esserci
il significato generico di ‘muover(si), tentennare, tremolare’, il quale poteva
trasformarsi anche in quello di ‘guizzare, palpitare, scintillare’ come succede
al lat. mic-are ‘tremolare,
palpitare, scintillare, sfolgorare’. In
Lucrezio, del resto, nict-are, detto della luce, valeva proprio ‘guizzare’. Così si può
meglio giustificare anche il citato ted. Nacht-mϋcke ’lucciola’, passato prima attraverso
il significato generico di ‘insetto, mosca, ecc.’ e poi specializzatosi in
quello di ‘lucciola’, letter. ‘mosca della luce’ intesa come ‘mosca della
notte’. Sempre la radice nict presenta in latino un’altra
natura, quella di ‘suono’, nel verbo nict-ire (Ennio) ‘mugolare, brontolare’. Da
notare anche l’ingl. night-flit ‘beccaccia’, uccello niente affatto notturno.
Non
mi stancherò mai di ripetere il grande principio saussuriano secondo cui è vano
credere che i nomi siano stati imposti
in vista dei concetti da esprimere: in altri termini ciò vuol dire che i
vari referenti non hanno ricevuto dall’uomo onomaturgo nomi particolari,
spccifici, fatti apposta per loro.
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