Che peccato che una parola come l’aiellese ammízzë ’agnello’ debba
essere condannata sicuramente all’estinzione!
Infatti la conoscono solo le persone anziane e, dato che la pastorizia
ha fatto la fine che sappiamo (ad Aielli c’è solo un semipastore con una trentina di pecore e capre, dedito
anche all’agricoltura) . Una parola
legata anima e corpo alla pastorizia, non potrà sopravvivere una volta mutate
radicalmente le condizioni economico-sociali che la tenevano in vita.
Io finora non ho avuto modo di incontrarla nei dialetti della Marsica e
d’Abruzzo: si tratterà di un unicum?
Forse sì e forse no, e mi piacerebbe pertanto sapere se qualcuno la
conosce.
Si
tratta del puro greco bucolico amn-ís, idos ‘agnella’ (che forse si usava anche per il maschile),
ampliamento del gr. amn-όs ‘agnello’ la
cui radice comunque è messa in relazione con quella dello stesso lat. agn-u(m) ‘agnello’. L’aiellese ammízzë sembra essere proprio il nominativo amn-ís incrociato col dialettale ammízzë
‘avvezzo, abituato’, partic. pass. del verbo ammëzzà ‘avvezzare, abituare’ derivato dalla prepos.
lat. ad
‘a, presso’ più lat. viti-um ’vizio’ da cui it. vezzo’abitudine’.
In dialetto ha dato la forma ammezzà sulla scia di termini come
lat. invit-are diventato ‘mmëtà ’invitare’. Ma non è
escluso che la forma dialettale derivi direttamente dal tema dell’accusativo amn-íd-a ’agnella’. Le parole greche nel mio dialetto sono
moltissime e non possono tutte risalire agli influssi del greco parlato in
città della Magna Grecia trattandosi spesso di parole non commerciali,
economiche, artistiche, ecc. come ho spiegato in altro articolo. Esse quindi
dovevano esistere da noi già da molto tempo prima. La forma amn-ís o amn-íd-a ‘agnello’ dovette rimanere intatta fino a quando non si incrociò nel
basso latino o nell’alto Medioevo con l’ amm-ìzze di cui sopra.
Lo svolgimento normale del termine amn-id-a avrebbe dovuto dare prima un *ann-id-a (con la normale assimilazione della /m/ alla /n/
successiva) e quindi un *ann- id-ja>*ann-izza>*ann-izzë per influsso del verbo del basso
latino *ad-viti-are ’avvezzare’ di cui si è detto.
Nel dialetto napoletano la carne annecchia è la carne di vitello. Il
termine è fatto derivare dall’aggett. lat. anni-cul-u(m) ‘di un anno’ riferito al sottinteso bov-e(m) ’bue’. Io invece penso
che anche qui si doveva avere un originario *amni-cul-u(m) ‘agnello’, femm. *amni-cul-a(m)
‘agnella’> annécchia. Ma poteva derivare anche dal lat. agni-cul-a(m) 'agnellina' Il cambio di
significato da agnello a vitello si deve spiegare col fatto che spesso i nomi
di cuccioli sono uguali per più animali, come lat. vit-ul-u(m) ’vitello’ che poteva indicare anche il ‘cucciolo’ di
cavallo, di elefante, di balena, ecc.
Per quello che posso non permetterò che questa
chicca di nome dialettale finisca per sempre nel dimenticatoio. Pubblico pertanto questo articoletto sul mio blog
(pietromaccallini.blogspot.com), anche se probabilmente ne ho già parlato in
altro articolo.
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