lunedì 14 ottobre 2019

L’aiellese-abruzzese-meridionale sëllùzzë.


L’aiellese-abruzzese-meridionale  sëllùzzë.

Credo che ancora oggi più o meno tutti i miei compaesani, compresi quelli più giovani, capiscano il significato della parola aiellese-abruzzese sëllùzzë che equivale all’it. singhiozzo < lat. singult-u(m), ma che si usa (forse mi illudo che si usi ancora) solo per indicare quel fenomeno fastidioso , in genere di breve durata, dovuto alla contrazione del diaframma e alla chiusura brusca della glottide (la valvola che separa l’apparato respiratorio da quello digerente) e che si manifesta in un “hic” ripetuto più volte.   I singhiozzi del pianto non mi sembrano essere contemplati  nel suo significato.
    Oggi sono molti i ragazzi che studiano l’inglese cui potrebbe suscitare almeno curiosità la notizia  che la radice di sëllùzzë  si ritrova in un noto verbo irregolare  ingl. sing (pass. sang, p. pass. sung) ‘cantare’. Oddio! Il singhiozzo non è proprio un canto, piacevole o stonato che sia, ma ormai sappiamo  che la Lingua all’origine non faceva distinzione tra suoni belli e brutti, acuti e bassi, indicando solo il concetto generico di “suono, rumore”. G. Devoto sostiene questa stessa derivazione del termine singulto[1] supponendo anche un presunto verbo lat. *singul-ere ‘cantare’.
   Per arrivare alla forma dialettale sëllùzzë bisogna partire dunque da lat. singult-u(m) e passare attraverso la metatesi *singlut-u(m). La metatesi è appunto una inversione di lettere (qui ul > lu), normale nel parlato, di due suoni contigui o comunque successivi. Qui essa forse è avvenuta per influsso di lat. glutt-ire  ‘inghiottire’. A questo punto in italiano la palatalizzazione (molto frequente anche nei nostri dialetti) della consonante –l-, cioè la sua trasformazione in una sorta di –ji- ha dato come esito la parola singhi-ozzo,  anche  con la trasformazione della –t- in una affricata raddoppiata –zz-, sulla scia di termini latini come station-e(m) ‘stazione’, lat. action-e(m) ‘azione’.  Quindi bisogna presupporre un latino parlato *singlut(i)um  con una –i- (anche una –e-) tra la –t- e la –u- prima del passaggio a singhiozzo.   La citazione della parola lat. action-em mi offre l’occasione di accennare al fatto che tra la forma scritta italiana e la sua pronuncia c’è una notevole differenza, anche se noi tendiamo a non accorgercene.  In effetti la parola la scriviamo con una sola –z- ma la pronunciamo, giustamente (perché in latino si avevano le due consonanti –ct- che hanno prodotto nella pronuncia italiana un rafforzamento della –z-), come se si fosse passati da una forma *aczione al semplice azione
   Il fatto è che la grammatica italiana, non ricordo in quale epoca, ha stabilito che le parole terminanti in –zione   si scrivono con una sola –z-, qualunque sia la sua  pronuncia, semplice, come ad esempio in situazione  (lat. situation-em) o doppia, come ad esempio in concezione, perché proveniente da un lat. conception-e(m)), dove la t- è preceduta da una –p-. Ma in it. stazione, e in altre parole, si ha la pronuncia doppia, anche se il lat. station-e(m) presenta una –t- non preceduta da consonante. In questi casi, evidentemente, si fa sentire l’analogia con le parole che si pronunciano a ragione con la –z- doppia.
  Tornando alla forma parlata metatetica *singlu-tu(m) si può supporre che la consonante velare –g-, come succede abbastanza spesso, sia caduta lasciando un *sinlut-u(m)  subito assimilato in * sillut-u(m) > sëlluzzë.  Nel dialetto lucano di Gallicchio-Pt. si ha la forma gliùzz-ëchë[2]  con la palatalizzazione della doppia –ll-  e l’aggiunta del suffisso –ëchë.    
In italiano si incontra anche il termine letterario singulto preso direttamente dal latino classico singult-u(m), di cui sopra, che ha anche il significato di ‘verso di animale (vagamente simile ad un singulto?)’  come nei versi famosi dei Sepolcri  dell’immortale  Foscolo:  E uscir del teschio, ove fuggìa la Luna,/ l’ùpupa, e svolazzar su per le croci/sparse per la funerea campagna,/e l’immoda accusar col luttuoso/singulto i rai di che son pie le stelle/alle obblîate sepolture.





[1] Cfr. G. Devoto, Dizionario Etimologico, F.Le Monnier, Firenze, 1968.


     





[1] Cfr. G. Devoto, Dizionario Etimologico, F.Le Monnier, Firenze, 1968.


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