lunedì 4 novembre 2019

La morte



(Ti assicuro, gentile lettore, che vale la pena sorbirti il mio discorso sulla Morte, per la presenza in esso dell'etimologia eclatante di lat. spirit-u(m) 'spirito, soffio, ecc.) 

    Gli animali non si chiedono perché muoiono. Muoiono e basta. Sembra che essi per questo siano molto inferiori a noi che, al contrario, siamo capaci di creare persino delle filosofie o escogitare  delle credenze a partire da essa. Chi muore, nostra madre, nostro padre, nostro fratello sembra che non possa scomparire nel nulla, pur tornando col suo corpo  ad alimentare il gran ciclo dell’esistenza materiale: nascita, vita, morte, ritorno alla materia. Quando pronunciamo questo termine gli attribuiamo, quasi senza accorgercene, uno status molto meno importante di quello che attribuiamo allo Spirito, che nel linguaggio costituisce il polo opposto. Ed è un fatto che con lo Spirito e il Linguaggio (suo prodotto) noi uomini siamo riusciti perlomeno a scalfire il bozzolo del Mistero totale che ci circonda, anche solo al livello della materia, che è l’unica che abbiamo imparato a scandagliare e conoscere con qualche sicurezza (la Scienza).  Grande allora è l’opera dello Spirito in noi, ma è anche un fatto –cosa di cui non tutti ci rendiamo conto – che il nostro Linguaggio crea fantasmi nella nostra mente, a cui siamo portati a credere, proprio perché prodotti dal nostro Spirito, non solo quando scherziamo o fantastichiamo, ma quando con tutta la serietà possibile, cerchiamo di capire la Realtà, la quale cominciò allora ad apparire non unica e costituita da cose “concrete”, ma soprattutto da idee che non hanno nessun riscontro obbiettivo nella realtà materiale.
  
   Ecco nascere quel dualismo filosofico tra Mondo ed Oltremondo, tra Fisica e Metafisica che si stenta a superare. Creature, quelle al di là del mondo, cui obbiettivamente non dovremmo dare nemmeno un briciolo di credito, essendo la nostra conoscenza scientifica (che è l’unica degna di fiducia e che ha bisogno di un continuo contatto con le cose del mondo) completamente inadeguata, non dico a capire in qualche modo le ‘cose’ della Metafisica, ma nemmeno a darcene un cenno attendibile: le nostre parole, in questo campo, sono solo flatus vocis, fiato che esce dalle nostre bocche da un sacco di millenni, e che ha attribuito la natura divina, e quindi un’anima (intesa prima come “soffio vitale” naturale, e poi come vera e propria entità metafisica),  a tutte le cose del mondo, spingendoci a confermare l’esistenza prima degli dei e poi del Dio unico, nostre creazioni. Non credo che il monoteismo sia stato originario, come pensano alcuni.  

   Questa dimensione divina ha finito col farci  immaginare un rapporto dicotomico, e non realistico, tra  le cose del mondo (ritenute imperfette, manchevoli, materiali, destinate a perire e scomparire) e le cose divine (ritenute perfette, autosufficienti, spirituali, eterne). L’uomo delle origini, molto  più vicino alla Natura e agli animali da cui proveniva, vedeva la spiritualità come inerente alle cose stesse, non perché create da un Dio alla cui nozione non era ancora arrivato, ma perché esse erano espressione di  una vitalità racchiusa dentro di esse, anzi coincidente con esse. 

  Io mi sono interessato in passato di toponomastica (lo studio più difficile di tutti e mai completamente certo) per molto tempo, e così capii quasi subito, dopo aver macinato centinaia di nomi, dinanzi ad un idronimo come Fonte Spirito o dello Spirito (nel comune di Arsoli o di Roviano, in prov. di Roma. Non ricordo bene), e tanti altri simili,  che quel nome derivava alla fonte non da qualche favola, racconto o accidente qualsiasi con cui essa era stata connessa, ma solo perché lo Spirito (in latino: ‘soffio’, come lat. anima ‘soffio vitale, respiro’) non era altro che la stessa cosa di fonte, cioè una “realtà viva e pulsante”: l’etimo di lat. font-e(m) è incerto ma sono convinto che esso significasse, nel fondo, ‘soffio, vita, vento, scaturigine, fonte ecc.’ appunto, nella fase cosiddetta “animistica” dell’umanità, e che lo Spirito di queste fonti avesse proprio il significato di ‘fonte’, visto che uno dei valori di lat. spir-are ‘soffiare’ è anche ‘sgorgare, scaturire’ (Lucrezio).  Pertanto gli ingl. spirt, sprit, spurt ‘zampillare, sgorgare’ sono da assimilare, a mio avviso, al lat. spirit-u(m) ‘spirito, soffio’, unitamente all’it. spruzz-are, sprizz-are che i linguisti considerano, ahimè, tutti onomatopeici, compreso il lat.  spir-are ‘spirare, soffiare’. Ma come fanno!

                           

  Tutto quello che l’uomo, con il linguaggio ha creato successivamente riguardo alle entità metafisiche, è da considerare pura invenzione senza riscontro nella realtà, se non proprio come falsità tout court.  Il Mistero della Materia resta  grandissimo e può includere anche il concetto di Dio, non c’è bisogno che ad esso venga aggiunto, lontano e irraggiungibile, un altro Mistero, quello di Dio, tanto per il gusto di complicare le cose, credendo invece di risolverle. Il principio metodologico filosofico-scientifico chiamato rasoio di Occam ci ammonisce a non preferire ipotesi complesse nella soluzione di problemi, ma di affidarci alle ipotesi semplici e concrete che sono quelle più probabili. Bisogna quindi gettare al mare quelle soluzioni, magari avvincenti, ma prive di semplicità e linearità. La Materia e la Metafisica sono già di troppo per spiegare la realtà, visto che la seconda è una mera ipotesi ben al di là delle nostre capacità conoscitive.

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