(Ti assicuro, gentile lettore, che vale la pena sorbirti il mio discorso sulla Morte, per la presenza in esso dell'etimologia eclatante di lat. spirit-u(m) 'spirito, soffio, ecc.)
Gli animali non si chiedono perché
muoiono. Muoiono e basta. Sembra che essi per questo siano molto inferiori a
noi che, al contrario, siamo capaci di creare persino delle filosofie o
escogitare delle credenze a partire da
essa. Chi muore, nostra madre, nostro padre, nostro fratello sembra che non
possa scomparire nel nulla, pur tornando col suo corpo ad alimentare il gran ciclo dell’esistenza
materiale: nascita, vita, morte, ritorno alla materia. Quando
pronunciamo questo termine gli attribuiamo, quasi senza accorgercene, uno
status molto meno importante di quello che attribuiamo allo Spirito, che nel
linguaggio costituisce il polo opposto. Ed è un fatto che con lo Spirito e il
Linguaggio (suo prodotto) noi uomini siamo riusciti perlomeno a scalfire il
bozzolo del Mistero totale che ci circonda, anche solo al livello della
materia, che è l’unica che abbiamo imparato a scandagliare e conoscere con
qualche sicurezza (la Scienza). Grande
allora è l’opera dello Spirito in noi, ma è anche un fatto –cosa di cui non
tutti ci rendiamo conto – che il nostro Linguaggio crea fantasmi nella nostra
mente, a cui siamo portati a credere, proprio perché prodotti dal nostro
Spirito, non solo quando scherziamo o fantastichiamo, ma quando con tutta la
serietà possibile, cerchiamo di capire la Realtà, la quale cominciò allora ad
apparire non unica e costituita da cose “concrete”, ma soprattutto da idee che
non hanno nessun riscontro obbiettivo nella realtà materiale.
Ecco nascere quel dualismo filosofico tra
Mondo ed Oltremondo, tra Fisica e Metafisica che si stenta a superare.
Creature, quelle al di là del mondo, cui obbiettivamente non dovremmo dare
nemmeno un briciolo di credito, essendo la nostra conoscenza scientifica (che è
l’unica degna di fiducia e che ha bisogno di un continuo contatto con le cose
del mondo) completamente inadeguata, non dico a capire in qualche modo le
‘cose’ della Metafisica, ma nemmeno a darcene un cenno attendibile: le nostre
parole, in questo campo, sono solo flatus
vocis, fiato che esce dalle nostre bocche da un sacco di millenni, e che ha
attribuito la natura divina, e quindi un’anima (intesa prima come “soffio
vitale” naturale, e poi come vera e propria entità metafisica), a tutte le cose del mondo, spingendoci a
confermare l’esistenza prima degli dei e poi del Dio unico, nostre creazioni.
Non credo che il monoteismo sia stato originario, come pensano alcuni.
Questa dimensione divina ha finito col farci immaginare un rapporto dicotomico, e non
realistico, tra le cose del mondo (ritenute
imperfette, manchevoli, materiali, destinate a perire e scomparire) e le cose divine
(ritenute perfette, autosufficienti, spirituali, eterne). L’uomo delle origini,
molto più vicino alla Natura e agli
animali da cui proveniva, vedeva la spiritualità come inerente alle cose
stesse, non perché create da un Dio alla cui nozione non era ancora arrivato,
ma perché esse erano espressione di una
vitalità racchiusa dentro di esse, anzi coincidente con esse.
Io mi sono interessato in passato di
toponomastica (lo studio più difficile di tutti e mai completamente certo) per molto
tempo, e così capii quasi subito, dopo aver macinato centinaia di nomi, dinanzi
ad un idronimo come Fonte Spirito o dello Spirito (nel comune di Arsoli o di Roviano, in prov. di Roma. Non ricordo bene),
e tanti altri simili, che quel nome derivava
alla fonte non da qualche favola, racconto o accidente qualsiasi con cui essa era
stata connessa, ma solo perché lo Spirito (in latino: ‘soffio’, come
lat. anima
‘soffio vitale, respiro’) non era altro che la stessa cosa di fonte, cioè una “realtà viva e pulsante”:
l’etimo di lat. font-e(m) è incerto
ma sono convinto che esso significasse, nel fondo, ‘soffio, vita, vento,
scaturigine, fonte ecc.’ appunto, nella fase cosiddetta “animistica”
dell’umanità, e che lo Spirito di queste fonti avesse proprio
il significato di ‘fonte’, visto che uno dei valori di lat. spir-are ‘soffiare’ è anche ‘sgorgare,
scaturire’ (Lucrezio). Pertanto gli
ingl. spirt, sprit, spurt ‘zampillare,
sgorgare’ sono da assimilare, a mio avviso, al lat. spirit-u(m) ‘spirito, soffio’, unitamente
all’it. spruzz-are, sprizz-are che i linguisti considerano, ahimè, tutti onomatopeici, compreso
il lat. spir-are ‘spirare, soffiare’. Ma come fanno!
Tutto quello che l’uomo, con il linguaggio ha creato successivamente
riguardo alle entità metafisiche, è da considerare pura invenzione senza
riscontro nella realtà, se non proprio come falsità tout court. Il Mistero della Materia resta grandissimo e può includere anche il concetto
di Dio, non c’è bisogno che ad esso venga aggiunto, lontano e irraggiungibile,
un altro Mistero, quello di Dio, tanto per il gusto di complicare le cose,
credendo invece di risolverle. Il principio metodologico filosofico-scientifico
chiamato rasoio di Occam ci ammonisce a non preferire ipotesi complesse nella
soluzione di problemi, ma di affidarci alle ipotesi semplici e concrete che
sono quelle più probabili. Bisogna quindi gettare al mare quelle soluzioni,
magari avvincenti, ma prive di semplicità e linearità. La Materia e la
Metafisica sono già di troppo per spiegare la realtà, visto che la seconda è
una mera ipotesi ben al di là delle nostre capacità conoscitive.
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