Spessissimo vi ho fatto riferimento nei miei, ormai moltissimi,
articoli. La sua presenza, nei termini
composti, può essere rilevata soprattutto dalle spiegazioni che solitamente ne
danno i linguisti, spiegazioni più o meno cerebrali, che nulla hanno a che fare
con la naturalezza con cui opera la
Lingua. Prendiamo, ad esempio, il
composto dialettale abruzzese (Aielli, Avezzano, ecc.) capë-crocë ‘crocicchio’, italianizzato in capo-croce,
luogo in cui si incrociano più strade,
incrocio: il significato della parola
è preciso, chiaro, senza incertezze e non avrebbe bisogno di complicazioni
esplicative; sennonchè la presenza di quel capo-,
che sembra un corpo estraneo rispetto al significato del composto, reclama una
sua spiegazione. Allora il linguista, che è lì proprio per questo, si sente
obbligato a chiarirlo in qualche modo. E
trova la soluzione in uno dei significati
figurati di capo, cioè ‘inizio, principio, testa’: il composto capo-croce indicherebbe esattamente il punto in cui si
verifica l’incontro delle vie
coinvolte, cioè il punto generatore dell’incrocio, in un certo senso, il punto
a partire dal quale iniziano (o finiscono) le strade che lo formano. Ma la definizione, a mio avviso, sa fortemente di cavillosità,
nonostante la sua volontà e apparenza di chiarezza. Le voci croce,
incrocio così evidenti di per sé, non
dovrebbero richiedere certe complicazioni esplicative! Su questa strada sarebbe stato meglio
addirittura intendere capo- come ‘importante, notevole, di primo piano’ e capo-croce come usato inizialmente solo per gli incroci di molte vie e poi esteso magari anche ai semplici
incroci di due vie! Ma saremmo sempre
rimasti impigliati in una certa zona ingrommata di cerebralità.
La soluzione naturale e diretta del problema consiste, a mio parere, nel
considerare la prima componente del composto capo-croce, cioè capo-, come una voce tautologica rispetto
all’altra, e questo non è solo un pio desiderio frutto della mia teoria
linguistica, ma un fatto concreto verificabile con la lettura del mio articolo La presunta stupidità delle capre di
qualche settimana fa, e presente nel mio blog.
In esso si scoprirà che la radice cap- di alcune parole ha il
significato profondo di ‘incastro, connessione’: e un incrocio non è forse spiegabile, per eccellenza, proprio come il punto di connessione di più strade?
Anche l’it. croce-via (femminile, ma usato al maschile, almeno dalle nostre parti) che
può sembrare di facile e naturale spiegazione, in fondo non lo è, fosse solo
per il fatto che il composto sembra introdurre un concetto collaterale, quello
di via
che la fa da padrone, rispetto
al concetto che effettivamente indica, cioè l’incrocio (delle vie) e non
le
vie , incrocio che
sembrerebbe, nella struttura del composto, essere non il determinato ma il
determinante di via come nei composti germanici. A meno che non si voglia
sciogliere il tutto in croce
(incrocio) di vie, scelta ancora più cerebrale, a mio parere, perché la
Lingua, fra poco lo sapranno anche le pietre, non mette quasi mai i nomi alle
cose creando su due piedi un vocabolo specifico riservato alla cosa da
nominare, ma sfrutta quasi sempre parole già esistenti con un valore generico
che, per l’occasione si specializza, facendoci surrettiziamente credere che
esso sia nuovo di zecca, calzante alla perfezione alla sola cosa nominata.
Il fatto è che anche in questo caso di croce-via abbiamo un composto tautologico, in
cui il secondo elemento via < lat. vi-a(m) < lat. arc. veha < indoeur. *weghya, che è alla base anche di ted. Weg ‘via’ ed ingl. way ‘via’,
deve essersi per forza incrociato, ab
antiquo, con termini come ingl. wedge ‘cuneo, zeppa, bietta’ e ted. weck
‘cuneo, bietta’, i quali avevano con sé i significati profondi di
‘connessione, collegamento (magari attraverso penetrazione)’. Il termine bietta, considerato di etimo incerto ma
che per me viene da un precedente *bi(gh)-etta
deve avere a che fare con l’it. bica ‘mucchio di covoni, mucchio’ di
origine germanica[1].
L’idea di “mucchio” è strettamente imparentata con quella di “collegamento,
ammassamento, connessione”. Per gli
stretti, incredibili e straordinari rapporti di questo termine con il lat. big-a(m) ‘biga’ e con altri si legga
l’articolo del 21/3/ 2015, presente nel mio blog e intitolato La Chitarra dei maccheroni, strumento
caratteristico della cucina abruzzese[…]. Non fatemi ripetere sempre
le stesse cose!
Un altro composto maltrattato dai linguisti è l’it. cap-arra. Si suppone che il composto possa aver significato
‘principio, inizio della caparra’ dal solito it. capo ‘inizio, principio’ seguito dall’italiano letterario e tecnico arra< lat. arr-a(m) o arrh-a(m) ‘caparra’ di origine semitica,
pare. Oppure c’è qualcuno che ipotizza
che il composto italiano possa riecheggiare l’espressione lat. cape
arram ‘prendi la caparra’, ma vattelappesca in quale contesto e per
quale motivo! Siamo alle solite: si
azzardano spiegazioni sempre piuttosto strane e cerebrali. D’altronde non potrebbe essere diversamente
se si passa incautamente sopra al ricorrente
fenomeno tautologico, perfettamente ignorato. Abbiamo già osservato, per il vocabolo capo-croce, che la prima componente capo-
ha il valore di ‘intersezione, connessione’ come la seconda componente –croce. Come al solito, basta riflettere
con occhi chiari e mente serena sui significati profondi delle parole per
accorgersi che, in questo caso, il primo elemento di cap-arra non può sfuggire al
significato di ‘connessione, legame, pegno, stretto rapporto tra chi vende e
chi compera’, dato che quest’ultimo, l’acquirente, si è
legato mani e piedi al venditore mediante la caparra, e se anche volesse successivamente tirarsi indietro per
qualche valido motivo, non lo potrebbe più, perché, se lo facesse, perderebbe
il valore della caparra, la quale naturalmente non era insignificante, ma
adeguata al valore pattuito dell’oggetto o dell’animale messo in vendita. Il secondo elemento –arra, di origine semitica, non saprei come spiegarlo etimologicamente
, ma di certo doveva essere lo specchio del primo.
Sinceramente mi auguro che il virus benefico della mia linguistica coinvolga il maggior numero possibile di persone, in specie del settore, per la forza evidente della sua realtà e per un futuro migliore di questa importante branca della conoscenza umana, che ha a che fare con la parte peculiare dell'essere uomo: il nostro cervello o, se si vuole, la nostra anima.
Nessun commento:
Posta un commento