E’ abbastanza facile che le
espressioni che si usano normalmente nella lingua di tutti i giorni, essendo
spesso antichissime, nascondano un significato poco o molto diverso da quello
usuale eppure nessuno si sogna di andarlo a scovare: si può dire, insomma, che
talora usiamo locuzioni di lingue del lontano passato senza averne la pur
minima contezza.
Una di queste locuzioni è, appunto, mura ciclopiche il cui significato
di superficie è ‘mura costituite da massi poligonali piuttosto grandi, tanto
che sembrano essere stati messi in opera dai famosi giganti mitologici dotati
di un solo occhio al centro della fronte, come le mura di Argo,Tirinto e Micene
nel Peloponneso, attribuite talora anche ai Pelasgi preellenici. In realtà sappiamo benissimo che gli antichi
conoscevano bene i sistemi e le tecniche per poter spostare e collocare al loro
posto grandi macigni. Se ad Atene
esisteva una muraglia chiamata muro pelasgico è quasi sicuro, a mio avviso, che l’aggettivo non si riferisse al supposto
popolo preellenico che l’avrebbe costruita, ma alla muraglia stessa, di cui doveva essere un antico nome, poi caduto
dall’uso. Da noi ad Aielli-Aq la voce muràjja ’muraglia’ viene riferita solo ad un muro a secco, tipico delle mura ciclopiche.
Anche per questa parola ciclope si
verificò quello che succede più o meno a tutte le parole che circolano da molti millenni: l’incrocio con altri termini simili. La cosa, relativamente a ciclope, si può di primo acchito sospettare anche solo riflettendo
sul racconto omerico a tutti noto dell’incontro del ciclope Polifemo con Ulisse
e i suoi compagni. Il ciclope era solito
chiudere l’ingresso della grande grotta in cui abitava con un enorme macigno; enormi macigni confitti nel terreno costituivano il recinto dinanzi ad essa, e quando Ulisse e
i suoi compagni, dopo averlo accecato, risalirono precipitosamente sulla loro
nave per sfuggire alla sua ira, il mostro imbestialito lanciò verso il mare massi enormi come cocuzzoli di montagna
che, per fortuna, mancarono il bersaglio. Le Isole dei Ciclopi, faraglioni
dinanzi ad Aci Trezza nella provincia di Catania in Sicilia, non traggono naturalmente il nome dall’episodio raccontato da Omero ma quasi sicuramente si
trovavano lì, con quel nome, già in tempi precedenti a quelli del racconto,
sebbene mitici[1],e,
anzi, dovettero contribuire certamente alla nascita o sviluppo della narrazione
omerica.
Nel monte Cimo (Val d’Adige) si trova una strapiombante parete nota come Scoglio dei Ciclopi: molti penseranno
che il nome sia dovuto alla reminiscenza degli Scogli dei Ciclopi siciliani di Aci Trezza, ma a riportarci con i
piedi per terra sono umili voci dialettali abruzzesi come chichil-ònë (Lanciano-Ch.) ’pietra grande, grandine’ o come cìcëlë ’ciottolo, endice’[2].
Questi ultimi due significati, in particolare, sembrano sottolineare la
‘rotondità’ del sasso arrotondato
(ciottolo) e dell’uovo, vero o finto, che si metteva nel nido dove le galline
deponevano le uova. Allora è molto
appropriato supporre che i due termini dialettali non sono altro che l’esito del
gr. kýkl-os ’circolo, ruota, ecc.’ attraverso l’inserimento
di una vocale anaptittica tra le lettera
–k- e –l- che ha generato, appunto, chichil-òne e cìcëlë,
quest’ultimo con la palatalizzazione della velare sorda –k-. L’it. bicicletta, infatti, nel dialetto di
Aielli-Aq, ad esempio, si trasforma in bëcëchëllétta.
Ora bisogna osservare, però, che il
concetto di “rotondità” includeva, all’origine, anche quelli di “curva, piega,
piegatura” nonché di “massa, masso, macigno”. Sia detto en passant, anche il macigno
è un prodotto della ‘macina’, pietra cilindrica o comunque circolare dei
mulini.
I
mostruosi e giganteschi ciclopi
probabilmente erano stati originati proprio dai significati di
‘scogli, grandi rupi(minacciose)’ e successivamente si erano arricchiti di
altri significati come quello di ‘occhio (-ṓps)
rotondo (kýkl-)’. Del resto il gr. kýkl-ōps, come aggettivo (v. vocab. del Rocci), vale solo ‘rotondo,
circolare’(altra spia della ripetizione tautologica). E non si è prestata
attenzione al fatto che in greco anche il solo kýkl-os ’cerchio’ significava ‘bulbo dell’occhio, occhio’ e che quindi
il termine kýkl-ōps ripeteva
tautologicamente, nei due membri, lo stesso significato di ‘occhio’ o di
‘pietra, scoglio’.
Bisogna
conoscerli questi fenomeni essenziali della Lingua per riuscire a sfuggire alle
interpretazioni tradizionali di questi racconti, interpretazioni che altrimenti
restano quasi obbligate, come è successo da migliaia di anni a questa parte.
[1] Per una
più dettagliata disamina della questione si legga il mio articolo Isole
dei Ciclopi. Genesi e sviluppo del
mito (presente nel mio blog, 29/6/2018).
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