Mi pare di non aver mai ben riflettuto
sull'espressione "seguire (guardare) con la coda dell'occhio" di cui
tutti, credo, conoscono il significato: guardare non direttamente ma
lateralmente e, talvolta, come per non farsene accorgere, facendo finta di non
vedere. Ora, secondo me, non esiste espressione metaforica più infelice di
questa, in cui si adoperi la parola "coda" con significato figurato.
La "coda" va a pennello per indicare, ad esempio, la parte estrema di
una fila di persone o la fila stessa, le ultime carrozze di un treno,
l’estremità posteriore di un aereo o la fine di un discorso, le conseguenze di
un'azione, ecc. La "coda" di un occhio, sinceramente, mi pare almeno
un uso improprio della parola. Penso, pertanto, che l'espressione sia il
risultato finale di un'altra che aveva però un significato opposto, quello di
guardare con occhio "cauto", cioè attento. L'agg. "cauto"
viene dal lat. caut-u(m), dal verbo cav-ere 'far
attenzione, guardarsi, ecc.'. Esso avrà messo in moto, già nel latino parlato,
l'operazione metaforica favorita dalla somiglianza tra l'agg. caut-um ’cauto’
e la parola lat. caud-am 'coda', per cui
"con cauto occhio (lat. cauto oculo)" si trasformò in
" con la coda dell'occhio (lat. caudā oculi)". La lingua
approfitta sempre di situazioni adatte a produrre significati particolari da
altri precedenti, anche opposti. Tutte le volte che può non si sforza di creare
ex novo ma comodamente ricicla il materiale preesistente. Viva la Lingua
riciclona!
Un'altra possibilità, forse quella giusta
(perché più semplice e diretta) è che la parola "coda" ricicli un
precedente termine kut 'angolo' di origine
serbo-croata, variante di slavo katu'angolo' , e indichi l'angolo
dell'occhio, appunto, formato dalle due palpebre. Infatti nelle lingue
che in qualche modo conosco si insiste sull' "angolo" dell'occhio. In
ingl. la frase suona: to look out of the corner of
one's eye; in tedesco si ha : aus dem Augenwinkel schauen;
in francese: regarder du coin de l'oeil. Anche in
portoghese e in greco moderno compaiono termini per “angolo”. Direi, pertanto,
che anche l'italiano, a voce di popolo, per così dire, dové usare una simile
parola, che però ebbe la disavventura di incrociarsi con l'inopportuna
"coda".
Ma ora che ci penso bene, la soluzione
finale potrebbe essere ancora più semplice e diretta, e quindi più vera. La
parola coin'angolo' della locuzione francese precedente,
viene dal lat. cune-u(m) 'cuneo, triangolo, figura
triangolare': esso infatti è una "punta" a sezione triangolare.
L'ingl. corner 'angolo' richiama il lat. cornu'corno,
punta, rigonfiamento'. Allora c'è da fare la considerazione che il significato
originario di lat. caud-a(m) 'coda, membro
virile' dovesse per forza essere quello di 'protuberanza, sporgenza,
prominenza', significato generale che comprendeva gli altri due specializzati
di 'coda' e 'punta': quest'ultimo diede anche quello di 'membro virile'. La
stessa cosa ritorna nel ted. Schwanz'coda' ma anche 'membro
virile', nello spagn. rabo ‘coda’ ma anche ‘membro
virile’, e in altre lingue. Allora si capisce meglio anche l’espressione
spagnola mirar con el rabillo del ojo ‘guardare
con la coda dell’occhio’ in cui rabillo più che ‘codino’
doveva significare all’inizio ‘punta, angolo’. Stando così le cose non ci
sarebbe stato bisogno nemmeno dell'incrocio di lat. caud-a(m) 'coda'
con il serbo croato kut 'angolo' o slavo katu 'angolo'
per dar vita al significato di 'angolo (dell'occhio)' essendo ben sufficiente
il lat. caud-a(m) da solo a generarlo, ma non
come valore figurato di coda bensì come significato originario
di lat. caud-a(m).-a(m). In questo caso, però, bisogna
supporre che l'espressione "guardare con la coda dell'occhio" fosse
già viva nel latino parlato, benchè il suo significato di ‘membro virile’, e
quindi ‘punta’, si sia trascinato anche nell’it. coda usato,
sia pur raramente, con tale significato (v. vocab. De Mauro). Il latino
classico usava l'espressione "spectare limis oculis" cioè 'guardare
con occhi obliqui'. In greco antico kanth-όs valeva
‘angolo dell’occhio, occhio’ ma anche ‘cerchione (di una ruota)’. I due
significati sembrano essere inconciliabili, ma in realtà fanno capo entrambi ad
un‘idea di “curva” la quale poteva avere anche una forma alquanto appuntita e
trapassare così, facilmente, all’idea di “spigolo, angolo, punta’: oh,
meravigliosa iridescenza dei significati! Anche il bulbo dell’occhio può
rientrare nel concetto di “curva, rotondità”. In latino si ebbe, come calco dal
greco, canth-um ‘cerchione della ruota, ruota’,
ma in portoghese canto significa ‘angolo’ senza riferimento
obbligato all’occhio. In italiano abbiamo canto, cantone ‘angolo
di una stanza, edificio’. In greco moderno sarà andato perduto il kanth-όs ‘angolo
dell’occhio’ del greco antico e si ha il generico gōni-á ‘angolo’,
il quale esisteva anche nell’antico, con l’accento ritratto sulla –i-,
cioè gōní-a ‘angolo, canto’, termine che
nella Bibbia dei Settanta appare col significato di ‘capo, principe’: come mai?
Non si tratta di incrocio con altra radice, ma sempre della stessa radice che,
col significato di ‘angolo’, poteva passare ad indicare anche una ‘punta’, sia
in senso proprio che metaforico. In greco moderno angolo dell’occhio si
traduce gōniá (angolo) tou matioú (occhio). Credo
sia opportuno introdurre anche il gr. kṓn-os ‘cono,
pino’ che ha tutta l’aria di una variante originaria, in velare sorda,
dell’altra radice. Anche in questo caso il termine maschile ho kṓn-os ‘il
cono’ non è metafora dell’altro femminile hē kṓn-os ‘il
pino’, o viceversa, ma ambedue sono tributari del significato di
‘protuberanza, punta’ che contengono al loro interno, prima delle relative
specializzazioni, sebbene lo schema del cono sia uguale a
quello della chioma del pino.
Questo articoletto mi pare molto interessante
perchè evidenzia la mia marcia di avvicinamento graduale, con relativo
aggiustamento del tiro, alla soluzione finale, la quale elimina stupendamente
le precedenti due supposizioni meno dirette, in quanto cercavano la soluzione
fuori del termine caud-a(m) 'coda' mentre essa
se ne stava ben nascosta sotto il termine stesso. Che caud-a(m) significasse
originariamente 'punta' è in qualche modo confermato anche dallo stesso termine
latino caut-e(m) 'scoglio', quasi
omofono, che in fondo deve essere considerato una sua variante, dato il
probabile significato originario di 'punta'. Significato che va soggetto
anch’esso a specializzazioni, prestandosi ad indicare sia la parte estrema di
un oggetto più o meno sottile, sia l’intero oggetto. Ad Aielli-Aq, il mio
paese, la cote era chiamata coda ed
aveva sempre il profilo uguale a quello di due triangoli isosceli uniti per la
base. In latino cot-e(m) ‘cote’ significava
anche ‘scoglio’ e quindi era variante del sopracitato lat. caut-e(m) ‘scoglio’.
Tutto questo girovagare in cerca della vera
soluzione è dovuto al fatto che per noi poveri uomini di oggi la coda è
principalmente la parte estrema del corpo di un animale (un quadrupede, ad
esempio), il quale ha una testa e una coda, appunto.
Mentre all’origine coda valeva solo ‘estremità, punta,
protuberanza’ senza riferimento alcuno ad un corpo d’animale, e avrebbe potuto
significare anche ‘testa’ se la Lingua avesse voluto fare questa scelta.
Mi pare di non
aver mai ben riflettuto sull'espressione "seguire (guardare) con la coda
dell'occhio" di cui tutti, credo, conoscono il significato: guardare non
direttamente ma lateralmente e, talvolta, come per non farsene accorgere,
facendo finta di non vedere. Ora, secondo me, non esiste espressione metaforica
più infelice di questa, in cui si adoperi la parola "coda" con
significato figurato. La "coda" va a pennello per indicare, ad
esempio, la parte estrema di una fila di persone o la fila stessa, le ultime carrozze di un
treno, l’estremità posteriore di un aereo o la fine di un discorso, le
conseguenze di un'azione, ecc. La "coda" di un occhio, sinceramente,
mi pare almeno un uso improprio della parola. Penso, pertanto, che
l'espressione sia il risultato finale di un'altra che aveva però un significato
opposto, quello di guardare con occhio "cauto", cioè attento. L'agg.
"cauto" viene dal lat. caut-u(m), dal verbo cav-ere 'far attenzione, guardarsi, ecc.'. Esso avrà messo in moto,
già nel latino parlato, l'operazione metaforica favorita dalla somiglianza tra
l'agg. caut-um ’cauto’ e la
parola lat. caud-am 'coda', per
cui "con cauto occhio (lat. cauto
oculo)" si trasformò in " con la coda dell'occhio (lat. caudā oculi)". La
lingua approfitta sempre di situazioni adatte a produrre significati
particolari da altri precedenti, anche opposti. Tutte le volte che può non si
sforza di creare ex novo ma comodamente ricicla il materiale preesistente. Viva
la Lingua riciclona!
Un'altra possibilità, forse quella giusta (perché più
semplice e diretta) è che la parola "coda" ricicli un precedente
termine kut 'angolo' di origine serbo-croata, variante di slavo katu
'angolo' , e indichi l'angolo
dell'occhio, appunto, formato dalle due palpebre. Infatti nelle lingue che
in qualche modo conosco si insiste sull' "angolo" dell'occhio. In
ingl. la frase suona: to look out of the corner of one's eye; in tedesco si
ha : aus dem Augenwinkel schauen; in francese: regarder du coin de l'oeil.
Anche in portoghese e in greco moderno compaiono termini per “angolo”. Direi,
pertanto, che anche l'italiano, a voce di popolo, per così dire, dové usare una
simile parola, che però ebbe la disavventura di incrociarsi con l'inopportuna
"coda".
Ma ora che ci penso bene, la soluzione finale
potrebbe essere ancora più semplice e diretta, e quindi più vera. La parola coin
'angolo' della locuzione francese precedente, viene dal lat. cune-u(m) 'cuneo,
triangolo, figura triangolare': esso infatti è una "punta" a sezione
triangolare. L'ingl. corner 'angolo' richiama il lat. cornu
'corno, punta, rigonfiamento'. Allora c'è da fare la considerazione che il significato originario di lat. caud-a(m) 'coda, membro virile' dovesse per
forza essere quello di 'protuberanza, sporgenza, prominenza', significato
generale che comprendeva gli altri due specializzati di 'coda' e 'punta':
quest'ultimo diede anche quello di 'membro virile'. La stessa cosa ritorna nel
ted. Schwanz
'coda' ma anche 'membro virile', nello spagn. rabo ‘coda’ ma anche
‘membro virile’, e in altre lingue. Allora si capisce meglio anche
l’espressione spagnola mirar con el rabillo del ojo ‘guardare con la
coda dell’occhio’ in cui rabillo più che ‘codino’ doveva
significare all’inizio ‘punta, angolo’. Stando così le cose non ci sarebbe stato
bisogno nemmeno dell'incrocio di lat. caud-a(m) 'coda' con il serbo croato kut 'angolo'
o slavo katu 'angolo' per dar vita al significato di 'angolo
(dell'occhio)' essendo ben sufficiente il lat. caud-a(m) da solo a generarlo, ma non come valore figurato di coda bensì come significato originario
di lat. caud-a(m). In questo
caso, però, bisogna supporre che l'espressione "guardare con la coda
dell'occhio" fosse già viva nel latino parlato, benchè il suo significato
di ‘membro virile’, e quindi ‘punta’, si sia trascinato anche nell’it. coda usato, sia pur raramente, con tale
significato (v. vocab. De Mauro). Il latino classico usava l'espressione
"spectare limis oculis" cioè 'guardare con occhi obliqui'. In greco antico kanth-όs valeva ‘angolo dell’occhio, occhio’ ma anche
‘cerchione (di una ruota)’. I due
significati sembrano essere inconciliabili, ma in realtà fanno capo entrambi ad
un‘idea di “curva” la quale poteva avere anche una forma alquanto appuntita e trapassare così, facilmente,
all’idea di “spigolo, angolo, punta’: oh, meravigliosa iridescenza dei
significati! Anche il bulbo dell’occhio può rientrare nel concetto di “curva,
rotondità”. In latino si ebbe, come
calco dal greco, canth-um ‘cerchione
della ruota, ruota’, ma in portoghese canto
significa ‘angolo’ senza riferimento obbligato all’occhio. In italiano
abbiamo canto, cantone ‘angolo di una stanza, edificio’. In greco moderno sarà
andato perduto il kanth-όs ‘angolo dell’occhio’ del greco antico e si ha il
generico gōni-á ‘angolo’, il
quale esisteva anche nell’antico, con l’accento ritratto sulla –i-, cioè gōní-a ‘angolo,
canto’, termine che nella Bibbia dei Settanta appare col significato di
‘capo, principe’: come mai? Non si tratta di incrocio con altra radice, ma
sempre della stessa radice che, col significato di ‘angolo’, poteva passare ad
indicare anche una ‘punta’, sia in senso
proprio che metaforico. In greco moderno angolo
dell’occhio si traduce gōniá
(angolo) tou matioú (occhio). Credo sia opportuno
introdurre anche il gr. kṓn-os ‘cono, pino’ che ha tutta
l’aria di una variante originaria, in velare sorda, dell’altra radice. Anche in
questo caso il termine maschile ho kṓn-os ‘il cono’ non è metafora dell’altro femminile hē kṓn-os ‘il pino’, o viceversa, ma ambedue sono
tributari del significato di ‘protuberanza, punta’ che contengono al loro
interno, prima delle relative specializzazioni, sebbene lo schema del cono sia uguale a quello della chioma del
pino.
Questo articoletto mi pare molto interessante perchè
evidenzia la mia marcia di avvicinamento graduale, con relativo aggiustamento
del tiro, alla soluzione finale, la quale elimina stupendamente le precedenti
due supposizioni meno dirette, in quanto cercavano la soluzione fuori del
termine caud-a(m) 'coda'
mentre essa se ne stava ben nascosta sotto il termine stesso. Che caud-a(m) significasse originariamente
'punta' è in qualche modo confermato anche dallo stesso termine latino caut-e(m) 'scoglio',
quasi omofono, che in fondo deve essere considerato una sua variante, dato il probabile
significato originario di 'punta'. Significato che va soggetto anch’esso a
specializzazioni, prestandosi ad indicare sia la parte estrema di un oggetto
più o meno sottile, sia l’intero oggetto. Ad Aielli-Aq,
il mio paese, la cote era chiamata coda ed aveva sempre il profilo
uguale a quello di due triangoli isosceli uniti per la base. In latino cot-e(m) ‘cote’ significava anche ‘scoglio’
e quindi era variante del sopracitato lat. caut-e(m) ‘scoglio’.
Tutto questo girovagare in cerca della vera soluzione
è dovuto al fatto che per noi poveri uomini di oggi la coda è principalmente la parte estrema del corpo di un animale (un
quadrupede, ad esempio), il quale ha una
testa e una coda, appunto. Mentre
all’origine coda valeva solo
‘estremità, punta, protuberanza’ senza riferimento alcuno ad un corpo d’animale,
e avrebbe potuto significare anche ‘testa’ se la Lingua avesse voluto fare
questa scelta.
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