Ad Avezzano il termine indica una torta
pasquale a forma di gallina con un uovo sodo sulla pancia.
Il nome indica anche piccole ciambelle[1]. A Trasacco la cacchiëtèlla o cacchiarèlla
è una pizza rustica cotta sotto il coppo
sul ripiano del camino[2]. A Luco
dei Marsi càcchia significa
‘pagnotta grossa e lunga’, ma anche ‘cavallo dei pantaloni’, mentre cacchiëtèlla e cacchiètta valgono ‘pagnotta più
piccola’[3]. In
Toscana la cacchiatella è un ‘piccolo panino’
Ora io credo che queste parole presuppongano una forma iniziale *caccola, *caccula, *cacalë, e simili,
col significato generico di ‘protuberanza, rotondità’, significato già da me
individuato per l’it. caccola e sue
varianti dialettali. Anzi questi termini
sono la prova della bontà di quanto sostenevo, in concorrenza con l’etimo
usuale che riconduce il termine alla radice di it. cacca.
Che la forma iniziale sia caccola
e simili, me lo conferma sicuramente il fatto che la cacchietèlla di Avezzano è a forma di gallina. Ora esistono nei nostri
dialetti verbi come cacalïà, cachëlëjà, cachilïà[4] ‘schiamazzare
della gallina che ha fatto l’uovo’, i quali sono quasi uguali al verbo ingl. cackle
‘chiocciare, far coccodè, schiamazzare, ciarlare’, all’abr. cacajjë ‘balbuziente, al lucano di Gallicchio cacaglià ‘balbettare,
tartagliare’ e al fr. cacaill-er ‘balbettare’. A mio
parere doveva esistere anche un termine *cackle ‘gallina’, parallelo in
qualche modo all’ingl. coq ’gallo’. Quindi la torta
pasquale a forma di gallina, con l’uovo sodo in mezzo, non doveva essere frutto di pura
invenzione, ma doveva essersi incrociata
con questi termini e forse anche con it. cacchi-one ‘uova di mosche ed altri
insetti’. I vocaboli che indicano cose o
costumi tradizionali, attraggono a sé, più di altri, altre voci, le quali modellano
a loro volta, con la loro influenza, l’uso stesso.
Nel dialetto di Gallicchio-Pt il termine cacchiavόtë significa ‘giravolta, svolta veloce’. Il membro cacchia-
è tautologico rispetto a –vόtë ‘volta’, e
indica quindi un ‘giro’ o qualcosa di simile, in sintonia col significato di
fondo di caccola e simili, come abbiamo visto. A Trasacco-Aq càcchië vale ‘angolo formato da due rami di
cui uno si diparte dall’altro. Non
importa se l’angolo suddetto sia anche acuto, perché il concetto stesso di “angolo”
rientra in quello di “rotondità, curva”: cfr. gr. ánkyl-os ‘curvo, ricurvo’.
A
questo punto bisogna parlare anche dell’it. cacchio, getto,
germoglio non fruttifero di una pianta’ fatto derivare dal lat. cat-ul-u(m) ‘cagnolino, piccolo animale’ che,
nel tardo latino, significò ‘tralcio’;
si tratta a mio avviso semplicemente di una
variante dell’altra cac- che può essere
accostata, come ho già detto in altro articolo, all’abruzzese cat-èllë ‘stanghetta del chiavistello’ che mi
pare rifiuti l’accostamento al cagnolino
e, se mai, rimanda al secondo membro dell’ingl. tip-cat ‘lippa’, in cui a mio avviso -cat ripete il significato del primo membro tip- che di per sé significa ‘punta’ ma
qui si riferisce al bastoncino appuntito usato
nel gioco.
Il
guaio dei linguisti è che, in questi casi, tirano dritto e non sospettano che
si possa trattare di due radici simili, come cac- e cat-, essendo la prima piuttosto rara, nella forma caccola,
in significati che non siano riconducibili alla radice di cacca. Abbiamo visto però, che nella forma cacchia,
la radice riprende vigore fino a significare ‘piccola ciambella’ ad Avezzano e
‘giro’ in cacchia-vόtë
‘giravolta’ nel dialetto di Gallicchio-Pt: una rotondità, dunque, che è improbabile che derivi dalla radice cat-.
A
Trasacco e altrove càcchie è naturalmente anche la forchetta ricavata da due rami divergenti, per farne un tipo di
fionda e così si spiega anche la cacchia ‘cavallo dei pantaloni’ di
Luco dei Marsi. Sempre a Trasacco la
parola indica il ‘membro virile’, in quanto simile ad una verga: in questo caso non può che derivare dal cat-ul-u(m) suddetto, per quanto non siano
nulle le probabilità che derivi, in quanto protuberanza,
dalla radice cac-. Da questo si desume che l’it. cacchio non è nato come eufemismo di cazzo, ma inizialmente anch’esso
indicava senza infingimenti la verga
maschile: quando poi in italiano cazzo è diventato padrone assoluto,
questa forma cacchio, che magari
vivacchiava ai margini della lingua, è diventata automaticamente un eufemismo. Naturalmente
a Trasacco esiste oggi anche la forma eufemistica cacchië, importata dall’italiano. La giostra degli avvicendamenti è
inesauribile in ogni lingua.
Il
verbo ‘ngacchiàrsë in vari dialetti ha assunto il significato di
‘unirsi sessualmente’, sia di uomini che di animali: significato che può essere
scaturito da quello di ‘avvinghiarsi, avvolgersi, annodarsi’ dato che a
Gallicchio cacchiόlë vale
‘annodatura ingarbugliata’. O sarà
bastata la semplice immagine di due rami che si uniscono a generare il
significato. Il verbo scacchià,
scacchiarsë
, con la –s-esprimente il contrario,
indica il divaricarsi di due cose,
fino magari a spezzarsi: mo’ të scacchië cumma na ranocchia
‘adesso ti spezzo come una rana’. Nu scacchië de saucìccia significa un pezzo, un rocchio di salsiccia.
In
questa girandola di parole e significati è sempre possibile qualche svista, ma
l’idea concreta che se ne ricava è una concezione della parola non
sclerotizzata intorno ad un unico significato
di origine, ma naturalmente aperta ad una diversità di significati.
[1] Cfr.
Buzzelli-Pitoni, Vocabolario el dialetto
avezzanese, 2002.
[2] Cfr Q.
Lucarelli, Biabbà A-E, Grafiche Di
censo, Avezzano-Aq, 2003.
[3] Cfr. G.
Proia,La parlata di luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq 2006.
[4] Cfr. D.
Bielli, Vocabolario abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.
Nessun commento:
Posta un commento