lunedì 1 luglio 2019

Ancora parole di struttura greca nei nostri dialetti




L'aiellese 'ncacàsse non mi pare presente in altri dialetti della Marsica, ma quasi sicuramente mi sbaglierò: in qualcuno di essi potrebbe incontrarsi. Sembra un banale e brutto verbo,  tratto da cac-arsi col prefisso in-, ma non è così. Il significato che pressappoco è 'diventare indolente, inetto, incapace' mi sorprende, e non poco, perchè punta dritto con la sua radice cac- al notissimo aggettivo greco kak-òs dal valore generico di 'cattivo (di carattere)' ma anche 'privo di buone qualità, inabile, inetto'. Esso non credo ci pervenga dal greco storico ma molto prima, probabilmente dalla preistoria. L'aggettivo dovrebbe essere noto anche alla maggior parte degli italiani, pur se poco acculturati per quanto riguarda le lingue. Esso costituisce infatti, ad esempio, il primo membro del termine dotto caco-fonia 'espressione composta di suoni piuttosto aspri, stridenti', preso direttamente dal greco storico. La lingua non finisce mai di stupire!

   Caca-mèlë è un’altra voce dialettale, in genere aggettivo ma anche sostantivo, che ho talora sentita anche ad Aielli, ma credo sia di importazione da qualche altro paese marsicano, come Luco dei Marsi o Avezzano, dove effettivamente è attestato. Il suo significato superficiale e letterale sarebbe caca-miele, ma se così fosse realmente dovrebbe indicare qualcuno che parla con dolcezza, che usa modi melliflui e sdolcinati per natura o, piuttosto,  per secondi fini, più o meno subdoli.   Ma le definizioni che se ne danno a Luco dei Marsi[1] (insulso) e ad Avezzano[2] (aggettivo spregiativo attribuito a persona di scarsa personalità, insignificante) non lasciano scampo: l’espressione viene riferita a chi non ha affatto le qualità per svolgere una qualsiasi attività, o che manca di qualsiasi requisito per essere considerato un uomo sveglio, posato e affidabile.  A Borgorose-Ri, paese confinante con la Marsica nord-occidentale, cacamèle significa 'persona indifferente, che non reagisce'[3]. Una specie di disutilaccio, insomma.

   Secondo me qui siamo di fronte ad un composto tautologico, di origine preistorica, nel cui primo membro riappare il gr. kak-όs ‘vile, inetto, incapace’ citato sopra, e nel secondo membro il gr. méle-os  ‘vano, ineffettivo, nullo, misero, infelice’.  In greco il miele era chiamato méli, in lat. mel.  Nei nostri dialetti esso suona mèlë; non esistono altre voci con cui poteva confondersi il gr. méle-os ‘vano, nullo, ecc.’ tranne la parola mélë ‘mele’, ma un composto del tipo caca-mélë  sarebbe stato incomprensibile e inaccettabile. Il dialettale caca-mèlë (cacamiele) avrebbe potuto significare, come abbiamo detto sopra, ‘mellifluo’ e forse in qualche dialetto potrebbe essersi verificato, se si considera che un uomo incapace, essendo consapevole della sua triste situazione, potrebbe talora cercare di sviluppare capacità lusingatrici e insinuatrici per sopperire in qualche modo alle sue deficienze. 

  Un altro aggettivo abruzzese suggella bellamente quanto detto sopra sul significato dispregiativo-negativo della radice cac-. Esso è cacca-vànnë[4] che significa ‘andato a male nella covatura’, detto di uovo.  Il secondo membro –vànnë , che ripete tautologicamente il significato del primo, è il lat. van-u(m) ‘vano, vuoto, inutile, vanesio, ecc.’.  In questo caso non bisogna pensare che un aggettivo della radice cac- uguale a quella di gr. kak-όs ‘cattivo, inutile, vano, ecc.’ si sia unito  all’aggettivo lat. van-u(m) su suolo italico: presumibilmente lo sposalizio avvenne in tempi preistorici, chissà dove. Ma perchè altri, anche più acculturati di me, non ci sono arrivati? E' altrettanto semplice: nessuno, che io sappia, ha mai parlato di composti tautologici, con lo stesso significato nei due membri. Di conseguenza, dinanzi a questi composti al massimo tentano di cercare un significato passabile che si accordi con quello indiscutibile di cac-are 'andare di corpo' e simili. In questo modo non potevano arrivarci mai, e così è stato. Questo composto cacca-vànne ci dice anche un'altra cosa importante: l'unione dei due membri è avvenuta non quando, ipoteticamente e casualmente, il termine greco si è incontrato con quello latino, ma semplicemente perchè essi erano a portata di mano per chi doveva comporre un aggettivo di quella natura. La tautologia è una risorsa importante nella formazione delle lingue, che altrimenti avrebbero dovuto accontentarsi di soli termini monosillabici, insufficienti per una completa descrizione della realtà fisica e psichica. Credo di aver capito perchè si è verificato il raddoppiamento della /c/ in cacca- e della /n/ in -vanne. Sempre in abruzzese vannine significa ‘puledro’, sicchè tutta l'espressione poteva assumere il significato superficiale di 'cacca di puledro' che risponde poco alla realtà dell'uovo non schiuso nella covatura, ma dà comunque un valore spregiativo al termine.

  Leggo, sempre sul Bielli, l'aggettivo caca-sìcche 'cacastecchi, magruzzo, scheletrico, secco stecchito'. L'aggettivo, dunque, indica chi è veramente magro, secco ma non mi convince la spiegazione che credo se ne dia: esso indicherebbe uno che mangia talmente poco che, di conseguenza, caca secco. Questa spiegazione non regge, per il semplice motivo che si può cacare secco perchè si è stitici, non perchè non si mangia granchè. Quando si è convinti di questo, si è costretti di conseguenza a guardarsi intorno cercando in altre lingue, per vedere se si possa uscire dall'impasse. Ed ecco venirci incontro il gr. sikkh-òs 'delicato, che non può mangiare tutto, che ha disgusto, nausea (per il cibo)' incrociatosi con l'it. secco (magro). Allora il più è fatto. Per me anche l'ingl. sick 'malato, nauseato, disgustato' rientra in questo concetto. il verbo to sick 'vomitare' indica la stessa cosa di ingl. keck 'vomitare', di ingl.dial. cack 'vomitare' per cui un composto *caca-secco avrebbe potuto benissimo significare anche 'disgustato, nauseato. In alcuni dialetti del meridione, però, caca-sicche significa 'tirchio, tirato'. Io credo che questo significato sia derivato da quello precedente di 'magro, stecchito' giacchè dall'idea di "magro, scarso " deriva anche quella di "parsimonioso" dalla quale, in senso dispregiativo, può svilupparsi l'idea di “tirato, stretto, tirchio”. Gesummaria, che sorta di intrigo di cui però di può ritrovare, con pazienza, il bandolo!

  





[1] Cfr. G. Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006.

[2] Cfr. Buzzelli-Pitoni, Vocabolario del dialetto avezzanese, (senza indicazione dell’Editore), Avezzano –Aq, 2002.
[4] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004. 




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