Ho incontrato la bella voce portoghese piri-lampo ’lucciola’ la quale è composta chiaramente dal membro piri- corrispondente all’ant.umbro pir
‘fuoco’, gr. pỹr ‘fuoco’,
lat. pur-u(m) ‘puro, pulito, limpido’, e dal
membro –lampo di evidente
significato. In napoletano si incontra, tra le altre, anche la voce pir-oca ‘lucciola’. Il portoghese ha anche
un altro nome per la lucciola, cioè vaga-lumen il cui secondo membro corrisponde al lat. lumen ‘lume, luce, ecc.’. Il primo
membro apparentemente richiama il verbo port. vagar ‘vagare’ e quindi l’espressione sembrerebbe indicare una luce
che vaga (nella notte),
dietro la componente vaga- deve
nascondersi una radice per ‘luce, calore’ e simili. In molti dialetti, infatti, si incontra la
voce vacca (vachi, in parmigiano) che indica la scottatura, l’incotto,
che una volta caratterizzava le gambe delle donne le quali d’inverno, per
riscaldarsi, stavano troppo tempo vicino al fuoco. Penso che la radice di questo termine vacca
‘incotto’ abbia a che fare con il verbo ingl. bake ‘cuocere(al forno),
cuocersi’. Lo scambio b/v è
abbastanza comune nei nostri dialetti. Per una più approfondita analisi della
radice si legga l’articolo Corollario
sull’articolo sui nomi dei venti con belle sorprese, presente nel mio blog
(1 giugno 2012).
Luce-cappella ‘lucciola’ è termine diffuso in Abruzzo e nel Lazio. La
componente –capp-ella presenta una radice CAP(P)- che secondo me richiama il gr. kap-nόs ‘fumo,vapore’, gr. kap-yr-όs ‘disseccato, adusto, bruciato, ardente, cocente (di
malattia)’ e gr. kapy-ein ‘esalare’. La
radice del verbo greco kaí-ein ‘ardere, bruciare’ era kav- (ho reso il digamma greco con la lettera
–v-)
che mi sembra proprio variante di CAP-.
La componente –ella è variante di –ola incontrata nel napoletano cari-ola ‘lucciola’ nei due articoli
precedenti.
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