domenica 12 settembre 2021

Ancora lucciole (5).


    

    A Marcellina-Rm il nome della lucciola è luccica-penna: ricompare l’elemento –penna  adombrato già nelle voci per la lucciola  -penta, venn-ola dell’articolo precedente, ma non solo: una filastrocca di Cerchio-Aq recita  Lucë-capp-èlla, penna penna/mittë le salë alla jummèlla (trad. ‘Lucciola, penna penna/metti il sale nella giumella’).  A Subiaco-Rm si ha lucc-ica ‘lucciola’, a Rocca di Botte-Aq compare lucc-ic-arèlla ‘lucciola’. Più che derivati diretti dal verbo lucc-ic-are considero queste voci, compreso il verbo lucc-ic-are, ampliamenti tautologici della base luc-‘luce’: il secondo membro –ic-  dovrebbe avere qualche rapporto con lat. ig-n-e(m) ‘fuoco’; il membro –ar-èlla comprene due radici che abbiamo già inteso come ‘luce, fuoco, ecc.’: basta ricordare lat. ar-a(m) ‘altare (per i sacrifici)’. 

     Interessantissime sono le filastrocche per la lucciola.  Una nota a tutti (credo) recita al primo verso lucciola, lucciola, vien da me:  mi sembra molto probabile che l’espressione vien da sia frutto di una rietimologizzazione di un precedente venda, uno dei tanti nomi della lucciola, come abbiamo visto.

      A Celano-Aq la filastrocca per la lucciola inizia con Luce-cappèllë, bèllë bèllë,/ mittë la sèllë alla cavallë (trad. ‘lucciola, bella bella/metti la sella alla cavalla’)Ora, bell-ina  è altro nome per la lucciola, nome che è in rapporto con la festa di Bel-taine, cioè del dio celtico Bel o Bel-enos, la cui radice vale ‘brillare’, cfr. serbo-croato bijel ‘bianco’.  Abbiamo visto che altri nomi per la lucciola sono  car-ina e picc-ol-ina, nomi che ricorrono in varianti della filastrocca.  In questo contesto, la voce sèllë non può essere a mio avviso che la radice del gr. sél-as ‘splendore, raggio, lampo, scintille’, gr. sel-ḗne ‘luna’. La stessa voce compare come sale nella filastrocca di Cerchio, più sopra citata. La cav-àllë presenta un primo membro simile a quello di gr. kap-nόs ‘fumo’, radice kaw- di gr. kái-ein ‘bruciare, ardere’. Esisteva in Siria il dio del sole  Gabal  di cui ho parlato in riferimento alla voce dialettale marsicana cavajjë ‘cavallo’ che ad Avezzano indicava il covone posto in cima ad un mucchio di covoni, e con le spighe rivolte ad oriente.  Si prega vivamente di leggere il mio articolo intitolato Il “covone” ed altro tra linguistica ed antropologia, presente nel mio blog (2 luglio 2017)L’articolo, più comodamente, appare anche in internet.

    La filastrocca di Celano termina con la cavalla degi re,/lucecappellë vittënë a mmì.  Il re, insieme alla regina, compare in altre filastrocche per le lucciole.  Credo che la radice latina reg-e(m) ‘re’  si sia sovrapposta  quella precedente che doveva essere quella del ted. rege ‘vivace, vivido, sveglio’ e quindi, in questo caso, luminoso.  Anche in vittënë  bisogna scorgere l’it. viente-ne, o vien da (me) di altre filastrocche, forme che rimandano a vent-ola, vend-ola  come detto più sopra.

       Concludendo, affermo che queste filastrocche che presentano diverse varianti di paese in paese assomigliano molto all’antica poesia cosiddetta catalogica che si basava sull’elencazione di cose come, ad esempio, il famoso catalogo delle navi nell’Iliade.  Le società primitive, mancando di scrittura, si servivano di elencazioni come quelle che si vedono in trasparenza (almeno credo) nelle suddette filastrocche che avevano la funzione di archiviare e trasmettere di generazione in generazione la conoscenza del passato. Naturalmente, molte erano le variazioni che avvenivano strada facendo, a contatto con lingue e parole diverse per il significato da quelle originarie.

    

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