martedì 17 dicembre 2019

Le forme verbali aiellesi-trasaccane lassapémë, lassapétë (lasciamo, lasciate)




    Oggi non credo che siano più in uso queste forme imperative se già quando ero ragazzino si criticava, soprattutto da parte delle giovani donne, chi le usava perché esse erano sentite come molto arcaiche e denotanti una certa rozzezza di modi della persona che le usava. A dire il vero mi pare che si usassero anche le voci dell’imperfetto come lassapéva, lassapévanë (lasciava, lasciavano), ecc. In antico quindi, doveva esserci nel nostro dialetto un verbo lassap-e’ col significato di ‘lasciare’ nel senso di ‘permettere’ seguito da altro verbo all’infinito: ad es. lassapétëmë fa’ (lasciatemi fare).  Contemporaneamente esisteva ed esiste nel nostro dialetto il verbo lassa’ ‘lasciare’ che poteva sostituire comunque l’altro verbo di cui si parla.

   Siccome sono convinto che i fenomeni linguistici non sono mai gratuiti ma debbono avere sempre una spiegazione, mi sono detto che anche in questo caso quella -p-  che sembra disturbare, con la sua aggiunta, il normale verbo lassa’  doveva trovare una ragione. Che l’espressione, infatti, non sia un atto particolare di Aielli, il mio paese, è dimostrato dalla presenza di essa anche nel dialetto di Trasacco-Aq, dove lassapémë pèrdë!, ad esempio, significa ‘lasciamo perdere!, lasciamo andare!, abbandoniamo!’[1]. E si poteva avere anche la voce della seconda pers. pl. lassapétë ‘lasciate’.  Il Lucarelli, che non è un linguista, pensa curiosamente che il nesso –pe-  in lassasia dovuto all’influsso del successivo  rdë. Evidentemente a Trasacco l’epressione si era cristallizzata in quel solo modo di dire, mentre ad Aielli essa poteva avere anche altri infiniti come  in lassapétëmë fa’  ‘lasciatemi fare’.

   Molte sono le parole di origine greca che ho riscontrato nei nostri dialetti, di cui ho parlato abbondantemente in altri articoli. Improvvisamente mi è balenata la possibilità che il problema si potesse sciogliere pensando ad un incrocio tra la forma lassa’, dal lat. lax-are ‘allentare, diradare, lasciare’, e una forma più antica, esistente  prima dell’arrivo del latino dalle nostre parti, che aveva qualcosa da spartire col verbo gr. aph-eî-nai ‘mandare via, lasciare, permettere’, composto dalla prepos. apό (lat. ab) ‘via da’ più l’infinito aoristo del presente infinito hi-é-nai ‘mandare, inviare’. La forma ionica, corrispondente alla forma attica aph-eî-nai  (che aveva subito la trasformazione della labiale sorda –p- in aspirata -ph- per via dello spirito aspro dell’infinito aoristo heînai ‘mandare, inviare’ reso qui con la lettera –h-) era semplicemente ap-eî-nai ‘mandar via, inviare, lasciare, permettere’ con la labiale sonora –p-  senza aspirazione.  E’ bene ricordare che la radice nuda e cruda di questo verbo greco hi-é –nai ‘mandare, inviare, lasciar cadere’ era -se-  che, con la caduta della sibilante iniziale aveva dato il semplice –(s)e che facilmente poteva confondersi con la vocale finale della preposizione apό- premessa al verbo. 

    Allora non era impossibile nei nostri dialetti un incrocio tra la radice del verbo lat. lax-are ‘allentare, lasciare’ e un verbo omosemantico di sapore greco *ap-ere, *ap-are o simili, già presente da noi, prima che arrivasse il latino.  Il possibile incrocio aavrebbe dato come esito proprio *lax-ap-ere ‘lasciare, permettere’ da cui sarebbero derivate le sopracitate voci dell’imperativo lass-ap-émë, lass-ap-étë ‘lasciamo, lasciate’. Faccio notare che l’imperativo aoristo, seconda pers.  pl. del verbo greco era proprio áph-ete ‘lasciate’ o, in ionico, áp-ete ’lasciate’. Il verbo non potè resistere autonomamente, con il succedersi e sovrapporsi della nuova civiltà latina alla precedente italica, se non a stento, nella forma ibridata con la radice vincente di lax-are, forma ibridata arrivata fino a noi, ma che credo sia ormai veramente agli sgoccioli per quanto riguarda il dialetto parlato.

  C’è un’altra possibilità, a mio avviso. Siccome nei primordi della lingua forse ancora non si erano ben create le distinzioni tra le funzioni di preposizione, di verbo ed altro, allora può essere possibile pensare che un verbo dialettale come lass-apsi sia formato con la consueta giustapposizione originaria della due radici di lax- are e di ap- di uguale significato, indicanti, insomma, un distacco, una partenza, o un lasciar fare, un abbandono.
   





[1] Cfr. Q.Lucarelli, Biabbà F-P, Grafiche Di Censo, Avezzano-Aq, 2002.

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