Oggi
non credo che siano più in uso queste forme imperative se già quando ero
ragazzino si criticava, soprattutto da parte delle giovani donne, chi le usava
perché esse erano sentite come molto arcaiche e denotanti una certa rozzezza di
modi della persona che le usava. A dire il vero mi pare che si usassero anche
le voci dell’imperfetto come lassapéva, lassapévanë (lasciava,
lasciavano), ecc. In antico quindi, doveva esserci nel nostro dialetto un verbo
lassap-e’
col significato di ‘lasciare’ nel senso di ‘permettere’ seguito da
altro verbo all’infinito: ad es. lassapétëmë fa’ (lasciatemi fare).
Contemporaneamente esisteva ed esiste nel nostro dialetto il verbo lassa’
‘lasciare’ che poteva sostituire comunque l’altro verbo di cui si parla.
Siccome sono convinto che i fenomeni linguistici non sono mai gratuiti
ma debbono avere sempre una spiegazione, mi sono detto che anche in questo caso
quella -p- che sembra
disturbare, con la sua aggiunta, il normale verbo lassa’ doveva trovare una ragione. Che
l’espressione, infatti, non sia un atto particolare di Aielli, il mio paese, è
dimostrato dalla presenza di essa anche nel dialetto di Trasacco-Aq, dove
lassapémë pèrdë!, ad esempio, significa ‘lasciamo perdere!,
lasciamo andare!, abbandoniamo!’[1].
E si poteva avere anche la voce della seconda pers. pl. lassapétë
‘lasciate’. Il Lucarelli, che non è un
linguista, pensa curiosamente che il nesso –pe- in lassapémë sia dovuto all’influsso del
successivo pèrdë. Evidentemente a Trasacco l’epressione si era cristallizzata in
quel solo modo di dire, mentre ad Aielli essa poteva avere anche altri infiniti
come in lassapétëmë fa’ ‘lasciatemi
fare’.
Molte sono le parole di origine greca che ho riscontrato nei nostri
dialetti, di cui ho parlato abbondantemente in altri articoli. Improvvisamente
mi è balenata la possibilità che il problema si potesse sciogliere pensando ad
un incrocio tra la forma lassa’, dal lat. lax-are ‘allentare, diradare, lasciare’, e
una forma più antica, esistente prima
dell’arrivo del latino dalle nostre parti, che aveva qualcosa da spartire col
verbo gr. aph-eî-nai ‘mandare via, lasciare,
permettere’, composto dalla prepos. apό (lat. ab) ‘via da’ più l’infinito
aoristo del presente infinito hi-é-nai ‘mandare, inviare’. La
forma ionica, corrispondente alla forma attica aph-eî-nai (che aveva subito la
trasformazione della labiale sorda –p- in aspirata -ph- per via dello spirito
aspro dell’infinito aoristo heînai ‘mandare,
inviare’ reso qui con la lettera –h-) era semplicemente ap-eî-nai ‘mandar via, inviare, lasciare,
permettere’ con la labiale sonora –p- senza aspirazione. E’ bene ricordare che la radice nuda e cruda
di questo verbo greco hi-é –nai ‘mandare, inviare, lasciar
cadere’ era -se- che, con la caduta della sibilante iniziale
aveva dato il semplice –(s)e
che facilmente poteva confondersi con la vocale finale della preposizione apό- premessa al verbo.
Allora non era impossibile nei nostri dialetti un incrocio tra la radice
del verbo lat. lax-are ‘allentare, lasciare’ e un verbo omosemantico di sapore
greco *ap-ere, *ap-are o simili, già presente da noi, prima
che arrivasse il latino. Il possibile
incrocio aavrebbe dato come esito proprio *lax-ap-ere ‘lasciare, permettere’ da cui sarebbero derivate le
sopracitate voci dell’imperativo lass-ap-émë, lass-ap-étë
‘lasciamo, lasciate’. Faccio notare che l’imperativo aoristo, seconda
pers. pl. del verbo greco era proprio áph-ete
‘lasciate’ o, in ionico, áp-ete ’lasciate’. Il verbo non potè resistere autonomamente, con il
succedersi e sovrapporsi della nuova civiltà latina alla precedente italica, se
non a stento, nella forma ibridata con la radice vincente di lax-are, forma ibridata arrivata fino a
noi, ma che credo sia ormai veramente agli sgoccioli per quanto riguarda il
dialetto parlato.
C’è un’altra possibilità, a mio avviso. Siccome nei primordi
della lingua forse ancora non si erano ben create le distinzioni tra le
funzioni di preposizione, di verbo ed altro, allora può essere possibile
pensare che un verbo dialettale come lass-ap-è si sia formato con la consueta giustapposizione originaria della
due radici di lax- are e di ap- di uguale significato, indicanti,
insomma, un distacco, una partenza, o un lasciar fare, un abbandono.
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