venerdì 27 dicembre 2019

Una stranissima espressione aiellese: vérdë i missë




La usava abbastanza spesso mio padre riferendosi, ad esempio, ad un piatto di maccheroni ingurgitati in men che non si dica.  I contadini un tempo tornavano a casa affamati e certo non badavano alle  buone maniere.  Il piatto, quindi, era vérdë i missë.  Il significato letterale della locuzione è ‘verde e messo’, e sembrerebbe non avere alcuna attinenza col significato che ho detto. 

   L’espressione, lo confesso, mi ha dato molto da fare e, a dirla tutta, non sono nemmeno sicuro al cento per cento di aver trovato la strada giusta, anche se qualche indizio  mi conferma la cosa.  Anzi, è stata proprio una voce riportata dal Bielli ad illuminarmi definitivamente.  Essa è missë ‘tigna’, con la variante mizzë ‘tigna’.  La radice deve essere la stessa dell’ingl. mite ‘acaro, baco’, termine che si riferisce ad un varietà di piccoli insetti atti in genere a rodere e corrodere come la tigna e il cheese mite , il baco del formaggio.  Il suo significato di fondo doveva essere quello di rodere, rompere, spezzare’, simile a quello dell’antico alto tedesco meiz-an ‘tagliare’, dell’antico norreno meit-an ‘tagliare’   e pertanto adatta ad esprimere i significati di ‘triturare, rodere’ e anche di ‘mangiare, divorare’.  

   Ma l’elemento vérdë cosa potrebbe significare?  Esso, a mio avviso, ha lo stesso significato di missë ‘rodere, roso’  potendosi ricollegare, come vedremo,  all’ingl. fret ‘rodere, corrodere’, in antico ‘mangiare, divorare’ corrispondente al ted. fress-en  ‘mangiare  con avidità, divorare, corrodere’.  Il significato si capisce meglio se si tiene presente il gotico fra-it-an,  formato da gotico fra- (che sta per la preposizione for ‘per’ corrispondente al latino per ) e gotico it-an ‘mangiare’  che al participio passato inglese (eat-en ‘mangiato’) presenta quasi la stessa forma dell’infinito gotico.

   Allora si può supporre una forma *for-it, *fer-it antecedente  quella  di vérdë, frutto quest’ultima di reinterpretazione influenzata dall’aggettivo lat. vir-id-e(m) ‘verde’.   L’espressione intera di cui si parla doveva significare così qualcosa come ‘divorato e trangugiato’. A ben pensarci il verbo gotico citato è molto simile al verbo lat. per-ed-ĕre ‘mangiare, divorare, corrodere’. Basta una semplice metatesi pre-ed-ĕre per ottenere una forma pred- quasi uguale a quella dell’ingl. fret ‘rodere, corrodere’, data la solita trasformazione in fricativa sorda della labiale –p-.  Anche in latino esisteva infatti il verbo ed-ĕre ‘mangiare’ con la stessa radice.  Solo che su suolo italico avremmo avuto due forme *feret- e *peret- una con l’iniziale fricativa sorda –f- e l’altra con la labiale sorda –p- . ma ciò non dovrebbe costituire una difficoltà, dato che in abruzzese, ad esempio, si incontrano forme come péschë ’macigno’ e fischë ’macigno’, con trattamento diverso dell’iniziale.

    L’idea di  corrosione  può produrre il significato di ‘sgretolamento, rottura, rovina, consunzione’ e arrivare quindi al significato di fallimento, come nell’inglese broke ‘spiantato, al verde, rovinato’ che ha la radice di ingl. break ‘rompere, spezzare’.  Allora anche nell’espressione italiana essere al verde , il verde può essere ricondotto all’ingl. fret ‘corrodere’, come abbiamo visto, e significare in questo caso  ‘essere in rovina, a pezzi, fallito’. Non per nulla l’abruzzese vèrd-ëlë, vèrd-ïë, vird-ënë significa ‘trapano’ uno strumento che corrode, fora gli oggetti duri.  L’ggettivo it. verde-secco  è riferito a fiore o pianta mezzo secco o quasi appassito.  E già! Lo dice lo stesso nome, come se questo fosse stato creato ieri! La sua prima attestazione risale al XVI sec. ma sono sicuro che esso ha vivacchiato nei dialetti chissà per quanto tempo.  Stando a quello che ho detto sopra per il termine verde io credo che si tratti di vocabolo tautologico in cui l’elemento verde- aveva un significato uguale o simile a quello di –secco , cioè ‘rovinato, consunto, inaridito’.  Anche perché questo modo di indicare un fiore mezzo secco è molto insolito, quasi irrazionale: non posso dire, ad esempio, per sottolineare la condizione di disfacimento di un uomo cadente per età che è vecchio-giovane o giovane-vecchio, perché la definizione sarebbe incongruente col concetto da esprimere. Tutte le lingue credo che abbiano modi di dire come è molto vecchio, è quasi secco, oppure non è più verde, è quasi secco, è mezzo secco.  Per quanto riguarda i colori le espressioni che ne accostano due indicano ambedue le colorazioni e non una sola risultante dalla loro mescolanza: ad esempio i bianconeri sono i calciatori della Juventus che indossano una maglia a strisce bianche e nere.
 

 Si sa che le parole, di epoca in epoca, cercano di adattarsi a questo o quel significato, sotto la pressione di altre voci, ma spesso il loro tentativo non riesce a pieno, come in questo caso.  Nel vocabolario del Bielli[1] la voce verdë-sécchë significa ‘vanume’ sorta di malattia del grano e altri cereali che fa seccare una parte di essi prima che giungano a maturazione.  Anche qui il termine ha cercato e realizzato un adattamento: immaginiamo un campo di grano affetto da questa malattia: vedremo delle chiazze secche sparse qua e là tra altre, forse più vaste, verdeggianti: in questo caso però il termine si è adattato quasi perfettamente alla situazione, anche se esso qui indica non esclusivamente la malattia di per sé, ma come l’intero campo appare agli occhi.  Si deve pensare quindi che esso viene da molto lontano, forse prima della diffusione del latino nelle varie regioni italiche, e indicava anche con verde, il significato di rovina, distruzione, malora.  Che Dio ci salvi dai molti inganni delle parole!

     Nel Bielli è citata, sotto la voce mittë, anche l’espressione  se n’è jitë a mmittë ‘è andato in rovina, a rotoli’.  A me sembra che si tratti sempre della stessa radice dl significato di ‘corrodere, sgretolare, rovinare, corrompere, guastare’.  Il lat. mit-e(m) ‘tenero, maturo’ e l’it. mézzo ‘molto maturo, sfatto, guasto’ penso che siano della partita.
    






[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla Editore, Cerchio-Aq. 2004. 
        





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