Nel dialetto di San Ferdinando di Puglia (Foggia) si incontra la voce scëléppë ‘glassa per dolci’ che mi pare proprio l’ingl. slip che, tra i diversi significati,
annovera anche ‘smalto o vernice in polvere sospesa in acqua e pronta per
l’applicazione’. La definizione è quella
del vocabolario Merriam-Webster, dove, per il termine vernice è usato proprio glaze
che vale anche ‘gelatina, glassa’. La pronuncia fricativo-palatale
della –s- abbiamo visto in altro articolo che ricorre
anche nei nostri dialetti.
Nel vocabolario abruzzese del Bielli si regista la voce sciùcchë
‘camiciotto di panno lino usato dai contadini quando lavorano’ oppure
‘soprabito’, anche se detto celiando. Di questa radice per ‘cavità, guscio’ ho
parlato abbastanza nell’articolo del mio blog (giugno 1919) intitolato Le
scòcchëlë, mandorle piuttosto grandi e panciute.
Un’altra voce dialettale abbastanza diffusa è sciaòrta (Aielli-Aq), sciuèrta
(Avezzano-Aq), ecc. col significato di ‘donna trasandata’ e simili. A mio parere il termine doveva essere un
aggettivo sostantivato per ‘trascurato, sporco, abietto, ecc.’ che si ritrova
nel lar. sord-es ‘sporcizia,
squallore, trasandatezza negli abiti, ecc.‘(dalla radice SWORD-) e nel ted. schwarz ‘nero’ < *schwart
<*swart. La radice ricompare nel dialetto lucano di
Gallicchio-Pt. nella forma sciartόnë[1],
aggett. e sost. masch. e femm. dal significato di ‘trasandato/a nel vestire,
nell’acconciarsi, nel tenere in ordine la casa’. Una curiosità: il termine deve essersi
incrociato con quello del dialetto lucano di Avigliano-Pt che suona sciahòrta
‘disordinato’[2]
ma anche ‘piccolo animale’, significato, quest’ultimo, che dovrebbe avere a
che fare con la voce sciavòrtë ‘pecora giovane, che non
ha ancora figliato’ presente a Gallicchio-Pt.
Secondo me la parola doveva essere *sciav-otta ‘pecorella’ col suffisso diminutivo, che dovette subire
l’influsso formale di sciavorta ‘donna trascurata’. La radice originaria è quella di ted. Schaf
‘pecora’. Ma, curiosamente, sempre ad Avigliano-Pt la voce sciavòrta vale ‘pecora
non giovane’ diversamente dalla voce corrispondente di Gallicchio-Pt.
Evidentemente l’influsso del significato negativo di sciavorta ‘donna
trascurata’ si è fatto sentire sul significato di ‘pecora non giovane’. Il significato preistorico di ted. Schaf
’ pecora’ doveva essere semplicemente e genericamente ‘animale’ come è avvenuto
per l’it. pecora che in latino valeva anche ‘animale’.
A volte capita che in uno stesso
dialetto circolino parole piuttosto simili ma che si sono specializzate in un
senso o in un altro. Sempre nel dialetto lucano di Avigliano la voce ciavàrrë
‘pecora non giovane’ che secondo me deriva da una forma precedente *ciav-arta con l’assimilazione progressiva
della –t- alla –r- precedente. La voce ciavarrë
ricorre anche in altri paesi col valore di ‘pecora giovane’. Nel vocabolario
del Bielli ciavarrë indica un ‘lattonzolo, vitellino’.
A Gallicchio è presente anche il verbo scëllëcà
‘piovigginare’ che diventa sciddicà ‘piovigginare’ a
Vallata-Av, con la pronuncia dentale della doppia –ll- come nel siciliano. A me sembra che la parola richiami l’inglese
dialettale sleech ‘deposito melmoso dovuto ad un processo di scolatura’.
Il vocabolario Merriam-Webster usa il termine ooze il cui verbo ooze
significa proprio ‘sgocciolare’.
Il Bielli riporta anche il verbo
scuccià (italiano regionale scocciare) che oltre al significato
abbastanza noto di ‘rompere, disturbare’ presenta quello di ‘crollare il capo
(in segno di disapprovazione)’ e di ‘beccheggiare’ riferito ai cavalli. Ma è proprio la radice di ingl. shake
‘scuotere’ che al passato fa shook.
Io penso che questi verbi con apofonia in realtà alle origini
sfruttavano forme diverse della stessa radice, ancora non specializzate per
indicare il perfetto. Ma si ha anche l’altra versione, con le due consonanti
iniziali palatalizzate come in inglese, e cioè sciuccà ‘allontanare mosche e volatili
(agitando le mani con qualche panno per farli volar via)’. L’ingl. shake ha infatti anche il significato di ‘agitare, mettere in
agitazione, sconvolgere’ che fa al nostro caso.
Ma c’è anche l’antico sassone skak-an ‘partire’.
Ma chicca delle chicche è il verbo abruzzese (v.Bielli) scrullà
il quale, oltre al significato di italiano scrollare,
crollare, scuotere ne presenta uno che non ha nulla da spartire con i precedenti, e cioè quello di ‘svolgere ciò
che è aggomitolato’: scrullà lu jόmmërë significa ‘svolgere il gomitolo’; scrullà
la cavëzéttë vale ‘disfare la calza’ e scrullà lu fusë ‘svolgere il filo avvolto nel
fuso’. Meraviglia delle meraviglie!
Questo è il significato che si ritrova tal quale nel verbo ingl. scroll
‘srotolare (ma anche arrotolarsi),
fare scorrere verso l’alto o il basso’
nel linguaggio informatico! Che è entrato anche nell’italiano, nella forma scrollare
‘srotolare, fare scorrere’. Madonna mia!
Io ho imparato solo alcuni anni fa questo termine, mentre i miei antenati
preistorici abruzzesi già lo usavano nel linguaggio di tutti i giorni! La radice, secondo me, aveva già all’inizio la
possibilità di indicare un ‘avvolgersi’ da una parte, e uno ‘svolgersi’ dall’altra,
in quanto le due azioni presuppongono un’idea più generale di “roteare” o “volgere”
nell’un caso o nell’altro. Essa doveva essere abbastanza diffusa come nel ted. Schrulle < *Skrulle
‘capriccio, ghiribizzo’: il capriccio per me sarà etimologicamente legato all’idea
di “volubilità, mutabilità”. Anche il ted. Schrolle ‘zolla, ammasso’ deve
sfruttare lo stesso concetto di “rotondità, grumo”.
Ma dove siamo, in Abruzzo o in qualche contea del Regno Unito? O in qualche Land della Germania?
Ma dove siamo, in Abruzzo o in qualche contea del Regno Unito? O in qualche Land della Germania?
Incredibile!,
incredibile!, incredibile!
[2] Cfr,
sito web: http://www.gruppofolkavigliano.it/wp-content/uploads/2018/02/Dizionario-Aviglianese.pdf.
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