martedì 28 gennaio 2020

Voci aiellesi-marsicane-abruzzesi e meridionali con la fricativa iniziale –s- o con la fricativa palatale iniziale - š –. Qualche incredibile chicca!




   Nel dialetto di San Ferdinando di Puglia (Foggia) si incontra la voce scëléppë ‘glassa per dolci’ che mi pare proprio l’ingl.  slip che, tra i diversi significati, annovera anche ‘smalto o vernice in polvere sospesa in acqua e pronta per l’applicazione’.  La definizione è quella del vocabolario Merriam-Webster, dove, per il termine vernice è usato proprio glaze che vale anche ‘gelatina, glassa’. La pronuncia fricativo-palatale della –s-  abbiamo visto in altro articolo che ricorre anche nei nostri dialetti.

   Nel vocabolario abruzzese del Bielli si regista la voce sciùcchë ‘camiciotto di panno lino usato dai contadini quando lavorano’ oppure ‘soprabito’, anche se detto celiando. Di questa radice per ‘cavità, guscio’ ho parlato abbastanza nell’articolo del mio blog (giugno 1919) intitolato Le scòcchëlë, mandorle piuttosto grandi e panciute.

   Un’altra voce dialettale abbastanza diffusa è sciaòrta (Aielli-Aq), sciuèrta (Avezzano-Aq), ecc. col significato di ‘donna trasandata’ e simili.  A mio parere il termine doveva essere un aggettivo sostantivato per ‘trascurato, sporco, abietto, ecc.’ che si ritrova nel lar. sord-es ‘sporcizia, squallore, trasandatezza negli abiti, ecc.‘(dalla radice SWORD-) e nel ted. schwarz ‘nero’ < *schwart <*swart.  La radice ricompare nel dialetto lucano di Gallicchio-Pt. nella forma sciartόnë[1], aggett. e sost. masch. e femm. dal significato di ‘trasandato/a nel vestire, nell’acconciarsi, nel tenere in ordine la casa’.   Una curiosità: il termine deve essersi incrociato con quello del dialetto lucano di Avigliano-Pt che suona sciahòrta ‘disordinato’[2] ma anche ‘piccolo animale’, significato, quest’ultimo, che dovrebbe avere a che fare con la voce sciavòrtë ‘pecora giovane, che non ha ancora figliato’ presente a Gallicchio-Pt.  Secondo me la parola doveva essere *sciav-otta ‘pecorella’ col suffisso diminutivo, che dovette subire l’influsso formale di sciavorta ‘donna trascurata’.  La radice originaria è quella di ted. Schaf ‘pecora’.  Ma, curiosamente, sempre  ad Avigliano-Pt la voce sciavòrta vale ‘pecora non giovane’ diversamente dalla voce corrispondente di Gallicchio-Pt. Evidentemente l’influsso del significato negativo di sciavorta ‘donna trascurata’ si è fatto sentire sul significato di ‘pecora non giovane’.  Il significato preistorico di ted. Schaf ’ pecora’ doveva essere semplicemente e genericamente ‘animale’ come è avvenuto per l’it. pecora che in latino valeva anche ‘animale’.

   A volte capita che in uno  stesso dialetto circolino parole piuttosto simili ma che si sono specializzate in un senso o in un altro. Sempre nel dialetto lucano di Avigliano la voce ciavàrrë ‘pecora non giovane’ che secondo me deriva da una forma precedente *ciav-arta con l’assimilazione progressiva della t- alla –r- precedente. La voce ciavarrë ricorre anche in altri paesi col valore di ‘pecora giovane’. Nel vocabolario del Bielli ciavarrë indica un ‘lattonzolo, vitellino’. 

   A Gallicchio è presente anche il verbo scëllë ‘piovigginare’ che diventa sciddicà ‘piovigginare’ a Vallata-Av, con la pronuncia dentale della doppia ll-  come nel siciliano.  A me sembra che la parola richiami l’inglese dialettale sleech ‘deposito melmoso dovuto ad un processo di scolatura’. Il vocabolario Merriam-Webster usa il termine ooze il cui verbo ooze significa proprio ‘sgocciolare’.

    Il Bielli riporta anche il verbo scuccià (italiano regionale scocciare) che oltre al significato abbastanza noto di ‘rompere, disturbare’ presenta quello di ‘crollare il capo (in segno di disapprovazione)’ e di ‘beccheggiare’ riferito ai cavalli.  Ma è proprio la radice di ingl. shake ‘scuotere’ che al passato fa shook.  Io penso che questi verbi con apofonia in realtà alle origini sfruttavano forme diverse della stessa radice, ancora non specializzate per indicare il perfetto. Ma si ha anche l’altra versione, con le due consonanti iniziali palatalizzate come in inglese, e cioè sciuccà ‘allontanare mosche e volatili (agitando le mani con qualche panno per farli volar via)’.  L’ingl. shake ha infatti anche il significato di ‘agitare, mettere in agitazione, sconvolgere’ che fa al nostro caso.  Ma c’è anche l’antico sassone skak-an ‘partire’.
   Ma chicca delle chicche è il verbo abruzzese (v.Bielli) scrullà il quale, oltre al significato di italiano scrollare, crollare, scuotere ne presenta uno che non ha nulla da spartire con  i precedenti, e cioè quello di ‘svolgere ciò che è aggomitolato’:  scrullà lu jόmmërë significa ‘svolgere il gomitolo’; scrullà la cavëzéttë vale disfare la calza’ e scrullà lu fusë ‘svolgere il filo avvolto nel fuso’.  Meraviglia delle meraviglie! Questo è il significato che si ritrova tal quale nel verbo ingl. scroll ‘srotolare (ma anche arrotolarsi), fare scorrere  verso l’alto o il basso’ nel linguaggio informatico! Che è entrato anche nell’italiano, nella forma  scrollare ‘srotolare, fare scorrere’.  Madonna mia! Io ho imparato solo alcuni anni fa questo termine, mentre i miei antenati preistorici abruzzesi già lo usavano nel linguaggio di tutti i giorni! La radice, secondo me, aveva già all’inizio la possibilità di indicare un ‘avvolgersi’ da una parte, e uno ‘svolgersi’ dall’altra, in quanto le due azioni presuppongono un’idea più generale di “roteare” o “volgere” nell’un caso o nell’altro.  Essa doveva essere abbastanza diffusa come nel ted. Schrulle < *Skrulle ‘capriccio, ghiribizzo’: il capriccio per me sarà etimologicamente legato all’idea di “volubilità, mutabilità”. Anche il ted. Schrolle ‘zolla, ammasso’ deve sfruttare lo stesso concetto di “rotondità, grumo”. 

   Ma dove siamo, in Abruzzo o in qualche contea del Regno Unito? O in qualche Land della Germania?

                         Incredibile!, incredibile!, incredibile!
  
   



[2] Cfr, sito web: http://www.gruppofolkavigliano.it/wp-content/uploads/2018/02/Dizionario-Aviglianese.pdf.

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