giovedì 2 gennaio 2020

Voci dialettali abruzzesi che fanno molto pensare.



      Leggo sul Vocabolario abruzzese del Bielli le seguenti voci: vër-lésë ‘guidalesco’, vërr-ésë ‘guidalesco’, vër-nόïsë ’guidalesco’ e vër-lëssà ‘scottare con acqua bollente, bruciare’. In italiano il termine letterario guidalesco indica una fiaccatura o una piaga causata dall’attrito dei finimenti sul corpo di animali da soma.  Naturalmente nella forma vërr-ése si ha l’assimilazione  progressiva della l- alla r-.  

      Mi pare che in queste voci si possa individuare una sillaba iniziale vër- con lo stesso valore del lat. per ‘attraverso’ ma anche con un valore spesso negativo di ‘di traverso, male’. Infatti vër-lésë può essere inteso come sostantivo composto della detta preposizione ver/per e dal participio passato laes-u(m) ‘leso’ del verbo lat. laed-ĕre ‘danneggiare, ledere, ferire’.  Qualcuno potrebbe sostenere che in latino non esiste un verbo composto *per-laed-ĕre ma vedremo subito che questo fatto non è determinante e che esso, anzi, è indice di qualcos’altro interessante.  La voce vër-nόïsë ‘guidalesco’ è secondo me composto sempre dalla stessa preposizione ver/per e dalla radice del verbo lat. noc-ēre ‘nuocere, danneggiare’.  Ora, in latino ugualmente non si ha una forma *per-noc-ēre ma si dà il caso che essa si riscontri nel dialetto di Trasacco-Aq  dove si incontra për-nòcë ‘nuocere’.  Questo fatto dimostra, a mio parere, che esisteva un latino diverso da quello di Roma non solo nelle diverse località del Lazio ma anche altrove, come sostiene Mario Alinei, illustre linguista ora scomparso.  Il Latino chiaramente non può essere stato catapultato nel Lazio da regioni celesti: esso deve aver attraversato in qualche modo la penisola.

    Per la voce vër-lëssà ‘scottare con acqua bollente, bruciare’ si ha, in Apicio (IV sec. d. C.), una molto simile corrispondenza: per-elix-are ‘far bollire a lungo, bene’.  Ma esiste nel Bielli anche la voce  për-lëssà ‘scottare con acqua bollente le carni vive’, esatta corrispondenza di quella latina.

   La seconda componente del citato  vër-nόïsë ha subito il fenomeno chiamato frangimento vocalico, molto diffuso e variegato nell’abruzzese del Chietino e del Pescarese, la cui forza espansiva si è fatta sentire fino ad alcuni dialetti di qualche paese della Marsica orientale, come Ortona dei Marsi, nome che arcaicamente veniva pronunciato Ortàuna. 

   Se in latino non esiste un *per-noc-ēre esiste però per-nici-e(m) ‘rovina, peste, flagello’  ricollegato alla radice di lat. nex, nec-is ‘uccisione’, oltre che al lat. noc-ēre ‘nuocere, danneggiare’.  Pertanto da un precedente per-nici-e(m) si poteva passare all’abruzz. ver-nόïsë con lo stesso frangimento della vocale i- trsformata in –oi- come avviene per il termine lat. fil-u(m) ‘filo’ diventato fòilë in alcuni dialetti abruzzesi. La pronuncia sibilante di quella che doveva essere la sillaba finale della componente -*nόïcë, diventata così nόïsë, mi pare di sapore celtico. Resta il problema, in queste voci abruzzesi, della presenza del prefisso  ver- che dovrebbe corrispondere al lat. per.  Probabilmente si tratta solo di una variante prelatina dell’altra o di un fenomeno di sonorizzazione della sorda –p- (divenuta prima –b- e poi passata a fricativa sonora –v- come succede spesso) che comunque segnava una differenza fra il latino di Roma e un latino ad esso precedente.
  

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